domenica 22 novembre 2015

Musica dimenticata?

Prima che la televisione entrasse nelle nostre case - e nelle nostre vite - la radio era l'unico mezzo per stare in contatto con il mondo, un mondo speciale s'intende, fatto di voci, di suoni, di rumori e soprattutto di musica.


Ricordo che quand'ero piccola c'era una radio, piuttosto ingombrante e cicciona, appoggiata su un tavolino addossato a una parete nello studio di mio padre, volutamente fuori dalla portata dei bambini.
Quella radio mi affascinava e spaventava allo stesso tempo. Non riuscivo proprio a capire come potessero uscire  suoni da quella scatola di legno (lo capisco poco anche adesso...) e pensavo che forse lì dentro a parlare c'era lo spirito del nonno Luigi, l'unico familiare defunto di cui conoscevo l'aspetto per via del grande ritratto a olio appeso nell'ingresso di casa.

Sulla parte anteriore, la radio aveva, oltre a una lunga fila di manopole, una specie di finestra rettangolare,attraverso la quale si potevano leggere - io ancora non lo sapevo fare- su uno sfondo nero i nomi delle stazioni emittenti da selezionare, muovendo avanti e indietro con una delle manopole una sottile barra rossa. 
In realtà dentro la radio c'era un grosso rullo di bachelite che girava su se stesso con l'aiuto di un' altra manopola e così comparivano dalla finestrella i nomi di stazioni radio lontane, lontanissime, con nomi così strambi che nemmeno i grandi riuscivano a leggerli bene. Poco male dicevano, perchè da quelle stazioni arrivavano solo grandi pernacchie.





La cosa più inquietante di quella radio  però era l'occhio magico :  del tutto simile a un occhio umano, solo un po' più rotondo, con la pupilla nera al centro e intorno un'iride verde smeraldo che  palpitava in continuazione come se fosse viva.

Qualche tempo dopo la radio fu trasferita nel tinello e l'occhio magico smise di spaventarmi. 
Mia madre amava la musica lirica e da ragazza aveva assistito dal vivo a qualche rappresentazione teatrale accompagnata da una certa signora Ottavia, un'amica di famiglia che le faceva da chaperon in società. Quando ne parlava le brillavano gli occhi e se alla radio trasmettevano dopo cena qualche opera di Verdi o di Puccini, lei si metteva nella poltrona più vicina e ascoltava la musica  con grande attenzione , a volte ripetendo sottovoce le parole di qualche romanza.
Io mi infilavo nella poltrona vicino a lei e ascoltavo a mia volta la musica senza capire una sola parola di quel che veniva cantato, così finivo con l'addormentarmi. 





Più tardi, soprattutto con l'arrivo della televisione, incominciai a conoscere un po' di più quel tipo di musica e quando la vedevo intenta a seguire un'opera sul piccolo schermo chiedevo a mia madre di raccontarmi la trama di quelle storie tragiche  dove c'erano sì buoni e cattivi, ma questi ultimi avevano sempre la meglio. 
Poco a poco imparavo l'aria e le parole dei brani più noti e con mia sorella Annamì tenevamo occasionalmente brevi e penose esibizioni canore per impressionare il pubblico delle nostre compagne di giochi.
Annami si cimentava soprattutto con "Stride la vampa" perchè amava le tinte fosche, io invece da  romanticona cercavo di commuovere la platea con "Un bel dì vedremo". Bei tempi quelli!!!





Il tempo passava: negli anni sessanta c'era la scuola a cui pensare, c'erano gli amici e c'era soprattutto tanta musica nuova e tanti modi per ascoltarla, e non mi infilavo più nella poltrona accanto a mia madre per ascoltare le opere.Così la musica lirica  usciva dai miei pensieri e se vi rientrava era solo per il gossip delle riviste femminili, che, più che decantare le virtù delle stelle della lirica allora in voga, come la Callas e la Tebaldi, preferivano spettegolare sulle loro vicende personali.


Maria Callas


Renata Tebaldi

In realtà non ero la sola a lasciarmi alle spalle quel tipo di musica. Le persone intorno a me parlavano di cantanti ,  complessi musicali e  concerti, usando per  esibizioni canore affollate e chiassose un termine che era stato proprio della musica classica, quella per palati fini.

Della mitica "prima" della Scala si parlava e scriveva soprattutto delle sontuose pellicce e dei gioielli indossati dalle signore milanesi e non - che da parte loro non erano certo appassionate  melomani - o dei pomodori che qualche animalista sfegatato gettava loro contro.

Un rinnovato interesse per la musica lirica si registrò quando un vasto pubblico conobbe la voce straordinaria di Luciano Pavarotti. Magari non tutti si chiedevano da quale opera fosse tratto il brano "Nessun dorma", ribattezzato sbrigativamente dai più come "Vincerò", tuttavia  grazie alla sua comunicatività , al suo impegno nel sociale e al coinvolgimento di altri colleghi artisti come Carreras e Di Stefano, furono in molti ad appassionarsi a questo genere musicale.




Purtroppo dopo la sua scomparsa tutto sembrò tornare come prima.

Ma ecco spuntare l'amico Vito il quale mi racconta che le cose non stanno proprio così, o meglio, se è vero che il grande pubblico non segue più la musica lirica, una minoranza piuttosto ristretta, ma dallo spirito tenace, continua ad appassionarsi a questo genere musicale in generale o a un autore in particolare, o addirittura a un singolo artista. Lui, ad esempio, che ha imparato ad amare la lirica da bambino, ha continuato ad ascoltarla e adesso, che ha tanto tempo libero da quando  è in pensione, si è unito all'Associazione Internazionale Culturale e Musicale "Ettore Bastianini" che rende omaggio e promuove la figura di questo baritono senese, la cui voce è stata definita "di bronzo e di velluto". L'artista, prematuramente scomparso nel 1967 a soli 44 anni, era stato protagonista di grandi interpretazioni non solo sui più famosi palcoscenici del mondo, ma anche in quello della mia città dove già nel '59 aveva interpretato uno splendido Rigoletto.





Chi ama la musica, ama anche condividerla e promuoverla specialmente se è poco conosciuta, così Vito ha invitato gli amici a partecipare a un incontro al Teatro alla Grazie per ricordare l'attività artistica di Bastianini al servizio di due grandi bergamaschi : Gaetano Donizetti e il M° Gianandrea Gavazzeni.
Mentre ascoltavo le vecchie incisioni e soprattutto mentre ascoltavo le parole dei relatori nei loro interventi, mi sono resa conto delle intense e profonde emozioni che questo genere musicale può suscitare ancora oggi nelle persone che sanno coglierne ogni dettaglio, ogni battuta , ogni pausa.

Con una punta di rammarico sento di aver perso un'occasione, forse se non mi fossi addormentata così spesso su quella poltrona.....








1 commento:

  1. per m la radio è casa della zia Tina, zia di mamma che, non avendo potuto avere figli, ha allevato mamma ed i suoi fratelli ( nonna lavorava, vedova a 39 anni...) e poi noi nipoti.
    La radio era su una mensolina bianca, in alto, fuori dalle manine di noi bimbi.
    la radio era zia che diceva "fate piano adesso, c'è il comunicato..."antico retaggio della sua gioventù. ha chiamato comunicato il giornale radio fino a che è volata via, ad 87 anni, senza mai dimenticarsi di rinfrescare (...come diceva lei...) il centrino sotto la radio, nonostante avesse ormai la TV a colori....
    Emanuela

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