mercoledì 1 luglio 2020

Il giardino dei semplici

Il Giardino dei Semplici: erano così denominate semplici le piante con virtù medicamentose, vere o presunte. A Pisa, Padova e Firenze esistono attualmente gli orti-giardini dei semplici più antichi al mondo, per la coltivazione e lo studio delle piante officinali e di quelle più propriamente medicinali.
Volevo parlarne e cercando informazioni, ho trovato qui  https://www.codiferro.it/giardino-dei-semplici-monastico/    una bella spiegazione completa di che cosa è questo giardino e la sua storia. Inutile riassumere con parole mie...è perfetto, quindi lo copio.

Il Medioevo è un periodo storico che si estende per diversi secoli, dal V al XIV d.C., dal quale ci sono rimaste poche conoscenze e ancora meno ne sono rimaste sul giardino medievale. Un dato certo è rappresentato dall’abbandono delle abitazioni rurali che costellavano le campagne, dovuto dalle ripetute invasioni barbariche che si sono succedute in quei secoli, successivamente alla decadenza dell’Impero di Roma. Per questo motivo, per molti anni, i campi coltivati, i frutteti, gli orti sono stati chiusi all’interno delle mura delle città, da qui “campi chiusi”. All’esterno delle mura si praticavano caccia e pastorizia, oltre a coltivazioni minori, da qui “campi aperti”. Col passare del tempo le bonifiche di ampi territori furono dimenticate e i boschi si appropriarono di nuovo dei loro spazi originari. Il giardino si rinchiuse così all’interno del monastero, prima, e del castello, poi.



Assistiamo alla nascita del giardino monastico. Con il Monachesimo e il sorgere di numerosi monasteri, la cultura romana si tramanda nei secoli e si mantiene in vita attraverso lo studio e la conservazione di antichi testi. Tra questi anche numerosi trattati di agricoltura inerenti la conoscenza e lo studio delle piante e della loro utilità. I monaci hanno l’obbligo di vivere nel convento e di svolgere in questo ambiente tutte le loro attività, tra le quali la coltivazione e lo studio delle piante utili. Si favorisce così lo svilupparsi della cultura dei giardini.




Sin dall’antichità si nutriva un particolare interesse per tutte le piante utilizzate per comporre i medicamenti. Questi potevano differire in semplici, se realizzati con una sola pianta o composti se ottenuti con la combinazione di più piante. Nel Medioevo, questa tradizione si sviluppa ancora di più.


Il chiostro rappresenta il centro della vita monastica, dove i monaci si incontrano, pregano e lavorano. Il giardino diviene luogo di incontro, studio e lavoro. L’hortus conclusus è un giardino chiuso all’interno di mura, protetto. Progettato con uno schema quadripartito, con richiami evidenti all’immagine descritta nella Bibbia del Paradiso terrestre, nel libro della Genesi. Al centro era posto un pozzo per l’acqua, simbolo della vita, oppure un albero, simbolo dell’Albero della conoscenza del Bene e del Male. Al giardino, origine di perfezione voluta da Dio, si contrappone il fuori, il resto del mondo. L’hortus conclusus , con la sua fonte di vita, simboleggia la Vergine Maria.




In un’antica pergamena di origine medievale, si descrive con dovizia di particolari la composizione di uno di questi giardini di erbe mediche, con sedici diverse specie (fra cui levistico, tanaceto, santoreggia, rosa, cumino, giglio, salvia, rosmarino, ecc.). In questi schemi, spesso le piante sono indicate oltre che per la loro utilità, anche per il loro valore simbolico legato alla specie o al numero in cui sono descritte.



Il giardino del Medioevo, o giardino dei semplici, ha un origine puramente utilitaristica, qui si coltivano piante alimentari e piante medicinali, oltre ad assumere un valore religioso: il giardino simbolo del paradiso e privo di peccato, contrapposto al bosco, popolato dalle fiere selvatiche , simbolo di peccato. Il giardino diventa anche hortum deliciarium, al suo interno si coltivano i fiori e i frutti per la casa e la cucina ma anche l’amore della letteratura del tempo.

Elemento essenziale dell’orto dei semplici è l’acqua, la conoscenza relativa al suo uso e alla sua conservazione. Tali nozioni derivano dalla cultura araba.






