mercoledì 14 maggio 2014

Libico Maraja

Maraja


Un articolo di Lilia


(Bellinzona 1912-  Montorfano 1983)


Fior di Pesco arrivò il giorno di Natale del 1958. Era un libro splendido. Di grandi dimensioni, aveva una sovraccoperta trasparente con impressioni dorate, profumava di stampa ed era ricco di immagini sorprendenti. Leggevo ancora a fatica, ma sapevo riconoscere un disegno quando era bello. Quelle figure emanavano un grande fascino e mi trascinarono immediatamente nel cuore della storia. Questa è la magia che può fare un illustratore.




Fior di Pesco mi ha accompagnata mentre crescevo e anche dopo, per tanti e tanti anni e le sue illustrazioni hanno determinato i miei gusti e la preferenza per i disegni colorati a tempera acquerellata.  Un po’ sciupato e ingiallito, ma sempre affascinante, è ancora qui con me. Il volume appartiene alla collana Edizioni Meravigliose, ed è stato pubblicato nel 1953 dai Fratelli Fabbri. Sulla copertina sono indicati il nome dell’autrice, Eleanor Frances Lattimore, e quello dell’illustratore, Maraja.










Libico Maraja, quinto di otto fratellii, nacque nel Canton Ticino nel 1912 e il padre, che era un convinto nazionalista, volle dargli quel nome così particolare perché la nascita avvenne proprio al tempo della guerra con la Libia. Nel ’36, a causa dell’irredentismo paterno, Maraja lasciò la Svizzera trasferendosi a Como  e visse in Italia per tutto il resto della sua vita. Ebbe due figli, Marzio e Francesco che, in anni recenti, hanno raccolto tanti pezzi dell’immenso materiale uscito dalle sue mani infaticabili ed hanno creato quello che è stato definito l’archivio Maraja, con sede a Camerlata in provincia di Como.





Maraja fu un grafico, un pubblicista, uno scenografo, un pittore, un illustratore di opere per l’infanzia e l’adolescenza. La sua produzione è vastissima, ma io qui voglio ricordarlo solo sotto quest’ultima veste, quella di illustratore, di sapiente “figurinaio” - come scrive il critico Alberto Longatti-  i cui disegni hanno mantenuto nel tempo la loro suggestiva freschezza.







La sua formazione come illustratore passò attraverso l’esperienza di cartellonista e scenografo, maturata negli anni Quaranta. Durante la guerra, tra il ’41 e il ’45, il produttore Gino Domeneghini volle realizzare il primo lungometraggio a cartoni animati a colori tutto italiano, la leggendaria Rosa di Bagdad , ispirata alle Fiabe delle Mille e una notte.












A Maraja furono affidati compiti di scenografo ed animatore, a lui si devono i principali sfondi scenografici del film, realizzati con effetti tridimensionali, seppure con povertà di mezzi artigianali. Attraverso questa esperienza, poté affinare l’innata propensione per il linguaggio teatrale che utilizzò nella sua lunga e prolifica carriera per realizzare tavole di grande bellezza.






Una volta esistevano i libri illustrati per ragazzi, romanzi e racconti dove le immagini rispondevano ad esigenze didattiche oltre che estetiche, in quanto dovevano aiutare il piccolo lettore a gustare e a comprendere il testo. I disegni di Maraja ottengono sempre questo risultato poiché il loro autore riesce a penetrare  il senso delle storie da illustrare con un’impostazione e un movimento che risultano dai modelli tratti dal cinema e dal teatro.




E’ per questo che il suo campo di attività come illustratore spazia dalle fiabe ai classici per la gioventù, dalle avventure ai libri scolastici, dai fumetti ai racconti di viaggi.
Nel 1950 Maraja illustrò Il mio mondo, il primo sussidiario a colori pubblicato in Italia per la scuola e del quale purtroppo non ho alcun esempio da proporre. Qui, invece vediamo un’illustrazione per la novella Chichibio e la gru disegnata per Mamma, libro di lettura per la quarta classe elementare.





Nel 1952 iniziò l’attività di collaborazione con la casa Editrice Fabbri che sarebbe durata per tutta la sua vita. Di quello stesso anno è Siao li storia di un bambino cinese, il primo dei due romanzi della Lattimore (scrittrice americana che per lungo tempo visse in Cina durante l’infanzia e l’adolescenza) che Maraja illustrò dimostrando una rara capacità interpretativa. Dal felice connubio di questi due artisti nasce una fotografia del mondo cinese visto con gli occhi di un occidentale.  
















