mercoledì 16 maggio 2012

Per non dimenticare - capitolo primo



Anche Donatella ha una bella storia del tempo di guerra da raccontare. La storia che ci racconta di come è possibile che lei sia nata.....la storia di un atto coraggioso di sua madre. Una bella storia, che Donatella non ha vissuto in prima persona, ma che si è sentita raccontare mille volte quando era bambina e poi ragazza....magari ascoltandola con l' insofferenza tipica dell'età. Ma adesso, che è in grado di capire quanto lei stessa deve ai fatti accaduti e quanto questi fatti abbiano avuto importanza per sua madre, li ha messi nero su bianco e ne ha fatto un libricino per sè e per i suoi nipoti.

La voce narrante è quella di Annarosa, la sorella maggiore di Donatella, che quel tempo l'ha vissuto.




mamma di Annarosa e Donatella



Buti: Era il 1944… ricordo nell’aria il tepore della primavera a volte interrotto da qualche improvvisa  sferzata di vento freddo.

Quell’anno avrei dovuto frequentare la seconda elementare ma invece ero stata volutamente tenuta a casa per la paura dei bombardamenti e per espressa volontà della mia famiglia…Qualunque cosa ci avesse colto di sorpresa, avrebbe dovuto trovarci tutti insieme ...

I tedeschi avevano allestito il loro campo a due passi, vicino alla casa dei nonni, unica nel suo genere , irrepetibile oltre che indimenticabile.

Si trattava infatti di una grande struttura  che accoglieva un mulino ad acqua e non solo, anche a forza motrice, raro e ambito da molti per quei tempi e si ergeva su un rio gorgoglioso e schiumoso.

Le grandi ruote giravano instancabili ,notte e giorno, in una sincronia perfetta e l’acqua sembrava riprodursi ad ogni giro sempre più abbondante e vigorosa, pur mantenendo la massa sempre contenuta ed uniforme, per arrivare a spingere le ruote con più forza, poi, raggiunto il colmo, ne riscaricava giù frotte in esubero che finivano per lambire le sponde erbose e diffondevano tutto intorno un odore di freschezza che sento ancora affiorare col ricordo .

Un terrazzino tutto in pietra, con al centro, tavolo e panche, sempre in pietra, dove d’estate si stava tutti insieme a mangiare, si ergeva sovrastante il grande rio .

Vi si accedeva da una porticina e, fatti pochi gradini, sembrava di affacciarsi sull’infinito.. solo spazi immensi a delimitare lo sprofondo di quell’ abisso piccolo ma imponente nella sua vastità.

Volendo, si poteva scendere fin giù a toccare l’acqua nei punti più accessibili, per la presenza di qualche masso  levigato che segnava qualche breve percorso.

Dal basso, alzando lo sguardo verso la ruota, il terrazzino sembrava davvero apparire come dal nulla, la vista era stupenda da qualunque parte e non c’era niente di disarmonico  in quel contorno affascinante…anche il rumore che proveniva dalla strada era attutito dal borbottio delle acque che era come una musica e contribuiva ad accentuare la poesia dell’insieme.

Sotto il terrazzino, correva una gora che si incanalava in altre due gore con letto e piccoli argini in legno e insieme,  portavano acqua alle gigantesche ruote che a loro volta, mettendo in moto tutti gli  ingranaggi, facevano lavorare le macine.

Risalendo il corso dell’acqua si arrivava al confine della proprietà fino al caterattino che veniva utilizzato in caso di piogge copiose  per evitare il tracimare delle acque e quel tratto si poteva percorrere  come una passeggiata rilassante , immersi nel verde di tutti quegli alberi, il fico ,il pero e ,primo tra tutti, per la sua maestosità, il noce secolare.  

 Da un lato lo sprofondo, dall’altro lo scorrere della gora in un letto di pietre che ne perimetravano il corso in tutta la lunghezza  .

Quell’acqua  fresca e cristallina sempre in movimento si beveva senza farci troppe domande.

 Ricordo le parole del nonno: “L’acqua corrente la beve il serpente, la beve Iddio…la posso bere anch’io”.






Una parte era adibita a lavatoio, ma mia madre e mia nonna spesso ,d’estate vi immergevano i piedi.. quando il caldo era proprio insopportabil ,perché tutto quel verde e la presenza di tanta acqua rendeva l’atmosfera perfetta e confortevole.
Ricordo le ortensie altissime, dappertutto, di un azzurro intenso, cariche di foglie verde smeraldo dai contorni smerlati, senza un’ombra di sbiadito

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