mercoledì 10 aprile 2019

Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi




Ci sono diverse ipotesi in merito all'origine di questo modo di dire, ampiamente diffuso : c'è chi lo associa alle stagioni e sostiene che, poiché il Natale cade nel periodo più freddo dell'anno, lo si festeggia volentieri intorno alla tavola, in un ambiente caldo e accogliente, mentre la Pasqua cade in una stagione che invita ad uscire all'aria aperta, a compiere una gita o un viaggio; altri invece ne danno un'interpretazione pseudo religiosa e, rifacendosi ai Vangeli, sostengono che mentre a Natale la Sacra Famiglia era riunita (né poteva essere altrimenti), a Pasqua Gesù si occupava della sua vita pubblica, lontano dalla famiglia, e celebrava la sua Ultima Cena con i discepoli.





A parte che quest'ultima ipotesi mi sembra piuttosto irriverente, il buon senso mi dice che questo modo di dire è probabilmente una presa d'atto dei progressivi e inevitabili cambiamenti delle dinamiche dei rapporti famigliari, di una naturale apertura verso il mondo esterno e alle alternative che esso ha gradualmente offerto alle nuove generazioni.





Io stessa, guardando indietro nel tempo, mi rendo conto di quante cose siano cambiate: quando ero bambina  tutta la famiglia partecipava al digiuno della Quaresima, ai riti del Giovedì e del Venerdì Santo; ricordo perfettamente  il bacio sul volto freddo di quel Gesù in croce, steso su un tavolo nella navata centrale della chiesa silenziosa e vuota, e le campane che venivano prima legate e poi sciolte alla mezzanotte del sabato. Certo la domenica si trascorreva in famiglia, magari con meno formalità rispetto al Natale, e  a Pasquetta erano tutti liberi di riposare, di dormire o di andare nei prati a raccogliere i primi narcisi, tempo permettendo...




Un ricordo in particolare mi è rimasto nella mente e nel cuore, forse perché al di fuori della mia tradizione: in occasione della Pasqua il fidanzato di mia sorella Alma (lei aveva 22 anni, io solo 4...) mi aveva fatto credere che, nella notte della vigilia, una misteriosa lepre aveva nascosto in un angolo imprecisato del giardino un cesto pieno di uova di cioccolato e di chissàcosaltro...; ogni cespuglio, ogni siepe, ogni angolo era stato esplorato al mattino col cuore trepidante e impaziente e, alla fine , ecco la felicità della scoperta.

E' difficile crederlo, ma mentre mi sono persa per strada tanti dettagli della mia vita, quell'emozione è rimasta intatta e non saprò mai per quale ragione.






Quella misteriosa lepre che non rientrava per me nella tradizione della Pasqua, era invece già presente in altri Paesi d'Europa e negli Stati Uniti; lepre o coniglio più spesso.

Nelle culture dell'Europa occidentale già anticamente la lepre, animale particolarmente prolifico, era un simbolo della primavera, della rinascita della natura e in qualche modo,con l'avvento del Cristianesimo , anche della Pasqua.

Pare che la Germania sia stato il primo Paese ad associare stabilmente la lepre /coniglio alla Pasqua e tra Medioevo e Rinascimento l'animale divenne protagonista delle celebrazioni dei più piccoli. Ancora oggi in alcune località tedesche, la notte che precede la Pasqua, i bambini hanno la consuetudine di preparare un comodo nido per il coniglietto, con della paglia e dei dolcetti. E il coniglietto ricambia lasciando delle uova colorate.



Probabilmente, e almeno per una volta, questa usanza è arrivata anche da me. E' pur vero che nella tradizione della mia città, quando nella notte tra il 12 e il 13 dicembre i bambini buoni ricevono doni da Santa Lucia, è consuetudine preparare della paglia e del cibo per l'asinello con cui viaggia la santa.

Paese che vai, usanza che trovi: bisogna ammetterlo, ma è altrettanto vero che la Pasqua ha l'innegabile energia del "ricomincio da capo" in tutte le culture occidentali.






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