giovedì 28 novembre 2013

Elogio della pigrizia


Ieri Giorgio mi ha fatto leggere sul "Giornale" un articolo di Vittorio Feltri veramente divertente. Da condividere senz'altro! Eccolo qui:




                           NOI PIGRI MORIREMO PRESTO,                                  MA NON SUDATI


Adesso ci si mettono anche i pediatri a fare del terrorismo. Pensate che, tramite  la loro associazione italiana, hanno rilanciato uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità talmente "minaccioso" da provocare una pericolosa accelerazione del battito cardiaco a chi ne legga i risultati. Secondo i ricercatori ( che se rimanessero disoccupati potrebbero dedicarsi con successo alla regia di film dell'orrore) "l'assenza di esercizio fisico causa un milione900mila decessi all'anno nel mondo", senza contare oltre due milioni e mezzo di morti dovuti a sovrappeso e obesità.
D'accordo, la terra è una sfera molto grande per cui questa catasta di salme, se sparpagliata sui vari continenti, potrebbe fare meno impressione. Potrebbe. Ma certi numeri provocano il panico in chi sia ipocondriaco o patofobo, tra i quali ci sono anche io.  L'unico modo per non farsi prendere dalla tremarella è quello di non credere ad una sola parola degli esperti, categoria parente stretta dei menagramo e dei tecnici, le prodezze dei quali si sono viste quando qualcuno ha deciso di affidare loro il governo dell'Italia.
Transeat. All'Organizzazione mondiale della sanità vorrei chiedere in base a quali elementi si è stabilito che milioni di persone vanno al cretaore perchè non si affaticano in palestra, evitano di correre ( come invece fanno quei deficienti paonazzi e col fiatone che si incontrano ogni tre minuti sui marciapiedi delle città), non frequentano piscine ( piene di umidità, dannosissima alla salute), preferendo il riposo e odiano specialmente i ciclisti amatoriali, cioè gli sportivi più irritanti che le tentano tutte per essere travolti dalle auto e purtroppo non ci riescono.










Sono sicuro che i signori scienziati non risponderanno alle mie obiezio­ni. Non sono in grado di farlo perché non hanno prove da esibire: si limita­no a spacciare per scientifiche le loro congetture ricavate dall’esame delle statistiche, notoriamente ingannatri­ci, come già ebbe a osservare Trilussa: se tu mangi un pollo e io digiuno, stan­do alle indagini demoscopiche, ne ab­biamo mangiato mezzo ciascuno. Ro­ba vecchia ma intramontabile.
Torniamo all’attività fisica che sa­rebbe un toccasana, una garanzia per campare a lungo e bene. Tutte balle. Quando Giuseppe Prezzolini, ultra­centenario, si rifugiò a Lugano pur di non risiedere nel Bel Paese,mi conces­se un’intervista. Erano le 9 del mattino nel momento in cui suonai alla sua por­ta. Lui stesso aprì, vispo come un gril­lo. Mi fece accomodare in salotto e dis­se: «Abbia pazienza dieci minuti, ter­mino l’articolo che sto scrivendo per il Resto del Carlino , poi verrò da lei. In­tanto, beva un sorso di questa grap­pa ». E mi porse la bottiglia.
Non ero né sono astemio, pertanto ne bevvi un goccio. Poi cominciò la conversazione, invero scoppiettante. In conclusione, lo interrogai circa la sua longevità: come ha fatto ad arriva­re così in forma a questa età? E lui, sprezzante: non ho mai fatto ginnasti­ca. Sono più portato a credere a Prezzo­lini che ai pediatri, i quali, fra l’altro fa­rebbero meglio a occuparsi di bambi­ni che non di anziani pigri. Anche per­ché se sono diventati anziani, c’è poco da insegnare loro cosa debbano fare per non tirare le cuoia.







