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martedì 7 luglio 2020

La Marianna, la Marianna e la stracciatella




Marianne è la rappresentazione nazionale allegorica della repubblica francese e rappresenta la permanenza dei valori della Repubblica, ossia Libertà, Uguaglianza e Fraternità. La prima raffigurazione di quella che successivamente verrà identificata con la Marianne è nel celebre quadro La libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix.




È sempre stata raffigurata come una donna che indossa il berretto frigio (o berretto di mithra, il dio Sole dell’antica religione misterica dei Persiani), e il perché di questa scelta è presto detto: il “bonnet phrygien” è un berretto di origine anatolica indossato dagli schiavi tornati in libertà in epoca greco-romana.





Altra immagine della Marianne che tutti noi conosciamo è quella dell’imponente statua in bronzo che svetta al centro della Place de la République, dei fratelli Morice: la statua è alta quasi 10m e Marianne indossa una toga e l’immancabile berretto frigio, rispettivamente simboli della giustizia e della libertà; nella mano destra tiene un ramo di ulivo, simbolo della pace, mentre con la sinistra sorregge le tavole della legge. Sedute intorno a lei, su un piedistallo di pietra alto 15m, ci sono le statue allegoriche della Libertà, dell’Uguaglianza e della Fratellanza.

Mentre si sa poco sull’origine del nome, molto diffuso nel ‘700, sappiamo che la prima rappresentazione di donna con “bonnet phrygien” risale alla Rivoluzione Francese. La Marianne del 14 luglio 1789 è una giovane con una tunica corta che le lascia scoperte le gambe e ne mette in mostra il seno.



Le sue immagini sono ovunque. Probabilmente, questo modello fu ritenuto adatto per infiammare ed armare il popolo: per attirare e arrivare diritto al cuore delle masse popolari, non bastavano parole come “Patria, Libertà, Uguaglianza, Fraternità”; ci voleva un simbolo che rappresentasse chiaramente questi concetti e che spingesse il popolo a seguirla, un’immagine in cui i poveri e i diseredati potessero riconoscersi e alla quale sentirsi uniti. Di qui, la giovane e prosperosa donna del popolo -a metà tra una madre e un’amante- che comprende, protegge e accontenta le masse.
Il volto di Marianne non si ispirò ad un volto in particolare fino al 1969, anno in cui la AMF (Association des Maires de France) decise di scegliere un personaggio pubblico francese per rappresentarla. Tra i volti più celebri che han prestato i loro tratti a Marianna ci sono state Brigitte Bardot, Catherine Deneuve, Laetitia Casta e Sophie Marceau.





Qui da noi, a Bergamo, La Marianna è tutt'altra cosa! E' uno dei locali storici della città, uno di quelli dove ci si dà appuntamento e dove arrivano turisti da tutto il mondo.

Per il viaggiatore che proviene dalla pianura, La Marianna si affaccia, in ogni stagione, con i terrazzi, le aiuole e i giardini fioriti di tutto punto, sul finire del viale delle mura dove la collina di Bergamo diventa città. Infatti, si colloca proprio di fronte la torre di Adalberto, tristemente nota tra i cittadini, per il suo lugubre passato, come “torre della fame”.  Al piano superiore della più ben nota pasticceria, già teatro di rinascimentali libagioni con il nome di Bettolina, (1508-1780) è collocato il ristorante che propone una cucina di sapore toscano con l’aggiunta dei principali piatti della tradizione locale.

Pare che il nome le derivi da una delle antiche proprietarie, che poco prima della seconda guerra mondiale aprì una gelateria sopra le ceneri della taverna seicentesca.
La fama le è arrivata dopo che la gestione del locale è stata presa nel 1953 da Enrico Panattoni, un toscano pieno di iniziativa.
Panattoni voleva creare qualcosa di nuovo, di diverso e, pensa e ripensa, ha inventato la stracciatella, un gelato che potrebbe sembrare semplice, ma che non è così facile da realizzare nel modo giusto.



