domenica 30 agosto 2020

La pervinca



La pervinca è una pianta tappezzante molto diffusa allo stato spontaneo, in particolar modo nelle aree collinari o boschive, nei pressi dei boschi. Si diffonde molto facilmente riuscendo a creare bei tappeti con le sue foglie sempreverdi; in primavera, poi si aprono innumerevoli di color lilla-azzurro, donando bellezza anche alle aree ombrose. Sono originarie di tutta l’Europa, dell’Asia centrale e dell’Africa settentrionale.
In giardino è un’ottima coprisuolo, rigogliosa e decorativa, anche se necessita di controlli frequenti, vista la spiccata invasività.






Per quanto riguarda il nome vinca esistono due possibili versioni della sua genesi; alcune fonti fanno risalire la parola vinca al termine latino vincire che significa legare, probabilmente dovuto alla fitta presenza di radici che la ancorano al suolo; altre fonti, invece, fanno derivare il nome dalla parola vincus cioè flessibile dovuto ai fusti sottili e flessibili della pianta.





Presso le popolazioni celtiche europee la vinca era ritenuta una pianta sacra, adoperata dagli stregoni per preparare infusi e pozioni, mentre in Inghilterra secondo la medicina popolare creare una ghirlanda di fiori di vinca e porla intorno al collo era considerato un rimedio in caso di epistassi nasale. Intorno al 1600, sempre in Inghilterra, era tradizione far mangiare agli sposi, nel giorno del loro matrimonio, una foglia della pianta in quanto si credeva che tale rito avrebbero assicurato loro un matrimonio fortunato.

Nel XVII secolo in Inghilterra era considerata un'erba sacra a Venere e si diceva che se le foglie venivano mangiate da due novelli sposi, si propiziava l'amore fra loro. C'era anche l'usanza di fare delle ghirlande di fiori che si mettevano al collo di chi aveva problemi di sangue dal naso in quanto si diceva che fermasse l'emorragia. 





In Francia la vinca (chiamata pervenche) acquistò una certa popolarità grazie al filosofo Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) il quale la considerava un simbolo di sincera amicizia. Secondo il filosofo, la pervinca ha il significato dei dolci ricordi dell'infanzia, il tempo in cui si vive spensierati, senza preoccupazioni.

In Italia dove viene popolarmente chiamata centocchi (oltre che pervinca) fu considerata per secoli il fiore della morte per via della tradizione popolare, simile a quella di alcune popolazione asiatiche, di porne ghirlande fiorite sulle bare, in particolare dei bambini. Significato totalmente opposto assunse in Germania, dove era considerato il fiore dell’immortalità. Infine i Russi la chiamano ancora oggi “rondine dei fiori” nome dovuto al suo periodo di fioritura ovvero l’inizio della primavera.


Nel simbolismo religioso cristiano, la pervinca più diffusa era il ‘Fiore della Madonna’, l’emblema della Beata Vergine, proprio per la corolla colorata come quella il manto indossato da Maria nelle rappresentazioni dell’iconografia tradizionale. Con una stella a cinque punte delineata al centro del fiore, era anche considerata la ‘Stella di Maria’, la ‘Stella del mare’, per la posizione asimmetrica di ogni petalo, in lieve curvatura in senso antiorario, a effetto girandola e per la sua forma un po’ appuntita in alcune varietà.




Come descritto in precedenza la vinca ha assunto diversi significati simbolici ma quello che più frequentemente le viene attribuito è quello del ricordo, inteso come desiderio di lasciar qualcosa di sè.

Nel linguaggio dei fiori e delle piante vero e proprio però viene fatta una distinzione attribuendo alla pianta significati diversi in base al colore dei petali dei fiori. La vinca dei colori blu-pervinca, azzurro-lilla, viola e rosa simboleggia l’amicizia mentre la vinca di colore bianco simboleggia il ricordo.


La pervinca ha assunto molteplici significati ma i più recenti sembrerebbero, la rappresentazione di una nuova amicizia, la condizione di armonia spirituale, la fedeltà nei rapporti a lungo termine, suggerita probabilmente a simbolo dell'adattabilità del piccolo arbusto ai diversi climi e del suo svilupparsi facilmente a fitta copertura. Un mazzo di questi fiori vistosi blu-pervinca, azzurro-lilla, viola o rosa dimostra l’amore che si prova a chi lo riceve, sia l’innamorata, la sposa, una familiare o un’amica, mentre la fioritura di colore bianco rivela al destinatario il piacere di ricordarlo.







venerdì 28 agosto 2020

Cantando sotto la pioggia

Un vecchio film degli anni 50, con una bellissima scena in cui Gene Kelly balla e canta sotto la pioggia...è diventato un cult






Come mai mi viene in mente? Perchè ho trovato un aforisma bellissimo, che voglio condividere




e allora via libera alle immagini e alle frasi che invitano a godere anche della "pioggia"


































lunedì 24 agosto 2020

Storia d'amore bella e terribile

Una storia eccezionale, che bene o male ha catturato l'interesse ( e l'invidia?) di tutti è quella dell'amore tra Liz e Richard. Coppia bellissima, indistruttibile, se non da loro stessi. A me piacevano, insieme.
Ecco qui https://libreriamo.it/intrattenimento/teatro/la-storia-del-folle-amore-tra-richard-burton-e-liz-taylor come è andata.






