martedì 18 febbraio 2020

Leggende sulle camelie

Mi sono imbattuta per caso in questo sito https://ilgiardinodeltempo.altervista.org/camelia-storia-leggende-e-linguaggio-dei-fiori/
dove si raccontano delle leggende che possono interessare i nostri lettori. 
Eccole qui copiate pari pari.






Esistono diverse leggende, tutte originarie dei paesi orientali, sul significato e la nascita delle camelie. In un antico libro giapponese nel quale vengono narrate le vicende del dio del vento, delle piogge e degli uragani, Susanowo, viene narrato che costui era costretto a vivere nel regno dominato da un malvagio serpente a otto teste. Ogni anno il serpente pretendeva il sacrificio della più bella fanciulla del regno ma un giorno Susanowo, stanco di quella vita di soprusi, decise di liberare il paese dal mostro e si recò nel regno dell’oltretomba dove creò una spada all’interno della quale imprigionò un raggio di sole.




Quando tornò sulla terrà nel suo paese, andò con la sua spada nei pressi dell’ingresso della grotta del mostro per attenderlo con calma mentre un lungo corteo accompagnava la principessa “Campo di riso” a sacrificarsi per il suo popolo. L’attesa non fu lunga perché all’alba il serpente apparve dalla profondità della sua grotta, in quel momento tutti gli abitanti del regno tremarono e fuggirono al suo ruggito, ma Susanowo che continuò a mantenere la calma, lo attese fino a quando non fu in grado di cogliere il momento giusto per scagliar visi contro ed ingaggiare terribile lotta. Dopo diverse ore di combattimento Susanowo ebbe le meglio sul serpente, si avvicinò alla principessa e chiedendola in sposa appoggiò la spada insanguinata sull’erba che iniziò a tingersi di rosso. Da quella macchia apparve un arbusto dalle foglie lucidissime e dai fiori bianchi con alcuna macchioline rosse. 





I fiori vennero chiamati tsubaki ovvero rose del Giappone e la loro caratteristica era di non perdere i petali ma di cadere interi dalla pianta, da quel momento le “rose del Giappone”, legate simbolicamente alla leggenda di Susanowo rappresentarono il sacrificio di ogni giovane vita, in ricordo delle principesse vittime della crudeltà del terribile serpente.




Secondo un’altra mitica storia Orientale, il 28° patriarca del buddismo, Ta-Mo fondatore della scuola di Ch’an, conosciuto anche con il nome di Bodhidharma, durante una delle sue meditazioni si addormentò. Per punirsi dell’accaduto decise, quindi, di recidersi le palpebre affinché non potesse più chiudere gli occhi durante le sue meditazioni future. Nel punto in cui gettò le sue palpebre in terra, nacque così una pianta di camelia da tè, il cui infuso aiutava a rimanere svegli. Non tutti sanno, infatti, che dalle foglie essiccate di una qualità di camelia appositamente coltivata, si fa per infusione un ottimo tè.





E qui, invece, https://www.placidasignora.com/2012/03/02/vi-racconto-una-leggenda-che-spiega-il-perche-le-camelie-non-abbiano-profumo/
ho scoperto la leggenda del perchè le camelie non hanno profumo





Un giorno il dio Vulcano sorprese la moglie Venere in stretto colloquio amoroso con Marte.
Pieno di tristezza, si sfogò col piccolo figlio di lei, Cupido; e questo si arrabbiò moltissimo con la madre, soprattutto perché aveva osato amoreggiare senza l’ausilio delle sue frecce.
Venere, offesa a morte, decise di non fargliela passar liscia; era sì il Dio dell’Amore, ma per la mamma restava sempre un ragazzino insolente.
Ordinò quindi alle Grazie, “tate” di Cupido, una punizione severissima: – “Frustatelo, quel mio figlio maleducato! E per flagellarlo usate rami di rose, affinché le spine gli lacerino la pelle!”

Tutti gli altri Dei rimasero sconvolti da tanta crudeltà; ma a Flora venne un’idea…
Ordinò a Zefiro di volare nella Terra ove si levava il Sole e, una volta giunto là, di raccogliere i rami di una rara pianta dai fiori rossi assai simili a quelli della rosa, ma dal gambo totalmente privo di spine.
Zefiro ubbidì, e ben presto consegnò alle Grazie le “fruste” innocue con cui punire il piccolo Cupido: il castigo fu quindi meramente formale, e il bimbo non sentì alcun dolore.
In compenso tutto l’Olimpo rimase estasiato dalla bellezza di quei fiori gentili e soprattutto dal loro profumo intensissimo, che ricordava quello dell’Ambrosia…
Ma Venere, scoperto l’inganno si sdegnò nuovamente e stavolta decise di vendicarsi sulla pianta stessa ordinando che venisse esiliata in un’isola sconosciuta e lontana e, come punizione finale, con un incantesimo le tolse lo splendido profumo.






Nessun commento:

Posta un commento