L'Alkekengi ha origini in Europa e Asia. Date le sue proprietà medicinali è coltivata fin dall'antichità. È un'erbacea perenne e si riconosce facilmente per i calici che avvolgono la bacca, simili a piccoli lampioni arancioni. Al tatto il calice ha consistenza quasi cartacea e spesso è poroso. Ci si aspetta un petalo ma se si cerca di spezzarlo è molto più tenace e resistente. Nonostante questo si apre facilmente a mani nude. Non è da confondere con il Physalis peruvianus (chiamato anche Cape gooseberry) che è della stessa forma e struttura ma beige e con la Physalis ixocarpa che produce una bacca molto più grossa, verde (o porpora) e simile a un pomodoro sempre, però, rivestita da un calice verde (o porpora) con forma simile all'alkekengi.
C’è solo una parte commestibile della pianta, rappresentata dalle bacche, che, in genere sono mature da settembre ed hanno la forma di una piccola ciliegia; il gusto ricorda molto quello del lampone. Possono essere preparate candite o ricoperte di cioccolato fondente. Dalle bacche si può ricavare un'ottima marmellata. Si possono mangiare da sole o aggiunte alle insalate. Se le bacche vengono seccate leggermente, possono essere messe sott'aceto o in salamoia. L’alchechengio contiene una grandissima quantità di vitamina C, acido citrico, tannino e zucchero. In erboristeria si usava per le malattie in cui c'era bisogno di una marcata azione diuretica.
Le parti commestibili sono rappresentate dalle bacche, che possono essere mangiate crude o cotte. Sono molto ricche di vitamine (la quantità di vitamina C presente è il doppio di quella contenuta nei limoni), ma il gusto non è apprezzato da tutti. Qualcuno dice che sono frutti succosi, ma con un sapore amaro ed acre, mentre altri affermano che essi conferiscano un sapore delizioso alle insalate. Qualcuno dice che il loro sapore è piuttosto amaro e sgradevole. Il frutto è una bacca delle dimensioni di circa 17 millimetri di diametro. Ogni frutto è come avvolto nel suo 'sacchetto di carta' (botanicamente, il calice) che serve per proteggerlo dai parassiti e da altri fattori esterni che possono causare danni. Questo calice è tossico e non deve essere mangiato. Le foglie devono essere mangiate solo se molto giovani e cotte, ma con molta cautela. Esse sono sicuramente molto velenose se mangiate crude.
In Giappone, i suoi semi sono utilizzati come parte del Festival Bon come offerte per guidare le anime dei defunti. C'è anche un mercato annuale dedicato al fiore, chiamato “hōzuki-ichi “, e che si verifica ogni anno in Asakusa, intorno Senso-ji, il 9 e il 10 luglio. La sua forma a palloncino lo ha reso utilizzabile a lungo anche come un contraccettivo, nei tempi antichi, in Giappone.
Il termine "alkekengi," apparso in francese nel XIV secolo, deriva dal francese antico "alquequange" o "alcacange" che deriva dall'arabo al-kakang. In senso stretto, significa “la lanterna cinese”, poiché si tratta di piante ornamentali della specie Alkekengii Physalis il cui frutto è racchiuso in una busta con un colore arancione brillante, dalla forma, appunto, simile a quella di una lanterna cinese. Tuttavia, nelle traduzioni volgari, il termine può riferirsi a qualsiasi pianta del genere Physalis.
però mi risulta che quella varietà coll'involucro arancio non sia commestibile,mentre quella a 'guscio' chiaro sì.
RispondiEliminapuò darsi...io ho trovato solo quello che ho scritto! Grazie per l'informazione
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