venerdì 5 settembre 2014

La tuberosa

     

La tuberosa (Polianthes tuberosa) appartiene alla famiglia delle Amaryllidaceae  come il narciso e la giunchiglia; è originaria del Messico, dove fu coltivata in epoca precolombiana dai nativi americani e in seguito dagli Aztechi, i quali usavano chiamarla omixochitl ossia “fiore-osso”, termine probabilmente dovuto ai fiori cerosi e bianchi iridescenti caratteristici della pianta. 
Fu merito degli spagnoli da una parte, letteralmente innamorati di questa pianta, e di un missionario francese dall’altra, che l’arbusto fu importato nel vecchio continente dove per molti anni fece parte del bouquet dei famosi giardini lunari, una collezione di fiori dal pallido colore bianco argenteo o pastello, in grado di emanare il proprio effluvio odoroso solo dopo il tramonto. Questi paradisi erano molto in voga tra le “ladies” d’epoca vittoriana per esaltare ulteriormente il candido pallore del loro incarnato. 
Oggi, la tuberosa è coltivata diffusamente anche in Marocco, Francia, Sud Africa, isole Comore, Hawaii, India e Cina.


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Il nome del fiore, polianthes, derivante dal greco “πόλις polis = città” e da “ανθος anthos = fiore” – associava il profumo e la bellezza del vegetale ai giardini delle città. L’aggettivo tuberosa è invece riferito all’apparato radicale molto sviluppato, formato appunto da un tubero. 

La pianta generalmente non produce più di tre o quattro fiori per spiga, ma esiste una varietà, chiamata “la perla”, in cui abbiamo la fioritura di circa venti fiori per ramo.




Fiore del peccato, dalla scia carnale e conturbante, nel Rinascimento alle giovani fanciulle era proibito annusare il suo profumo narcotico per non “cadere in tentazione”. Analogo divieto era applicato anche in India – dove il suo nome ki rani significa ”corteggiatrice della notte” – in quanto si credeva che il suo profumo potesse far cadere in un oblio di sentimentalismo da cui era impossibile sottrarsi.







Questo fiore è studiato non solo dal punto di vista olfattivo, ma anche per le sue proprietà terapeutiche. Sembra, infatti, che all’interno della pianta siano contenute sostanze dalla spiccata potenzialità citotossica, attive sulle cellule aggredite da leucemia promielocitica. 







 Nella medicina ayurvedica questa raffinata essenza è utilizzata per incrementare la capacità di provare sentimenti, amplificare l’ispirazione artistica e la creatività, stimolando la parte destra del cervello: dona serenità alla mente e al cuore. Viene anche impiegata per le notevoli proprietà antinfiammatorie e antispasmodiche.






 La “linfa odorosa” estratta dal fiore, dal colore aranciato-bruno, ha un sentore pesantemente floreale e narcotico, con un tocco di miele e foglie di pesco e un sottofondo speziato che ricorda il caprifoglio, il balsamo del Perù e il neroli. 
Io ricordo uno dei libri di Delly dove la "cattiva " di turno riempiva la stanza di una sua rivale di fiori troppo profumati, fino a farla morire....un po' esagerato, direi, ma poichè non ricordo bene il romanzo, me lo andrò a rileggere per capire fino a che punto questo fiore sia pericoloso!!






Nel linguaggio dei fiori la tuberosa significa sensualità, indifferenza, richiesta illecita, voluttà, piacere dei sensi.



notizie da:
http://www.extrait.it/la-tuberosa-fiore-dal-profumo-proibito/

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