lunedì 16 aprile 2012

C'era una volta...

Dedicato a Donatella che ama le vecchie storie.

La casa fu costruita all'inizio degli anni '30, grazie a non pochi sacrifici e all'oculata gestione da parte dei miei genitori delle risorse economiche disponibili.Un prezioso contributo venne anche da una piccola eredità che mia madre aveva ricevuto alla morte dei genitori. Per questo, o forse anche per una consuetudine dell'epoca, mio padre volle darle il suo nome e la chiamò Villa Anna.
Devo dire che mai dedica fu più azzeccata perchè fin dal primo giorno in quella casa mia madre rappresentò al meglio una delle figure più care dei nostri vecchi libri di lettura della scuola elementare: l'angelo del focolare.
So che mio nipote Luigi conserva alcune fotografie della casa in costruzione, ma credo che questa sia la prima scattata a lavori compiuti e immagino con quanto orgoglio i miei genitori l'abbiano guardata :



Ai miei occhi invece appare spoglia perchè ancora priva del suo naturale complemento: il giardino.Non vedo i quattro cedri del Libano che in pochi anni svetteranno fin sopra il tetto, non vedo la siepe di ligustrum lungo la recinzione e non vedo le rose che a maggio riempiranno di profumo il vialetto d'ingresso.



Penso, non lo so per certo perchè ancora non c'ero, che all'interno della casa la vita scorresse serena. La famiglia cresceva. Nel '33 era nata mia sorella Nicoletta e nel '38 mia sorella Annamaria.
Mia madre non amava le visite di cortesia a signore sconosciute, non amava le apparizioni in pubblico né la partecipazione attiva a quei gruppi sociali con cui il regime  tendeva ad inquadrare i cittadini; caso mai preferiva coltivare rapporti di buon vicinato con le famiglie che vivevano accanto, dove le mie sorelle potevano trovare l'amicizia dei coetanei.
Forse quando si profilò lo spettro della guerra, nessuno in famiglia pensò di esserne coinvolto più di tanto : mio padre era troppo "vecchio" per essere richiamato e non c'erano figli maschi da sacrificare alla patria, tuttavia l'angoscia cresceva  perchè si temeva che la nostra casa potesse finire nell'occhio del ciclone.
A un paio di chilometri a nord c'era infatti un vecchio campo d'aviazione, forse usato un tempo dalla Caproni, una delle principali aziende aeronautiche italiane, ora utilizzato dall'aviazione tedesca.



A sud, a pochi chilometri in direzione di Milano, c'era la Dalmine, un'industria siderurgica che produceva materiale bellico anche per i tedeschi. Soprattutto , a poche centinaia di metri dalla casa, c'era il ponte, quel maledettissimo ponte ferroviario di grande importanza strategica su cui avevano puntato gli occhi i bombardieri degli Alleati.



Il pericolo dei bombardamenti si faceva sempre più concreto. Mio padre aveva fatto allestire nel seminterrato di casa una sorta di rifugio antiaereo, con dei pali a sostegno del soffitto e scorte di cibo e acqua, e aveva fatto scavare un cunicolo che da lì sbucava in giardino, per garantire il ricambio dell'aria ed evitare il pericolo di rimanere intrappolati sotto le macerie.
Tutto ciò non bastava a garantire l'incolumità della famiglia e così mio padre decise che era arrivato il momento di allontanarsi, di sfollare come si diceva allora. Si accordò con una famiglia di contadini che viveva in un paesino all'imbocco della Valle Imagna perchè ci accogliessero nella loro casa e fu lì che trasferì le sue donne.
(continua)


3 commenti:

  1. forza, mi sto appassionando!! aspetto il resto è una bellissiam storia,
    buona serata
    Tania

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  2. bene, bene, si comincia.....mi piace sentire raccontare!

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  3. Guarda che io non ho intenzione di scartare nè tagliare niente perchè è tutto perfetto e incantato nei tuoi racconti ...quindi a limite invece di un librino si farà un volume !!!

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