La tecnica usata è quella della tempera acquerellata, grazie alla quale i contorni delle figure umane assumono morbidezza e si possono ottenere sottili effetti di evanescenza. In Siao li le tavole non sono mai troppo affollate di personaggi; al contrario, tutta l’attenzione viene concentrata sul soggetto al centro  dell’immagine, risaltante su fondali morbidi, quasi di seta.
















Fior di Pesco, del 1953, appare quasi una prosecuzione della rappresentazione del mondo orientale iniziata con Siao li.  La storia è ambientata in Cina, durante la seconda guerra cino giapponese, intorno agli anni Quaranta.
Fior di Pesco era una piccola orfana, sopravvissuta a un’inondazione e raccolta da un’anziana contadina. La bimba aveva un tesoro, custodito gelosamente in un fagottino: due bracialettini ormai troppo stretti, una pietruzza rosa, una bambolina di stracci e una scatolina ricavata da una zucca rinsecchita, dove  teneva un grillo che aveva faticosamente catturato e che, per questo, aveva chiamato Duro da prendere.










Quando arrivò il nemico a invadere la loro terra, Fior di pesco e i suoi dovettero fuggire cercando scampo in città, insieme a un fiume di profughi. Dopo aver trovato un provvisorio rifugio presso lontani parenti, in una grande casa con una porta rotonda come una luna, la bimba fu ricoverata presso un orfanotrofio, mentre sulla la città imperversavano i bombardamenti aerei.









Il romanzo mostra la tragedia e l’ingiustizia della guerra vista con gli occhi innocenti e inconsapevoli di un bambino. Nonostante la gravità dell’argomento, non mancano scene liete, addirittura comiche ed un finale che si apre alla speranza. Infatti, in orfanotrofio Fior di Pesco ritrovò la sua vera zia e poté conoscere la gioia e il calore di una grande famiglia, dove trovarono posto anche altri cinque orfani, come questo piccino salvato dalle macerie della sua casa.



Questa immagine di una sosta serale durante la fuga comunica con forza tutta la desolante tragedia che colpisce gli innocenti travolti dalla guerra. La bimba è stanca, spettinata, impaurita. Con gli occhi spenti sta lì, seduta sul muro, con la sua bambola tra le braccia. Il colore grigio e opaco della pietra sottolinea la vacuità del suo sguardo.








Ma, fortunatamente, come tutti i bambini, ha il dono misericordioso del sonno e così può dimenticare per un poco la paura, cullata dal cri-cri del suo Duro da prendere.







Chi oggi ha un’età superiore ai quarant’anni è  impossibile che non conosca ameno qualcuno dei libri di avventure o dei classici illustrati da Maraja. Riporto qui di seguito una serie di copertine che risveglieranno di certo dei ricordi.
































Tra gli altri c’è Piccole donne, un classico caro a tutte noi che, da bambine, sognavamo di essere un po’ come Jo.















Ma fra tutti i libri illustrati in questi primi anni Cinquanta, spicca Il canto di Natale di Dickens, un’opera che dai critici viene considerata come uno dei capolavori di Maraja, poiché si stacca da tutte le altre e si pone come sintesi dell’esperienza  precedente. Movimento e concitazione segnano le illustrazioni a tutta pagina e ben rappresentano l’atmosfera magica della notte di Natale, quando l’avaro Scrooge ricevette la visita degli spiriti che cambiarono per sempre la sua vita.












In queste tavole, l’illustratore crea effetti teatrali di particolare intensità, mentre l’ironia con la quale disegna i personaggi tocca spesso il grottesco. Basti guardare le gambette storte, i capelli arruffati, i visi rubizzi, i nasi a patatina e le grosse estremità sempre in movimento degli attori della storia.















E’ stato scritto che sotto la matita di Libico Maraja è passato tutto il mondo delle fiabe classiche e dei principali racconti per la gioventù. Nel 1953, sempre per i Fratelli Fabbri, egli illustrò Peter Pan e Alice nel paese delle meraviglie.  In queste opere egli abbandona la descrizione realistica degli oggetti rappresentati, per dedicarsi alla costruzione di un mondo fantastico e fiabesco, capace di far sognare i suoi lettori.