J. Harvey, studioso di giardini medievali, distingue cinque diversi tipi di giardino:
il “verziere” o kitchen garden,
il giardino delle erbe medicinali,
il giardino patrizio, il giardino del castello,
il giardino monastico,
il giardino d’ornamento o pleasure garden.


In un’altra fonte antica di studio, Walafrido Strabone (830 d.C.), si fa riferimento a numerose specie aromatiche, officinali e da cucina (finocchio, salvia, aglio, ecc.). Si disegna la pianta di un “orto medicinale”, composto da “spartimenti”, nei quali erano messe a dimora le diverse specie di piante, come in un futuro orto botanico. Carlo Magno fa scrivere il “Capitulare de Villis”, con istruzioni sui giardini. Alberto Magno nel “De Vegetabilibus et plantis”, descrive un giardino ideale. Pietro de’ Crescenzi, nel 1305 scrive “Liber Ruralium Commodorum, dove indica con precisione i tipi di giardino (“delle erbe piccole, per le persone mezzane, dei signori”). Giovanni Boccaccio, nel Decamerone, descrive un giardino recintato, con vie dritte, bordate da siepi di rose bianche e da gelsomini, ricco di profumi, con una fontana, un prato verde scuro fiorito, alberi di agrumi, fiori e frutti.



Nel giardino medievale è assente il gusto estetico per la composizione d’insieme.
Furono i monaci a svolgere un’intensa attività di ricerca in campo farmaceutico riguardo la produzione di medicamenti efficaci per la cura di vari disturbi, oltre alla redigere cataloghi articolati e commentati delle diverse erbe coltivate che venivano utilizzate per le cure mediche, detti Hortuli.



Da:
https://www.biosalus.net/educazione-e-stili-di-vita/il-giardino-dei-semplici-il-fiore-dell-arte-del-sanare.html


In questo campo è importante il monachesimo di San Benedetto da Norcia.

La sua Regola, da Montecassino conquistò l’intera Europa secondo il modello del Monachesimo Orientale di San Basilio di Cesarea, valorizzando la cultura e il sapere come capisaldi di un modello di assoluto successo che ebbe il suo apice in quel particolare fenomeno che conosceremo poi come “medicina monastica”: perfetto esempio di “ora et labora”.



Tanti erano i pellegrini al tempo, e molti altri avrebbero poi calpestato le stesse strade e gli stessi sentieri. Molti erano poveri, e come sia ammalati e bisognosi di cure ed assistenza. Fu naturale quindi per i monasteri stessi, costituirsi quali centri di prima e più strutturata assistenza per tutti coloro che bussassero alle loro porte. I monaci-medici, divennero delle figure quasi venerate, tanto che lo stesso Carlo Magno, nel 805 ordinò che la medicina –sotto il nome di “fisica”- fosse introdotta in pianta stabile nei programmi di insegnamento universali.

Basilare, a questo punto, divenne un’ulteriore attività dei monasteri: quella della trascrizione e copia dei codici antichi di scienze naturali.
Questi provenivano in massima parte dai mondi greco e latino: Ippocrate, Catone il Vecchio e Galeno, furono per anni i maestri indiscussi e più letti e copiati.



La medicina monastica, basava infatti la “spes” di guarigione su due pilastri: la misericordia di Dio (e quindi la preghiera, “ora”), e l’azione terapeutica dei “semplici” -sapientemente preparati e somministrati (“labora”)- indicando con questo termine le erbe medicinali o il medicamento sovrano e provato a base di quelle.

Nasce così l’ “hortus simplicium” –il Giardino (o orto) dei Semplici- posto all’interno dei vari monasteri e adibito alla coltivazione delle piante medicinali e aromatiche, con la loro seguente conservazione nell’armarium pigmentariorum.

Se ne curava direttamente uno specialista, a un tempo farmacologo, medico e speziale: il monacus infirmarius.

Il Giardino era anche un luogo di pace e tranquillità, diremmo quasi di “meditazione”, o più correttamente di “contemplazione”.

La condizione intima che identifica quindi questo spazio particolarissimo, al di là della dimensione “fisica”, è per certo quella di Giardino dell’Anima; luogo inattaccabile dai dolori e dalle passioni, e per questo capace di produrre le “sostanze che curano”. I Semplici, appunto.


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