É il 1961 e gli affari vanno bene. Un giorno, dopo vari e ripetuti esperimenti, Enrico Panattoni realizza un gelato particolare, una bianchissima crema con all'interno dei pezzi irregolari di cioccolato fondente. Bisogna dare un nome a questa delizia ed allora… perché non chiamarla come uno dei piatti più richiesti del ristorante "La Marianna", la stracciatella alla romana?
Il cioccolato fuso che solidifica e si frantuma nel mantecatore ricorda infatti l'uovo che si rapprende nel brodo bollente della stracciatella alla romana. Questa è la vera storia della Stracciatella, un gelato che oggi è riconosciuto e prodotto in tutti i continenti. Enrico Panattoni allora non pensò al brevetto né tantomeno al copyright, ma si tenne ben stretta la ricetta grazie alla quale, da mezzo secolo, migliaia di persone arrivano a La Marianna per provare la "Vera Stracciatella"!
Quella Stracciatella che ancora oggi viene prodotta con macchine verticali (le famose Carpigiani L40 con la campana in rame stagnato e la bagna di salamoia) con ingredienti semplici quali latte fresco, tuorli d'uovo, zucchero semolato, panna fresca, gelatina alimentare e alginato di sodio come stabilizzante. Il cioccolato, un tempo la copertura Luisa della Perugina, oggi è il Lindt fondente al 58% di cacao.




E per finire, tornando alla Marianna, questo è anche il nome di un gioco di carte, una variante della Briscola



ma questo è un campo in cui sono totalmente ignorante e per la verità me ne importa un po' meno di niente.

domenica 21 giugno 2020

Scatole di latta







C'è chi le scatole le rompe e chi le scatole le colleziona : stando al parere dei miei figli, dovrei rientrare nella prima categoria, ma a me piace di più pensare di poter appartenere, un giorno, alla seconda, soprattutto da quando ho appreso che l'espressione "rompere le scatole" risale alla Grande Guerra; era infatti un comando che veniva impartito ai soldati per sollecitarli a togliere dalle confezioni le cartucce dei fucili , quando si preannunciava un attacco nemico, con tutta l'angoscia che ne conseguiva. Con il tempo questo modo di dire si è fortunatamente allontanato dalla sua  origine ed è diventato sinonimo di qualcosa/qualcuno di fastidioso.






Per quanto riguarda  il collezionare scatole di latta, posso dire di possederne un discreto numero, acquistate o ricevute in regalo nel corso degli anni, a volte come ricordo di un viaggio, conservate non solo  per la loro grande utilità, dal momento che possono contenere piccoli oggetti di ogni tipo,  alimentari compresi, ma anche per la loro capacità di rallegrare un ambiente o celebrare una ricorrenza.











































  
 







La latta è un materiale che nel linguaggio comune viene spesso sottovalutato , tant'è che nelle competizioni sportive e non solo, se e quando c'è, viene messo in coda a oro, argento e bronzo.



Al contrario la storia della latta è davvero interessante e parte da lontano, se non nello spazio, quantomeno nel tempo.

Già nel Seicento in Boemia, oggi Repubblica Ceca, la latta veniva utilizzata per costruire recipienti da cucina. Oltre al ferro, per ottenere la latta, serviva lo stagno e la Boemia, ricca appunto di miniere di questo minerale, ne ebbe per diverso tempo il monopolio. Con l'espandersi dell'industria in Germania, in Francia e in Italia, il brevetto per  la fabbricazione della latta si propagò in tutta l'Europa. Le miniere di stagno però andavano esaurendosi, per cui, grazie alle migliorie apportate alla lavorazione dello stagno e  alle ricchezze minerarie in Malesia, fu l'Inghilterra nell'Ottocento a diventare il primo produttore mondiale di latta.



 
Prima dell'avvento della latta, il cibo veniva conservato attraverso processi di salatura, affumicatura ed essicazione, che però ne modificavano il sapore. Nell'Ottocento in Francia si cercò di trovare un metodo alternativo per la conservazione ermetica del cibo e con la sterilizzazione tramite calore si arrivò alla conservazione in bottiglia. Ma il vetro, si sa , è pesante e fragile, perciò era necessario trovare il modo per la conservazione in contenitori metallici.
Fu così che , intorno al 1820, le scatole di latta cominciarono a sostituire i contenitori in vetro.





Come è facile immaginare, anche l'aspetto estetico dei contenitori di latta che noi conosciamo e apprezziamo ebbe un lungo percorso; le tecniche di decorazione andarono via via raffinandosi, influenzando il mercato; il progressivo benessere sociale e la consapevolezza da parte dei produttori del ritorno economico della pubblicità portarono alla creazione di piccoli grandi capolavori, così apprezzati da diventare nel tempo oggetti da collezione.

