lunedì 30 dicembre 2019

A posy of flowers

A posy of flowers  è il modo in cui in inglese si indica un mazzolino di fiori, ma con un po' di poesia e di creatività, è stato chiamato così anche questo piccolo album fotografico in stile vittoriano.




A scovarlo è stata Dindì, assidua frequentatrice dei mercatini della domenica, al cui sguardo vigile nulla sfugge... e poiché sa perfettamente quali sono le cose che mi piacciono, ha pensato bene di regalarmelo; lo sanno in molti che la vista acuta è solo UNA delle sue doti migliori ...
 
L'album è composto da sei pagine doppie  in cartoncino rigido , incollate fra loro, ma predisposte per l'inserimento di due fotografie  che, dandosi le spalle, appaiono, ciascuna sul proprio lato, incorniciate da un'apertura ovale circondata di fiori, dipinti da Dorne Wright, un'artista del Nottinghamshire, molto conosciuta per questo tipo di decorazione.
 
 
 



Per prima cosa ho pensato che fosse carino mettere nell'album qualche vecchia foto che testimoniasse lo stretto legame che mi lega a Dindi fin dalla sua nascita (io la zia, lei la nipote con una manciata d'anni di differenza), ma a suo parere sembrava più opportuno rimanere in tema , fiori tra fiori , e così ho fatto.
 
 
 

 
 
 
Ho ricordato infatti di aver conservato in fondo a un cassetto delle foto scattate in giardino circa quarant'anni fa - ancora non si usavano i cellulari - quando con la macchina fotografica cercavo di immortalare i primi successi del giardinaggiofaidate... 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Alcuni di questi fiori hanno continuato  a comparire seguendo il ciclo delle stagioni, senza mostrare rughe né malanni. Alcune specie si sono irrobustite , adattandosi al clima e al terreno. Del resto anch'io ho messo radici in questo piccolo angolo di mondo... 
 
 

Alcune specie hanno avuto vita più breve e non hanno saputo o potuto adattarsi all'ambiente, o forse non hanno avuto le cure che speravano di ricevere...
 
 
 
 
  
 
Le ninfee ad esempio...dopo la fioritura di un'estate non avevano retto ai rigori dell'inverno.
 
 
 
 
 
 
Non fosse stato per questo regalo, forse le foto sarebbero rimaste per sempre in fondo a quel cassetto. Ora invece torneranno a farmi compagnia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 28 dicembre 2019

Il cappotto color cammello




Classico e intramontabile, il color cammello si contende la palma dell'immancabilità nell'armadio con il nero, di cui è l'unica vera alternativa con, in più, il pregio di essere più luminoso e di rendere prezioso qualsiasi abbigliamento, tanto da farlo sembrare costoso, anche quando in realtà non lo è.
La colorazione neutra del color cammello, poi,  si adatta bene a qualunque tipo di pelle, sia alle bionde, che alle brune, passando per ogni sfumatura di incarnato e di capigliatura.




Il cappotto color cammello è un grande classico nel mondo della moda e dietro la sua fama i motivi più che validi sono la sua eleganza senza tempo e la sua versatilità: è perfetto, infatti, sia per le occasioni più importanti, che per quelle più quotidiane.
Comperare un cappotto color cammello può quindi essere considerato un piccolo investimento, perchè sicuramente non passerà mai di moda.

Da: https://www.robadadonne.it/191065/cappotto-cammello-come-abbinarlo-tendenze/ Roba da Donne:

Nato inizialmente come variante del modello maschile, il cappotto cammello vive la sua trasformazione durante l’800 declinandosi in una moltitudine di versioni. Verso il 1830 la rivista di moda italiana “Il Corriere delle Dame“, presenta la Doglietta: un soprabito in seta con una linea femminile e confortevole, imbottito di pelliccia per proteggere le donne dal freddo.


Ma è già nei primissimi anni del ‘900 che il camel coat subisce diverse trasformazioni: dalle spalle importanti degli anni Trenta alle linee squadrate e spigolose degli anni Quaranta. Negli anni’50 è invece il turno di Christian Dior, che reinventa il modello rendendolo un capo irrinunciabile per il guardaroba femminile.
Per la vera rivoluzione dovremo attendere il 1981, che grazie all’estro e alla creatività della stilista Anna Maria Beretta verrà ricordato come l’anno di nascita dell’icona di Max Mara, il cappotto 101801: ampio e lungo fino al polpaccio, un taglio comodo e che si adatta a tutte le figure, in cachemire o in lana. Dopo la sua creazione questo capo spalla è diventato il simbolo del marchio e portatore della sua missione, quella di “dare un cappotto a ogni donna”: da quelle che lavorano in ufficio alla babysitter, per chi ha un brunch o un appuntamento. Dalle celebrità alle strade di tutti i giorni, il cappotto 101801 viene considerato ancora oggi come IL cappotto delle donne contemporanee.


























giovedì 26 dicembre 2019

Collezioni incasellate

Parliamo di stampa: dai tempi di Gutemberg l'arte di stampare ha  fatto parecchia strada perchè  macchinari sempre più rapidi ed efficaci hanno man mano sostituito quelli più vecchi.
 Fino a non moltissimi anni fa esisteva l'arte del compositore, cioè di quella persona che preparava i testi da stampare utilizzando i caratteri tipografici (che sono parallelepipedi o prismi quadrangolari di metallo fuso, ordinariamente lega di piombo, antimonio e stagno), che all'estremità superiore recano in rilievo le figurazioni delle lettere dell'alfabeto, i segni della punteggiatura o altro. Una serie di caratteri formano la matrice di un testo per la stampa. Ciascun carattere, dopo la stampa, può essere riutilizzato in una differente composizione e per questo la metodologia di stampa è detta a caratteri mobili.

Questi caratteri mobili venivano allora conservati in appositi cassetti contenuti nel bancone del compositore.




Oggi tutto ciò è obsoleto, ma questi cassetti sono ancora ricercatissimi da bricoleurs e collezionisti, infatti possono essere riutilizzati come espositori per piccole collezioni, ricami o addirittura piante.
Sia io che Mianna ne abbiamo utilizzati alcuni, e vedo su pinterest che molte persone hanno fatto lo stesso, ottenendo risultati davvero carini a volte perfino trasformando il cassetto in una casetta....




























Quelli di Mianna:











e i miei:








 e  questo, lo finirò mai??