mercoledì 3 aprile 2013

La frode








per filo e per segno: recensione


LA FRODE





C’ è poco da dire Richard Gere è sempre Richard Gere: invecchiato con garbo, sempre quella sua allure fascinosa, gli occhi stretti e sagaci, la folta chioma bianca ( che gran civetteria!), il cappotto gettato sulle spalle…..anche in questo film sovrasta tutti gli altri pur famosi coprotagonisti, i quali rimangono, appunto, semplicemente co-protagonisti.



Richard Gere è Robert Miller, un tycoon alla Madof, che gioca con i soldi e gli investimenti, padrone di tutto, grande filantropo (che cos’è per lui un assegno di  due milioni di dollari????), moglie innamorata (la brava Susan Sarandon), due figli e nipotini, una amante giovane e francese , Julie,(non ci facciamo mancare niente: Laetitia Casta…) una casa stupenda,  jet privato…di tutto e di più.




Grande successo..ma all’improvviso si trova al centro di un intrigo finanziario, di una tragedia sentimentale e di un thriller.
Tutto crolla.
Dell’intrigo finanziario si può dire che si tratta di una vendita spericolata che deve riuscire per sanare un buco finanziario enorme mentre Robert  tenta di trovare il modo per sopravvivere e salvare il salvabile.
A questo punto durante una breve fuga d’amore ha un incidente in auto e la sua amante muore. Nell’interpretare la giovane morta la Casta appare realmente bella , cosa che,  nelle altre scene, non si sarebbe detto ( lo so, lo so tutti i più accreditati critici la pensano diversamente..e allora???).
Miller, di fronte alle conseguenze di questo incidente che non può dichiarare, ha un atteggiamento che sembra tipico degli uomini di potere made in USA ( vedi Ted Kennedy?) e fugge, anche se poi nulla sarebbe da addebitargli.



Coinvolge nella fuga l’innocente, giovane conoscente, Jimmy Grant, (dignitosa la prova del giovane Nat Parker) mentre il tenace, ostico poliziotto Michel Bryer ( bravissimo Tim Roth) della NYPD comincia ad annusare puzza di bruciato intorno.




Così la storia si dipana su due binari narrativi: il primo nel quale Robert cerca in tutti i modi  di salvare se stesso e Jimmy, il suo leale amico, e l’altro in cui il poliziotto arriva a truccare le prove  e a minacciare il testimone, pur di incastrare il colpevole. 



Gere, diretto con mano quasi fredda da Nicholas Janicki, interpreta benissimo, per una volta,  l’anti – eroe, tutto imbrogli e cuore in mano, che alla fine suscita la simpatia degli spettatori.
In questo strano labirinto di sotterfugi, inganni e menzogne  sono trascinati tutti, come dimostra Ellen, la moglie, nella scena finale, dove finalmente la Sarandon può far valere la sua grande capacità interpretativa.




Una parola speciale per la fotografia di Yorick Le Saux:  Manhattan di notte, con mille luci, è magica, bellissima.
Come concludere? Abbiamo visto un film attualissimo, con una narrazione mai sopra le righe e molto distaccata: il suo messaggio sembra essere che tutti possono essere corrotti, perché ognuno ha il suo demone tentatore. Che può essere tanto la sete di potere come anche, purtroppo, il desiderio di perseguire la giustizia  con ogni mezzo, anche il più ingiusto.                  
Paola


Nessun commento:

Posta un commento