Qui vediamo i fantastici voli notturni di Peter Pan  e possiamo intuire la felicità dei voli infantili.  Se è vero che, scavando tra i ricordi, anche noi possiamo trovare un pensiero felice, potremo sperare di volare verso l’Isola che non c’è, nel magico attimo che intercorre tra il sonno e la veglia.








La versione di Maraja per Alice è molto personale e, nello stesso tempo, aderente allo spirito di Carroll. Tutto il romanzo è percorso dalla sottile ironia con cui viene trattato il mondo degli adulti.













Se Alice è rappresentata come una bambina graziosissima, indimenticabili sono le grottesche e comiche interpretazioni della cuoca e della duchessa. Per non parlare del re di cuori che sonnecchia sul trono sotto lo sguardo critico della sua aggressiva consorte. Guardare per credere.














E’ nota l’avversione di Carrol per il genere maschile che metteva volentieri alla berlina. Ed ecco personaggi come il Cappellaio Matto, il bimbo in fasce che si trasforma in porcellino  e il Coniglio Bianco sempre con l’orologio in mano, sempre affannato e sempre in ritardo.











Nel suo verismo comico, nella sua grande capacità di far sorridere, Maraja si può collegare a Norman Rockwell e allo stile definito “realismo romantico” di cui, di seguito, vediamo due esempi.





Per molti anni Maraja ha lavorato su commissione, interpretando fedelmente i desideri della committenza, sempre disponibile e pronto a percepire la volontà altrui. Durante gli anni Cinquanta, collaborò a documentare la popolarissima enciclopedia per ragazzi Conoscere. Eccone, come esempio,  tre immagini








Collaborò anche a Topolino con un certo numero di fumetti e illustrò  alcune fiabe della collana Rosa d’oro di Gino Conte. Qui vediamo quattro immagini della fiaba Il rubino di fuoco







Un’illustrazione da Manine di pietra, un altro albo della collana Rosa d’oro





Alla stessa collana appartiene Il Popolo di Dio che presenta le vicende della Genesi. Maraja interpretò con singolare potenza ed efficacia le storie della Bibbia, utilizzando le tempere e caratterizzando i personaggi ora in modo drammatico, ora tragico, ora addirittura comico come nel caso dei costruttori della torre di Babele, le cui lingue furono confuse.
















Era tale la forza immaginativa  che queste immagini comunicavano che, per anni, abbiamo continuato a raffigurarci Noè, Abramo, Mosè coi tratti che aveva dato loro Maraja. Queste stesse illustrazioni vennero quindi riproposte nei documentari sulla Bibbia dell’enciclopedia Vita Meravigliosa, un’altra notissima opera di divulgazione per ragazzi molto diffusa in quegli anni.













Libico Maraja era un piccolo grande uomo. Piccolino di statura, amava i bambini, primi destinatari delle sue opere e spesso si recava nelle scuole medie per insegnare loro l’arte dell’illustrazione. Era un lavoratore infaticabile. Durante tutto il periodo della sua collaborazione con la casa editrice Fabbri produsse un’illustrazione al giorno, tutti i giorni, per mesi e per anni. Ancor oggi continuano a meravigliare la naturalezza e la vitalità dei tanti personaggi da lui creati e l’espressività dei loro volti. La tecnica usata era quella del guazzo (o guache, alla francese). Il guazzo impiega un tipo di pigmento che ha la stessa natura della tempera, ma è reso più pesante con l’aggiunta di gesso o biacca insieme a un composto di gomma arabica. Il risultato è un colore leggermente più opaco rispetto alla tempera.






Tra le raccolte di fiabe pubblicate negli anni Cinquanta dai Fratelli Fabbri e illustrate da Maraja, ci sono quelle classiche dei fratelli Grimm e quelle di Andersen. Ecco alcune illustrazioni di Biancaneve. Bellissimi i nani che tornano a sera dalla miniera, attraversando in fila indiana un tronco sospeso sul vuoto.








Molto suggestiva anche la casa di marzapane della fiaba Hansel e Gretel. Da illustrazioni come queste, ci si rende conto di come Maraja, con la sua immensa produzione abbia contribuito a determinare l’immaginario collettivo di intere generazioni di bambini.






Maraja è stato infatti definito “maestro dell’immaginario” e mai tale definizione gli si adatta meglio che in certe fiabe, bellissime, di Hans Christian Andersen, come Il Compagno di viaggio.