MILANO – Una giovane ragazza è seduta a bordo piscina intenta a leggere un libro. Ad un certo punto la ragazza, sentendosi osservata, smette di leggere e, sfilandosi gli occhiali da sole, lancia uno sguardo verso l’uomo che la sta guardando. Sì, potrebbe sembrare la scena iniziale di un film ma non lo è. Questa scena è l’inizio della travagliata e folle storia d’amore tra Richard Burton ed Elizabeth Taylor. Siamo nell’estate del 1953 quando, durante una festa in piscina a casa di Steward Granger e Jean Simmons, la coppia più chiacchierata del XX Secolo s’incontra per la prima volta. Quel giorno, però, oltre ad uno scambio di sguardi, non successe nulla. Passeranno 9 anni prima che Richard ed Elizabeth si rivedano una seconda volta. Non lo sanno ancora ma quel secondo incontro segnerà l’inizio del loro “Furious Love“. Era scritto, nel vero senso della parola, sulle pagine di un copione.




CLEOPATRA E MARCO ANTONIO – Roma, 2 Gennaio 1962. La giovane Elizabeth è, ancora una volta, in costume ma stavolta è un costume di scena. Il set è quello di “Cleopatra”, colossal di Joseph Mankievicz. Lei veste i panni della fascinosa Cleopatra, lui è Marco Antonio. Come da copione ai due toccava recitare la parte degli amanti e, come spesso accade, dalla finzione si passò alla realtà. La loro relazione clandestina sconvolse l’opinione pubblica (il Vaticano arriva a definire la coppia un esempio d’immoralità) e ogni fuga, ogni lite, ogni cena, finiva sulle copertine di tutte le riviste di gossip. Richard e Liz divennero gli amanti più chiacchierati del pianeta.




AMORE FOLLE – Dopo il primo anno di finta clandestinità i due diventano “ufficialmente” una coppia. Andando contro tutto e tutti i due innamorati si sposano. La loro è una vita fatta d’amore, un amore che Richard descrive nel suo diario, nelle sue poesie o nelle lettere dedicate alla sua amata. “Ti amo più di un secchiello di ghiaccio gettato su un corpo bollente, di gelato che cola su labbra riarse, del buon senso che addolcisce la pazzia” scrive. La definisce “una grandiosa forza della natura” sottolineando, in ogni riga, quanto l’adori. Ma la loro storia d’amore, oltre alle dolci parole, era fatta di eccessi, alcool, gelosie, leggendarie litigate (quasi sempre in pubblico) seguite da leggendarie riappacificazioni, quasi sempre costellate da gioielli costosissimi (il diamante Taylor-Burton da 69,42 carati è passato alla storia) di cui Liz si considerava “custode” più che proprietaria.




 La coppia resiste anche quando, nel 1968, il loro sogno di diventare genitori s’infrange definitivamente. 




Ma i litigi aumentano, l’abuso d’alcool pure. Richard, fedele da sempre a Liz, la tradisce con Nathalie Delon (ex moglie di Alain) sul set del film “Barbablù“. È l’inizio del tracollo e, nel giugno del 1974, la coppia d’oro dello star system hollywoodiano divorzia. Nonostante il tradimento, nonostante il divorzio, Richard continua ad amare Liz e continua a dedicarle lettere e poesie.




“Prima di tutto devi sapere che io ti venero. In secondo luogo, a rischio di sembrare ripetitivo, devi sapere che ti amo. Terzo, non posso vivere senza di te. Terzo, voglio dire quarto, hai un’enorme responsabilità sulle spalle perché se mi lasci davvero, dovrò uccidermi. Non c’è vita senza te ed io ho paura. Sono spaventato. Perso. Solo. Ottuso. Stupido. Quinto, mi piaci. Sesto, scommetto che potresti farmi smettere di recitare, pratica che ho sempre ritenuto deplorevole”




E ancora:

“Ti amo, donna stupenda. Se qualcuno ti fa del male, mandami un messaggio. Basta che tu scriva “Ho bisogno”, o una sola magica parola, “Elizabeth”, e arriverò più veloce del suono. Sai, di certo, quanto ti amo. Sai, di certo, quanto male ti ho trattato. Ma la verità fondamentale, perfida, assassina e immutabile è che io e te ci fraintendiamo totalmente… Funzioniamo su diverse lunghezze d’onda… Ti amo e sempre ti amerò. Torna da me prima che puoi”

Continuerà a scriverle lettere fino a quando nel 1975, dopo essere stati separati per un anno, Richard e Liz i si risposeranno, per poi separarsi per la seconda e ultima volta nell’agosto del 1976.




UNA VITA NON BASTA – Agosto 1984. Richard è sposato da due anni con la giovane assistente di produzione Sally Hay, ma pensa ancora ad Elizabeth. Quella sera, il 2 Agosto, prende in mano una penna e scrive, ancora una volta, una lettera all’amore della sua vita. Con parole meravigliose Rich le dichiara la sua necessità di tornare a casa, perché per lui “casa” è dove loro sono insieme. Una lettera commovente, giunta troppo tardi a destinazione. Tre giorni dopo averla spedita, infatti, Richard Burton muore. “Dai primi momenti a Roma siamo stati pazzamente innamorati. Ma non abbiamo avuto abbastanza tempo” racconta Elizabeth. Ma (forse) per un amore come il loro il tempo non è mai abbastanza.