Va citato pure Andreotti, morto re­centemente non soffocato dalla balia. Amava ripetere di non avere mai per­so tempo a fare sport, pur apprezzan­do molto gli amici sportivi, tant’è – di­ceva – «che ho assistito alle esequie di tutti loro». Si dà il caso, comunque, che perfino il Divo Giulio, ultranovan­tenne fu costretto a passare dall’aldi­quà all’aldilà. Ovvio. Nel futuro di chiunque, anche dei pazienti pediatri­ci, c’è una tomba.Destino cui nessuno sfugge. I cimiteri sono zeppi di fumato­ri, di ex fumatori, di chi non ha mai fu­mato, di gente magra e di gente grassa che, a sepoltura avvenuta, comincia automaticamente a dimagrire, dimo­strando che, ciccia o non ciccia, prima o poi diventiamo tutti sdutti a prescin­dere dal peso che abbiamo avuto in vi­ta.
È probabile che la pigrizia non aiuti a battere il record di permanenza in questa valle di lacrime, ma non c’è dubbio che sia utile allo scopo di cam­pare comodamente.





Un mio amico indolente, a chi lo inci­tava ad alzare i glutei dal divano nel quale usava sprofondarsi, risponde­va: «Fossi scemo, non mi basta stare fermo, preferisco l’immobilità». Se n’è andato a 83 anni per una polmoni­te: si era addormentato su quel diva­no, in aprile, lasciando la finestra aper­ta, e prese freddo. Perché non la chiu­se? Per pigrizia, naturalmente. Non so­no molto diverso da lui.
Ho sempre abitato al primo piano, talvolta a quello terreno. Scelta strate­gica: casomai si guastasse l’ascensore, non devo salire a piedi le scale. Ho tira­to di scherma, ho giocato al calcio, ho montato a cavallo. L’ho fatto per diver­timento. Ma ho smesso presto, prima di stancarmi. Casa, automobile, uffi­cio e viceversa: trascorro l’esistenza se­duto in poltrona. Percorrerò ogni dì non oltre cento metri complessivi con le mie gambe, che tuttavia sono abba­stanza forti per prendere a calci nel di­dietro chi eventualmente volesse co­stringermi ad essere dinamico. Con­fesso. Pratico una disciplina assai im­pegnativa: una specie di sollevamen­to pesi, pesi leggeri, però; alzo il gomi­to per bermi qualche bicchiere, bian­co o rosso, indifferentemente. Ho 70 anni. Non sono affetto da pinguedine. Lavoro anche il sabato e la domenica. Magari morirò presto, ma non sudato. Già questo mi conforta. Meglio essere vittime della strage degli indecenti che non della strage degli innocenti.
Quando guardo i podisti, i maratone­ti e i velocisti ne assorbo mentalmente la fatica e mi riposo anche per loro. Po­veracci. Ma chi glielo fa fare? Non ho mai voluto essere un atleta come Men­nea. Forse non ho sbagliato, constata­ta la fine che egli ha fatto. Sedetevi. Se la morte deve arrivare, è più decoroso che vi colga in vestaglia che in tuta.





AIUTOOO!!

Qualcuno mi dice che nel post intitolato Queen Anne Revival non si vedono le immagini.
Non so per quale motivo io le vedo, anche se a caricarsi ci mettono più tempo del solito. Vorrei che altri lettori mi dicessero se loro le vedono o meno.... seppure, per la verità ,non saprei come ovviare all'inconveniente....
Mi pare che blogger in questi giorni stia facendo un po' di bizze: oggi ho trovato in elenco tre copie dello stesso post in preparazione!!
Vorrei saperne un po' di più di informatica, per destreggiarmi meglio e dare un servizio più completo, ma non è così!
Chiedo scusa per le inadeguatezze!



 

mercoledì 27 novembre 2013

Pensieri

Questa l'ho trovata su facebook e veniva da  qui: http://liberofb.altervista.org/blog/ ; c'è una firma, immagino di chi l'ha scritta. 
Non so se è una poesia, ma è una serie di pensieri che condivido, anche se non sempre mi  ci sono adeguata, nei miei comportamenti.
Leggiamola insieme e meditiamoci un pochino su....








Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.
(Martha Medeiros)

questo scritto mi ricorda una poesia che ho pubblicato tempo fa,(http://www.blogger.com/blogger.g?blogID=8625342552974409540#editor/target=post;postID=6599593287006837295;onPublishedMenu=allposts;onClosedMenu=allposts;postNum=19;src=link) di Jacques Brel: Le barche







Le stesse idee sono espresse in questo testo, trovato nello stesso blog, ma qui si concede un po' di più a chi non ha il carattere del lottatore:

Buonanotte a chi ama rischiare. A chi mette tutto in discussione.
A chi non pensa ai “se” e ai “forse”.
A chi si lancia senza vedere cosa c’è al di sotto.
A chi usa qualsiasi mezzo pur di osare.
A chi crede che anche le cose più imprevedibili possano accadere. A chi non rinuncia a nulla.
Buonanotte a chi ci prova e non molla, almeno sa di aver tentato.
Buonanotte a chi ha paura. Ai timidi. A chi crede di non farcela e si scoraggia già in partenza. A chi ha perso senza aver lottato. A chi ha paura di ricevere un no. A chi si pone dei limiti da solo/a.
A chi vive di rimpianti di non aver provato, di non aver detto, di non esserci stato/a. A chi la risposta giusta arriva sempre dopo.
A chi vorrebbe tornare indietro nel tempo.
Buonanotte a chi capisce tardi che certi treni non ripassano più. Forse a volte ripassano e sono quelli giusti, chissà. Buonanotte a tutti!
(A. Gravina)


Teniamo conto che non siamo tutti uguali, ma che tutti cerchiamo di fare del nostro meglio, per vivere una vita serena.




Quattro passi tra le bordure di Arley Hall

Ogni volta che vedo i borders nelle riviste di giardinaggio ne resto incantata, perché sembrano davvero un'opera di magia. Comporre un mazzo di fiori recisi, cercando di accostare forme e colori in modo armonico, non è impresa semplice ma comunque non impossibile se si dispone di un'ampia scelta di materia prima, ma progettare le bordure che caratterizzano i giardini inglesi è tutt'altra cosa e richiede conoscenza, esperienza e coraggio.
 
D'altra parte si sa che fin dal 1600 si scrivevano libri interi sull'argomento da parte di botanici e giardinieri paesaggisti inglesi che davano istruzioni ben precise circa  le caratteristiche delle piante da mettere a dimora, indicandone non solo il nome ma anche dimensione, colore, disposizione ecc. Oggi si può anche dare più spazio alla fantasia, ma certamente non si può improvvisare, perché lo scopo finale è quello di creare cuscini compatti accostando tra loro piante caratterizzate da vigore vegetativo il più simile possibile, dove non solo conta l'armonia dei colori dei fiori, ma anche gli accostamenti delle mille sfumature di verde del fogliame.
 
Il giardino di Arley Hall nel Chelshire vanta una tradizione di oltre 150 anni in tema di bordure, per questo vi suggerisco di venire con me oggi a fare quattro passi nella tenuta per ammirarle.
 

Arley Hall è una dimora costruita nella prima metà dell'800, circondata da una giardino di 12 acri, uno dei più belli d'Inghilterra.
Le caratteristiche che lo rendono famoso sono un superbo viale di olmi e la doppia bordura di erbacee piantate nel 1846.


























 
 
 












I costi per il mantenimento di queste dimore e dei relativi parchi sono molto elevati, perciò dal 1960 i proprietari, baronetti di non so che grado, hanno deciso di aprire la  proprietà al pubblico, come del resto fanno in altri luoghi, rendendo possibile accedere  con visite guidate non solo ai giardini , ma anche a parte della residenza.


 

martedì 26 novembre 2013

Queen Anne Revival

Quando ho preparato il post sulle painted ladies, ho scritto a Maxi, curiosa di sapere il suo parere di ingegnere-architetto su queste case così particolari. Come sempre lui mi ha risposto in modo esauriente, non solo dicendomi cosa ne pensava, ma dandomi anche notizie in più e corredando il tutto con belle fotografie. 
Ecco la sua mail:


Dunque, il sito dove mi hai mandato( pagina facebook Victorian Elijah Thomas Webb Homes) è bellissimo, e illustra molte ville dell'epoca detta Queen Anne Revival, ridipinte nei colori giusti. L'epoca è precisamente dal 1876 al 1893.
 Lo stile fu importato dall' Inghilterra, ed era uno stile ribelle che aveva poco a che fare con la Regina Anna (1665-1714), ma molto col fatto che la rivoluzione industriale aveva prodotto ricchezze immense.
Gli architetti inglesi più famosi del periodo (in Inghilterra, 1850-fine secolo) condividevano questa tesi: "Fino al regno di Anna, in Inghilterra si sapeva poco delle teorie architettoniche del Rinascimento, e quindi si costruivano palazzi che mescolavano caratteristiche medievali con dettagli già classici il cui uso non era ben capito, e quindi spesso "incorretto". Questo, malgrado l'ignoranza, ci diede un'architettura fantasiosa e unica. Da allora, la nostra architettura è diventata corretta e pedante, come quella europea. Approfittiamo quindi di tutti questi soldi ora in giro per abbandonare lo scolasticismo, e tornare ad un' architettura lussuosa e sfrenata, che sprigiona idee fiabesche." 