Il carattere misterioso, ovvero la dimensione onirica di questa fiaba vengono messi in risalto dalle ampie pennellate che si allargano sulla pagina come le ali nere della principessa nel suo tragico volo notturno, tanto diverso dal volo felice di Peter Pan.











Nell’illustrare la fiaba I fiori della piccola Ida, Maraja interpreta in modo divertente e suggestivo il ballo dei fiori













Un’altra fiaba riccamente illustrata è i Cigni selvatici. La giovane Elisa affronta senza un lamento  tante traversie e non esita neppure di fronte alla morte, pur di salvare i suoi undici fratelli trasformati in cigni dalla strega matrigna.









Secondo la credenza popolare, l’ortica è un’erba che possiede virtù magiche, specie se raccolta nei cimiteri e nelle notti senza luna. Certo è invece che se ne possono ricavare fibre resistentissime.










La fiaba mescola superstizione e verità. Infatti, Elisa confeziona con le sue povere mani rosse e gonfie tanti giubbetti quanti sono i suoi fratelli, perché una volta indossati restituiscano loro le fattezze umane. Per questo motivo, raccoglie di nascosto mazzi di ortica di notte, nei cimiteri. Anche in questa fiaba troviamo bellissime immagini di voli. In questo caso, sono i cigni che sorvolano il mare e si perdono in lontananza nel sole del tramonto.










Meno conosciute, ma non per questo meno belle, sono le Fiabe cinesi e Le fiabe africane illustrate da Maraja in modo splendido, con colori vividi e sgargianti.



La fiaba cinese Il palazzo del principe drago







Alcune fiabe africane: Il bambino d’oro e il bambino d’argento





L’anello magico







La figlia del sole e della luna






Il genio del fiume, con immagini grandi, creature bellissime che invadono la pagina e precorrono per la loro personalità le innovative illustrazioni frutto degli anni della maturità artistica di Maraja.




Dagli anni Sessanta, la casa editrice Fabbri cercò di immettere sul mercato prodotti di altissima qualità in edizioni attraenti. Nel 1962 iniziò la pubblicazione a fascicoli settimanali di Tutte le Fiabe, una celebre serie di fiabe, miti e leggende di tutti i paesi definita “enciclopedia della fantasia”. L’opera si distingue da quanto presente fino a quel momento sul mercato editoriale per la bellezza delle illustrazioni e per la creatività nell’impaginazione.  Molte delle fiabe di cui abbiamo appena visto le belle illustrazioni disegnate da Maraja, trovarono posto in questa nuova pubblicazione, arricchendosi di bellezza e fascino, grazie alla innovativa veste editoriale. Visto il successo ottenuto, le Edizioni Didattiche Italiane (EDI) ripubblicarono l’intera opera negli anni Settanta. E’ da questa edizione che ho tratto le immagini delle fiabe africane, cinesi, di Andersen e dei fratelli Grimm che appaiono in questo post.





A partire dal 1964, la casa Editrice Fabbri cominciò la pubblicazione a fascicoli di una nuova serie di  successo, Le fiabe sonore, corredate da dischi a 45 giri. Maraja collaborò al piano dell’opera illustrando otto fiabe.
E’tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, che Maraja raggiunge livelli degni di essere ricordati in una storia generale dell’illustrazione. Particolarmente significativo per la sua evoluzione artistica fu Il mago di Oz di L. Frank Baum pubblicato nel 1958.














Le tavole che illustrano il mago di Oz sono dense di movimento e di freschezza, i colori vivaci sono in grado di catturare l’attenzione anche dei bambini più piccoli. Come già in Alice, anche qui Maraja descrive con la sua matita un paese che non esiste nella realtà e riesce a farlo sbocciare e vivere  nella mente dei lettori.










Particolarmente efficace è la forza espressiva dei personaggi e notevole è la vena caricaturale di alcuni, come questo Mastichino intento al lavoro o il povero Codardo Leone.






Per essere gustate e considerate come meritano, le illustrazioni di Maraja hanno bisogno di spazi grandi, meglio se possono disporre dell’intera pagina. Per questo, appaiono più belle ed affascinanti nelle edizioni di lusso che nelle tante edizioni economiche che uscirono negli anni Cinquanta e Sessanta.






