giovedì 24 aprile 2014

Maledetta primavera

Davvero maledetta quella primavera del 1950 per Cesare Pavese, maledetta per aver visto la fine di un amore in cui aveva voluto credere disperatamente, maledetta per le conseguenze fatali di qualche mese dopo.

Alla fine del 1949, Cesare Pavese aveva conosciuto a Roma, in un giro di amicizie per lui inconsueto, la bella attrice americana Constance Dowling, venuta in Italia in cerca di fortuna e successo, e se ne era perdutamente innamorato, attratto da tanta bellezza e allo stesso tempo terrorizzato dalle proprie possibili défaillances.



Trascorrono insieme una vacanza  a Cervinia , sembrano felici, forse sta per iniziare una storia.
 "Battito, timore, infinito sospirare" - scrive nel suo diario dopo le notti di Cervinia e Torino - "incredibile dolcezza di lei".
Constance però non sembra dare la stessa importanza a questa relazione;  ritorna a Roma e non avendo trovato il successo sperato, progetta di rientrare nel suo paese.
Le lettere che Cesare le scrive a Roma sono piene di ansia e tenerezza. "Cara Connie, volevo fare l'uomo forte e non scriverti subito, ma a che servirebbe?" e poi "Mi succede che in questi giorni ridivento ragazzo....Ti amo. Cara Connie, di questa parola so tutto il peso,l'orrore e la meraviglia - eppure te la dico quasi con tranquillità. L'ho usata così poco nella mia vita, e così male, che è come nuova per me".

Cesare cerca di preparare una sceneggiatura per Constance e la sorella Doris, nel tentativo di aprir loro una strada nel cinema italiano, ma Connie non sembra più interessata e decide comunque di partire.
Durante il loro ultimo incontro gli promette di tornare dopo due mesi, ma lui sente che il distacco è definitivo. Pochi giorni prima del volo che la porterà in America le scrive, confessando di aver disperatamente sperato di sposarla ma "la felicità è qualcosa che si chiama  Jo, Henry o John, non Cesare"

" I pochi giorni di meraviglia che ho strappato dalla tua vita erano troppo per me - bene, sono passati, ora comincia l'orrore, il nudo orrore e io sono pronto a questo..... Viso di primavera, io di te amavo tutto, non solo la bellezza, il che è abbastanza facile, ma anche la tua bruttezza, i tuoi momenti brutti."








In quella primavera del 1950, l'ultima della sua vita, dall'11 marzo al 10 aprile, Cesare Pavese scrisse per Connie dieci poesie (otto in italiano e due in inglese) che verranno trovate tra le sue carte e pubblicate postume con il titolo "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi"

Eccone una :


Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera
anemone o nube
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.

Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.

Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
 la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d'aurora.
Sangue di primavera 
tutta la terra trema
di un antico tremore.

Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera, 
come rondine o nube, 
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell'attesa di te.

E' il mattino, è l'aurora,
sangue di primavera, 
tu hai violato la terra.
la speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.
 
















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