Eccoti case inglesi del Queen Anne Revival.


Le case inglesi erano naturalmente di pietra e mattoni, e un'architetto dell' epoca, William Butterfield, scrisse che si sarebbe dovuto  approfittare di mattoni colorati per aggiungere fantasia ai colori esterni:









Quando fu annunciata la Mostra Universale per il Centenario dell' Indipendenza Americana (Philadelphia, 1876), l' Inghilterra decise di costruire il più costoso padiglione ma, per evitare i brutti ricordi del periodo coloniale, decisero di lanciare il loro nuovo stile fiabesco-medievale. Il risultato, La Casa di San Giorgio (sotto), ebbe un successo sfrenato, e migliaia di ricchi Americani si misero subito a costruire nello stesso stile.




Eccoti per esempio la casa del fondatore delle gomme GOODYEAR, ad    Akron, Ohio, sulla quale ho lavorato anch'io.




Lo stile divenne rapidamente il preferito  dell' alta borghesia, che generalmente costruiva in legno, e che quindi creò un Queen Anne Revival prettamente Americano. Queste case fiabesche con torri e torrette venivano dipinte in colori scuri, che s'integravano bene con la natura. Molte avevano primi piani di mattoni e secondi di legno ( fatto considerato umoristico o buffo in un mondo dove le case erano sempre state o dell'uno o dell' altro), e questo portò a una divisione di colore tra un piano e l' altro, che poi fu utilizzata  anche in case totalmente di legno. Ecco vari esempi:
















Si passa ora a San Francisco, diventata ricca nell' ultimo quarto del diciannovesimo secolo, e quindi piena di Queen Anne Revival. Il terremoto del 1906 distrusse le grandi ville di mattoni e pietra, lasciando intatte circa 50.000 case in legno.
 Nel 1963, l'artista Butch Kardum dipinse la sua casa in vari colori sfolgoranti e moderni, facendo nascere  uno stile che unisce l' architettura vittoriana con l' arte contemporanea.




Nell' annuario telefonico di SF ci sono ora pagine e pagine di "coloristi" che  si consultano con propietari su elaboratissimi modi di dipingere le loro case in cinque colori e più. Ciò non ha nulla a che fare con la storia, ma è divertentissimo, e ho migliaia di diapositive di questo fenomeno. Questo esiste solo a SF, ma nel resto del paese, dove permesso dai regolamenti cittadini, c'è qualche casa del genere, di solito alberghetti che si fanno reclame in questo modo. 





Adorabile, se fatto con gusto, come quest'esempio in Maryland.
 I miei vicini, contro i miei consigli, dipinsero in questo modo la loro casa, ma senza il prerequisito di buon gusto. Poco dopo lui, un fotografo, perse l' impiego, cercò di vendere la casa (che non aveva più i soldi per ridipingere) e propio ieri la banca ne ha preso possesso. Speriamo ora che la venda a chi avrà più mezzi e la rifaccia diventare bella. Maxi




lunedì 25 novembre 2013

Le painted ladies










































































Le signore dipinte delle altre città non le ho mai viste, ma ho cercato qualche foto:


















Toledo-Ohio
















Cape May- New Jersey















New Orleans












Cincinnati





Charles village (Baltimora)



Huntington beach (Los Angeles)



P.S. dopo aver preparato questo post, mi sono imbattuta in una pagina facebook intitolata Victorian Elijah Thomas Webb Home dove ci sono molte case di questo genere sparse per tutta l'America. L'impatto di una casa solitaria è diverso da quello di un gruppo di case simili fra loro, però le strutture architettoniche di queste "signore" sono molto interessanti. Chi volesse vederne parecchie può andare su quella pagina.