mercoledì 9 luglio 2014

Ombrelli






Odio gli ombrelli e sarebbe troppo complicato e noioso spiegare perchè, eppure , nonostante ciò, oggi mi è venuta voglia  di fare un post proprio sugli ombrelli....
Il fatto è che leggendo qua e là ho incontrato qualche notizia curiosa sull'argomento e anche qualche bella fotografia, perciò ho deciso : per il momento sotterro l'ascia di guerra, tanto sono al riparo sia dal sole che dalla pioggia e non temo vendette .....

Tra parasole e parapioggia il primo è indubbiamente il primogenito, già presente ai tempi più antichi della storia dell'uomo, come ci tramandano le immagini legate alla rappresentazione simbolica della divinità e del potere.




 Nella mitologia egizia, Nut o Nuit è la dea del cielo e della nascita, in contrasto con le altre mitologie che solitamente hanno un padre celeste.
Nut è figlia di Shu, dio dell'aria , e Tefnut, dea dell'umidità. Suo marito era Geb, la terra, con cui ebbe quattro figli - Osiride, Iside, Seath e Nefti.
La leggenda narra che Geb, la terra, e Nut, il cielo, erano in origine uniti, fino a quando il dio Ra, contrariato per questa unione, ordinò a Shu di dividerli, creando lo spazio tra cielo e terra. Nut, proprio in quella occasione, formò la volta celeste, sostenuta da Shu, costretta però a conservare quella posizione perennemente.

Nell'iconografia egizia la volta celeste è rappresentata da Nut, solitamente raffigurata come una donna nuda,ricoperta di stelle, con le mani e i piedi a terra, inarcata su Geb.










In Oriente, in Cina, l'ombrello cerimoniale come simbolo di potere, era nelle insegne dell'Imperatore già nel XII secolo a.C. e vi è rimasto per 32 secoli fino alla caduta del Celeste Impero.





Testimonianze dell'uso del parasole nella Grecia antica sono rimaste su alcuni vasi e connesse a cerimonie in onore di Dionisio, a cui prendevano parte molte donne votate al suo culto e nell'antica Roma poeti ed artisti ne parlavano come oggetto di seduzione tipicamente femminile.

Curiosamente con la scomparsa dell'Impero Romano anche l'ombrello parasole scompare e farà ritorno solo molti secoli dopo...
Nessuno nell'antichità aveva mai pensato alla funzione che oggi gli riconosciamo come la principale: proteggere dalla pioggia. Evidentemente mantelli, cappucci e cappelli  riuscivano egregiamente a risolvere il problema della pioggia nel mondo antico e medievale.



Il parasole fu introdotto come accessorio funzionale nel costume quotidiano solo nella Francia di Luigi XIV, dove era arrivato circa mezzo secolo prima nel bagaglio di Caterina de' Medici, moglie di Enrico II, allora re di Francia.



Nei primi tempi era costruito su un'ossatura robusta e pesante, tanto che chi voleva usufruire dei suoi benefici doveva avere un servo o un valletto in grado di reggerlo.
Ben presto però il parasole si fece più leggero e vezzoso e sull'esempio delle signore che passeggiavano nei giardini di Versailles con ombrellini adorni di pizzi e merletti, la moda del parasole dilagò un po' in tutti i paesi d'Europa.




Nel 1709 un certo Monsieur Marius inventò un ombrello pieghevole, destinato curiosamente agli uomini a cavallo. D'altra parte pare che anche gli uomini non disdegnassero l'uso del parasole a giudicare da questo disegno.


Durante l'impero napoleonico l'ombrello si rimpicciolisce e tale resterà fino alla metà dell'Ottocento quando la produzione in serie ne faciliterà la diffusione commerciale.

I parasole di metà '800 erano spesso di colori scuri perchè si pensava - erroneamente che tali colori fossero maggiormente indicati per difendersi dai raggi solari; le cupole erano realizzate in seta, trine e perline negli esemplari più ricercati, ma anche in merletti e ricami su tela liscia, cuciti a macchina così da ridurne il costo ma non l'aspetto estetico.












Le impugnature più comuni in legno, corno e osso intagliati , esaltavano le tecniche di esecuzione degli artigiani.
Negli anni Settanta divenne frequente l'uso del puntale ad anello che permetteva di sorreggere più comodamente l'ombrello chiuso. D'altra parte venne favorita l'aggiunta di gale, decorazioni dipinte, boa e forme particolari come quella a pagoda di ispirazione orientale.
In quegli anni fiorì anche la produzione di piccoli parasole da bambina e la moda di passeggiare con ombrellini in seta stampata o carta dipinta provenienti dal Giappone. 






 Nel Novecento il parasole andò via via scomparendo lasciando il posto al fratello più giovane, il parapioggia.

A proposito di parapioggia, noi continentali abbiamo sempre immaginato lo stereotipo dell' English gentleman come uomo dotato di "ombrello e bombetta", quasi come componenti del suo DNA.
Leggendo i resoconti di illustri viaggiatori anglosassoni in suolo italiano nel XVI e XVII secolo si scopre invece che in Inghilterra l'ombrello era pressochè ignorato e ci si accorge della meraviglia che destava in loro l'utilizzo di ombrelli maschili. Le prime importazioni su suolo inglese del nuovo accessorio risalgono al finire del XVIII secolo e la sua provenienza era quasi totalmente italiana, milanese quella in pelle con concia profumata, genovese e livornese quella in tela cerata.
  






E ora passiamo alle immagini :



il parasole viene rappresentato nella pittura nel periodo del suo massimo splendore:
















La moda trasforma un oggetto di uso comune in un sofisticato strumento di eleganza :














Anche i VIP non sembrano disdegnarne l'uso:





Ma la parte del leone la fanno cinema e tv :

























Meglio ancora se sotto l'ombrello si sta in due:









INDIMENTICABILE!!

Un'ultima cosa: a Gignese in provincia di Verbania c'è un interessante Museo dell'ombrello



Riporto di seguito la presentazione da parte della Regione Piemonte:


Il Museo di Gignese è l'unico al mondo dedicato al tema dell'ombrello e del parasole: vi si conservano oltre mille pezzi fra ombrelli, parasole e impugnature. Il Museo ospita pezzi curiosi e di notevole valore storico-culturale: dall'ombrello della Regina Margherita di Savoia o quello appartenuto a Giuseppe Mazzini tra gli altri.
Gli esemplari nelle vetrine sono tutti di rara fattura e squisitamente lavorati, esposti seguendo un percorso studiato appositamente per incantare gli occhi e stupire la mente del visitatore.
Nel settore del museo dedicato alla vita degli ombrellai sono esposte le foto dei primi ombrellai, i rudimentali attrezzi delle antiche botteghe e quelli che li accompagnavano nelle strade d'Italia e del mondo.Un itinerario storico, ricco di immagini e di testimonianze di un lavoro antico che gli operai nati nel Vergante hanno saputo far conoscere e apprezzare in tutto il mondo.

Anche dalle mie parti, quando era bambina, ricordo che si sentiva risuonare periodicamente per le strade il richiamo dell'ombrellaio, insieme a quello del mulitta, che affilava rasoi e coltelli. 
Scendevano dalla valle nei giorni di mercato e , nonostante il loro fosse un lavoro poco redditizio, erano sempre di buon umore, pronti alla battuta arguta. Cose di un altro mondo.












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2 commenti:

  1. Anche a me l'omnrello non piace, ma ho trovato molto interessante la sua storia. E comunque a volte è proprio utile!!!

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