Nei giorni scorsi , mentre preparavo il post su Donna Letizia, mi è venuta voglia di comprare il libro di Franca Valeri " Il diario della signorina snob", illustrato, appunto, da Colette Rosselli. All'epoca mi era sfuggito.... Ascoltare dal vivo è tutta un'altra cosa, quindi la lettura è stata un po' deludente, anche se le illustrazioni da sole sono valse la pena dell'acquisto.
La voce di Franca, comunque, mi tornava alla memoria, riportandomi a quegli anni sessanta in cui appariva in televisione a Studio uno, tenedoci incollati al piccolo schermo con la signorina snob, la signora Cecioni o la Cesira manicure. E mi è venuta voglia di saperne di più su questa signora che, a novantadue anni è ancora sulla breccia come una trentenne.
Per quanto riguarda la sua vita, lo pseudonimo, le frequentazioni intellettuali e il suo lavoro, vi rimando a Wikipedia.
Ho trovato, invece, un'intervista rilasciata a Paolo Di Stefano del Corriere della sera nel gennaio 2011, in occasione dell'uscita del libro autobiografico "bugiarda no, reticente", che ci fa capire, forse, la sua personalità e il segreto del suo spirito.
Eccone qui uno stralcio:
In Bugiarda no, reticente, l'autobiografia appena uscita da Einaudi, il setaccio del suo dichiarato pudore lascia passare alcuni ricordi-chiave: «Tra papà e mamma è stato un matrimonio perfetto, anche se nella memoria individuo episodi per cui oggi una donna divorzierebbe ritenendosi vittima del maschilismo. Mia mamma sapeva ovattare.........
In sua madre, dice Franca Valeri, l'intelligenza coincideva con la disponibilità. Quella che non vede nelle donne d'oggi: «Non apprezzo l'atteggiamento delle donne: la libertà anche sessuale non comporta l'esibizione. Fanno troppo chiasso. Nella mia vita ho sempre avuto molta simpatia affettuosa per gli uomini e loro non mi hanno mai prevaricata». Sorride alzando gli occhi al cielo: «Il fatto che fossi una donna che si era affermata da sola mi dava un privilegio. Ora è diverso. Se prima l'uomo era troppo padrone, adesso le lascia fare troppo... Non ha mai saputo avere un giusto equilibrio»............
Che tipo di educazione ha ereditato dai suoi genitori? «Quella che sono. La sincerità e soprattutto il rigore, il disprezzo per il disordine organizzato e per la bruttura estetica. La cultura porta anche all'eleganza, morale per lo meno. Adesso la società è sgradevole, non esiste. La maleducazione è attuale e la superesibizione di sé è un'idea secondo me sbagliata di libertà. La borghesia per me era una conquista importante, uno status morale più che sociale, libertà di pensiero e di educazione. Cose che oggi sono al tramonto. Un tempo c'era una società che aspirava a essere più colta, oggi è quasi il contrario»..............
Il dormiveglia, ma anche l'insonnia come verifica del ricordo, è un leitmotiv del suo libro. Nessuna paura del buio, neanche negli anni in cui la famiglia Norsa era nel mirino delle persecuzioni ebraiche: «Per una ragione evidente che fa parte del tessuto dell'uomo, papà e mio fratello erano i più sconvolti. Io ero di una spavalderia indecente. Ho visto subito in questa enormità, nella guerra e nell'alleanza con il nazismo, l'unica speranza della fine. Non ho creduto un secondo che vincessero i tedeschi»......
«Una volta c'era più rispetto e interesse per gli artisti e per il teatro. Adesso, diversamente che in Francia o in Inghilterra, da noi non c'è il nuovo, le uniche teste straordinarie sono quelle degli scienziati. Il teatro è fermo, si cerca di raspare nei classici che ormai sono dilaniati, non si sa più come proporli. Io ostinatamente propongo una nuova commedia mia, ma è l'ostinazione di una vecchia signora».
Una vecchia signora che rivede il proprio passato come «un luogo molto bello da ricordare, un libro importante che ogni tanto riprendi in mano e rileggi volentieri». Un libro ricco di episodi e protagonisti. C'è la bambina che frequentava la Scala: «Grazie a un amico dei miei genitori, Paolo Buzzi, che faceva parte della squadra futurista... Era un appassionato di opera e suonava il pianoforte. Avevo 6 o 7 anni, quando mi portava alla Scala. Essendo un pezzo grosso, aveva un palco della Provincia proprio sopra l'orchestra, mi sembrava di poter toccare il palcoscenico». Un incontro fortuito con il vecchio Petrolini: «Era alla cassa del teatro Puccini, con un gran cappotto di cammello, non avevo ancora 7 anni, si è chinato a guardarmi e mi ha presa in braccio». E poi il cinema. Una splendida estate a Positano per girare Leoni al sole con Vittorio De Sica: «Era il mio idolo. Non era un uomo di cultura, ma talmente intelligente, acuto e ironico. Sono sicura di non avere maestri, ma se da qualcuno ho imparato qualcosa, è da lui. Aveva quella naturalezza che non è piatta verità, è la verità di chi recita». La stessa naturalezza di Franca Valeri? «Non è un dono, è una cosa che ho fatto mia, è la sintesi... Mi riconosco l'orecchio per sentire quando una cosa deve finire, è una dote musicale. Certi cantanti quando imbroccano un acuto non la finiscono più. A un certo punto dici: basta!».........
http://www.corriere.it/cultura/11_gennaio_17/franca-valeri-di-stefano_cbab9ffe-2204-11e0-83ff-00144f02aabc.shtml