Le tappe che segnano il cammino di Maraja verso un’interpretazione totalmente personale del testo sono Alice attraverso lo specchio del 1959





e i viaggi di Gulliver di Jonathan Swift del 1960. Da questo momento in poi, il perfezionamento del suo modo di illustrare raggiunge i massimi livelli.









Come si è già detto, i disegni che segnano la piena maturità di Maraja, nel loro movimento virtuale, nella loro lussureggiante ostentazione di forme e colori, ricordano da vicino il teatro. I colori si sovrappongono, esplodono in tonalità accese o traspaiono da sottili velature e si mescolano in ricami finissimi. Bellissime le vesti degli accademici e dei sapienti, ricoperte da complicati disegni, come a simboleggiare i vani contorcimenti della loro mente









I disegni diventano sontuosi, le linee si intrecciano, come scrive Longatti, “fino a stendere una fitta ragnatela in cui sembra che l’angolo di mondo raffigurato in quel momento venga imprigionato, in una magica sospensione del tempo”.








Dal 1964 Maraja illustrò le fiabe musicali, trasformate in balletti: Giselle, Petrushka, Coppelia, La Bella addormentata, Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni.











Questa volta, le illustrazioni sorgono per davvero dal palcoscenico, e si allargano, si allungano fino  ad invadere la pagina, si sovrappongono al testo e paiono addirittura uscire dal foglio che non può contenere tutta la loro forza vitale, per espandersi nel nostro mondo e catturarci nel movimento armonico e infinito della danza.










Negli ultimi anni di attività artistica, Maraja illustrò per la casa editrice Dami miti e leggende  della classicità destinate ai bambini. Tra le altre: L’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, Dei ed eroi dell’Olimpo. Possiamo trovare anche oggi questi libri in vendita sugli scaffali, nelle librerie e nei grandi magazzini.








Ho volutamente lasciato per ultimo Le Avventure di Pinocchio, anche se la sua pubblicazione risale al 1955, perché è a questo libro che si deve la creazione di un immaginario collettivo infantile, molto di più che ad opere più tarde e maggiormente elogiate dalla critica.














Ho aperto questa rassegna con Fior di Pesco e la chiudo con Pinocchio, perché entrambi questi libri rappresentano per me un amico degli anni dell’infanzia. Le avventure del burattino mi furono regalate nel settembre del 1959, alla vigilia dell’inizio della scuola (quell’anno, avremmo letto proprio Pinocchio) e la magia, puntualmente, si ripeté. Il libro, magnifico, apparteneva alla stessa collana Edizioni Meravigliose dei Fratelli Fabbri. Le figure, numerosissime, sontuose, avvincenti, comiche, commoventi, uscivano dal testo e alimentavano con forza la mia nascente immaginazione












Maraja illustrò una prima volta Le avventure di Pinocchio nel 1947, per la casa editrice Caraccio di Milano, ma fu solo con le illustrazioni per i Fratelli Fabbri nel ’55 che raggiunse la notorietà e toccò l’apice della interpretazione de libro di Collodi.


















Certi personaggi, come la Fata Turchina, la Volpe,  il Pescatore Verde, Mastro Ciliegia sono indimenticabili. Io credo che la maestria con cui Maraja ha interpretato Collodi resti tuttora insuperata. E credo che ciò sia dovuto a quella sua capacità di infondere ai disegni che andava tracciando un carattere che è insieme vivace, ironico e malinconico e che, in definitiva, è lo spirito stesso del romanzo. Uno spirito, quello di Pinocchio, tenero, ironico e, a volte, addirittura satirico e grottesco, ma senza cattiveria. Satirico come i luminari della medicina convenuti attorno al letto di Pinocchio oppure come il giudice scimmione del paese di Acchiappacitrulli che sentenzia”Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque e mettetelo subito in prigione”. Grottesco come Mangiafuoco che fa paura con quei suoi occhiacci rossi da orco, ma poi si scioglie in lacrime, ascoltando le frottole che gli racconta Pinocchio. Tenero come Geppetto che arranca stanco e infreddolito sotto la neve, con le sue gambette storte e senza più la giacca, venduta per comprare un abbecedario al suo burattino.

















Sono arrivata alla fine! Spero che queste immagini abbiano suscitato in voi almeno un piccolo pensiero felice.




Buonanotte, e sogni d’oro!






Lilia




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