domenica 21 giugno 2020

Scatole di latta







C'è chi le scatole le rompe e chi le scatole le colleziona : stando al parere dei miei figli, dovrei rientrare nella prima categoria, ma a me piace di più pensare di poter appartenere, un giorno, alla seconda, soprattutto da quando ho appreso che l'espressione "rompere le scatole" risale alla Grande Guerra; era infatti un comando che veniva impartito ai soldati per sollecitarli a togliere dalle confezioni le cartucce dei fucili , quando si preannunciava un attacco nemico, con tutta l'angoscia che ne conseguiva. Con il tempo questo modo di dire si è fortunatamente allontanato dalla sua  origine ed è diventato sinonimo di qualcosa/qualcuno di fastidioso.






Per quanto riguarda  il collezionare scatole di latta, posso dire di possederne un discreto numero, acquistate o ricevute in regalo nel corso degli anni, a volte come ricordo di un viaggio, conservate non solo  per la loro grande utilità, dal momento che possono contenere piccoli oggetti di ogni tipo,  alimentari compresi, ma anche per la loro capacità di rallegrare un ambiente o celebrare una ricorrenza.











































  
 







La latta è un materiale che nel linguaggio comune viene spesso sottovalutato , tant'è che nelle competizioni sportive e non solo, se e quando c'è, viene messo in coda a oro, argento e bronzo.



Al contrario la storia della latta è davvero interessante e parte da lontano, se non nello spazio, quantomeno nel tempo.

Già nel Seicento in Boemia, oggi Repubblica Ceca, la latta veniva utilizzata per costruire recipienti da cucina. Oltre al ferro, per ottenere la latta, serviva lo stagno e la Boemia, ricca appunto di miniere di questo minerale, ne ebbe per diverso tempo il monopolio. Con l'espandersi dell'industria in Germania, in Francia e in Italia, il brevetto per  la fabbricazione della latta si propagò in tutta l'Europa. Le miniere di stagno però andavano esaurendosi, per cui, grazie alle migliorie apportate alla lavorazione dello stagno e  alle ricchezze minerarie in Malesia, fu l'Inghilterra nell'Ottocento a diventare il primo produttore mondiale di latta.



 
Prima dell'avvento della latta, il cibo veniva conservato attraverso processi di salatura, affumicatura ed essicazione, che però ne modificavano il sapore. Nell'Ottocento in Francia si cercò di trovare un metodo alternativo per la conservazione ermetica del cibo e con la sterilizzazione tramite calore si arrivò alla conservazione in bottiglia. Ma il vetro, si sa , è pesante e fragile, perciò era necessario trovare il modo per la conservazione in contenitori metallici.
Fu così che , intorno al 1820, le scatole di latta cominciarono a sostituire i contenitori in vetro.





Come è facile immaginare, anche l'aspetto estetico dei contenitori di latta che noi conosciamo e apprezziamo ebbe un lungo percorso; le tecniche di decorazione andarono via via raffinandosi, influenzando il mercato; il progressivo benessere sociale e la consapevolezza da parte dei produttori del ritorno economico della pubblicità portarono alla creazione di piccoli grandi capolavori, così apprezzati da diventare nel tempo oggetti da collezione.

 



















Oltre a ciò che si può trovare nei mercatini dell'usato e su e-bay, qualche settimana fa ho appreso da una trasmissione  tv , che a Gerano , una cittadina non lontana da Roma, esiste una sorta di Museo, unico nel suo genere, chiamato Casa delle Antiche Scatole di Latta, creato nel 2000 da Marina Durand de la Penne , dove sono state raccolte e si possono ammirare  scatole di latte prodotte in Italia dal 1890 al 1950.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Si tratta per lo più di scatole che hanno contenuto prodotti dolciari, biscotti, caramelle, pasticche , che raccontano comunque una pagina di storia del nostro Paese e inconsapevolmente rappresentano le abitudini e le preferenze della gente comune quando ancora la pubblicità non irrompeva  nelle case attraverso la tv come succede ora.
 
Peccato che Gerano non sia dietro l'angolo..., mi piacerebbe molto poter visitare quell'insolito museo, ma come si suol dire, mai dire mai.  

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