 



















Oltre a ciò che si può trovare nei mercatini dell'usato e su e-bay, qualche settimana fa ho appreso da una trasmissione  tv , che a Gerano , una cittadina non lontana da Roma, esiste una sorta di Museo, unico nel suo genere, chiamato Casa delle Antiche Scatole di Latta, creato nel 2000 da Marina Durand de la Penne , dove sono state raccolte e si possono ammirare  scatole di latte prodotte in Italia dal 1890 al 1950.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Si tratta per lo più di scatole che hanno contenuto prodotti dolciari, biscotti, caramelle, pasticche , che raccontano comunque una pagina di storia del nostro Paese e inconsapevolmente rappresentano le abitudini e le preferenze della gente comune quando ancora la pubblicità non irrompeva  nelle case attraverso la tv come succede ora.
 
Peccato che Gerano non sia dietro l'angolo..., mi piacerebbe molto poter visitare quell'insolito museo, ma come si suol dire, mai dire mai.  

giovedì 28 maggio 2020

L'altalena



Ieri dalla finestra della cucina osservavo nel giardino del vicino la tenera scenetta di una bimba al suo primo approccio con l'altalena, sotto l'occhio vigile del suo papà. Impossibile non fare un salto a ritroso nel tempo per ricordare le emozioni e le paure di quella "prima volta" che con ogni probabilità hanno condiviso tutti i bambini del mondo.
Quanti ricordi sono tornati alla mente ... c'era un giardino, c'erano  rose, c'erano bambini, c'erano  lucciole e soprattutto c'era un'innocenza che ci permetteva di gustare tutto fino all'ultima goccia, o all'ultima briciola...e io quell'infanzia me la sono proprio goduta.


Ma dopo questo inevitabile bagno di tenerezza retrò, ecco farsi avanti la solita petulante curiosità : quando è nata l'altalena ? com'era in origine ? chi l'ha inventata?

Non è stato difficile trovare le risposte, ma non avrei mai pensato che fossero così lontane da quelle del mio "piccolo mondo antico".




Quando dico "lontane" non intendo riferirmi al tempo: è vero che, come testimoniano le immagini ritrovate su manufatti molto antichi, l'altalena era già conosciuta in un lontanissimo passato, ma rappresentava  cosa ben diversa dalla spensieratezza di un gioco, stando a quello che di lei raccontano i miti e le leggende.

Tra le differenti versioni, sorte inevitabilmente nel trascorrere dei secoli, ho scelto quella che mi è sembrata più attendibile, per le fonti storiche citate.


" Erigone era la giovane e bellissima figlia di un ricco ateniese, Icario, che ospitò Dioniso, quando il dio discese ad Atene per donare agli uomini la vite e il vino.
Il dio regalò al suo ospite un otre di vino, allo scopo di farlo assaggiare anche ai suoi vicini. Icario, quindi, lo donò ai pastori che, una volta ubriachi, pensarono di essere stati avvelenati
e uccisero a bastonate il povero Icario.

Erigone, grazie al fedele cane Mera, trovò il cadavere del padre ai piedi di un albero e per il dolore s'impiccò a un ramo. La povera Mera rimase sulla tomba della sua padroncina fino alla morte, quando Dioniso la trasformò nella costellazione del Cane.

La collera di Dioniso non si fece attendere : egli infatti scagliò una maledizione su Atene per cui tutte le giovani donne della città impazzivano e si impiccavano. I cittadini allora punirono i pastori e istituirono una festa per ricordare Erigone."

Nonostante le differenze che emergono dalle diverse narrazioni, l'importanza simbolica che aveva l'altalena nella Grecia antica è confermata dalle celebrazioni che si tenevano ogni anno ad Atene e che si chiamavano le aiora, festa delle altalene, in cui giovani ragazze venivano impiccate e lasciate dondolare sui rami di un albero.

Adesso forse chi mi legge capirà perché la ricerca delle origini di questo gioco, così lieve e spensierato nei miei ricordi, mi abbia destabilizzato non poco. Gli studiosi ritengono che le aiora fossero la celebrazione di un rito di passaggio, al femminile, fra l'età della giovinezza e quella della maturità sessuale; la morte è dunque simbolicamente quella della bambina che lascia il posto alla donna/moglie.

Sarà così, forse, ma per scrollarmi di dosso tutte le perplessità che questa teoria mi ha procurato, mi sono lasciata la storia alle spalle e mi sono rivolta all'arte, dove ho trovato non una, ma tante altalene che mi piacciono di più, che nella visione dei pittori portano in alto, magari a toccare perfino il cielo.

Jean Honoré Fragonard



Francisco De Goya




Jean Baptiste Joseph Pater



George Faulkner Wetherbee



Pierre- August Renoir




Pierre Auguste Cot





Winslow Homer





















Stefano Davidson