Nel vasto capitolo dell’arte classica greca, il Discobolo di Mirone è tra i paragrafi che restano più impressi nella mente. I motivi risiedono nelle “istantanee” che la scultura ci induce a visualizzare sul grande periodo ellenico: l’amore degli antichi greci per la bellezza delle forme del corpo umano, il ricordo della nascita dei giochi olimpici, il culto per le competizioni sportive. Del resto, lo stesso Discobolo è da considerarsi come un’istantanea, una fotografia: nella sua staticità ritrae il momento esatto in cui l’atleta si accinge a scagliare il disco il più in alto possibile.
Anche se non si sa come la scultura originale sia andata perduta, secondo le ricostruzioni storiche alcuni dati sulla nascita del Discobolo sono quasi dati per certi: sarebbe stato fuso intorno al 455 a.C. per Sparta, una delle più influenti polis dell’antica Grecia, nota per i temibili guerrieri del suo esercito, e caduta secondo la leggenda per causa di una macchina da guerra a forma di cavallo.
Inoltre, è stato appurato che il Discobolo sia anche una delle massime espressioni dello “stile severo”—che si basava sulla ricerca sempre più dettagliata delle masse corporee—che lo scultore Mirone aveva abbracciato completamente. Lo si può notare nell’armonia ed equilibrio delle forme della scultura, rintracciabili in due grandi linee immaginarie. La prima linea è un’ampia curva che va dalla mano che regge il disco al piede quasi sospeso; la seconda è una serpentina che si estende dalla testa al piede che poggia a terra.
Fatte queste dovute premesse: come mai siamo venuti a conoscenza del Discobolo nonostante l’originale non esista più? Fortunatamente, perché nel corso dei secoli sono state realizzate copiose riproduzioni in materiali più resistenti del bronzo. Attualmente le due riproduzioni più fedeli all’originale, risalenti al II secolo d.C., sono ospitate al Museo nazionale romano di Palazzo Massimo.
La prima riproduzione è il “Discobolo Lancellotti” alta circa 123 cm. Si chiama così perché, dopo essere stato ritrovato nel 1781 sull’Esquilino, era entrato nella collezione di Palazzo massimo Lancellotti. Dopo quel periodo, durante la seconda guerra mondiale venne trasferito in Germania, per poi essere restituito definitivamente all’Italia nel 1948. La seconda riproduzione, invece, è il “Discobolo di Castelporziano”. Venne ritrovato nel 1906—purtroppo acefalo—tra i resti di una villa imperiale nella tenuta di Castelporziano.
Un’altra riproduzione, invece, si trova al famoso British Museum di Londra. Si tratta del “discobolo Townley“, alto circa 170 cm. Venne scoperto nella villa di Adriano a Tivoli nel 1791, e comprato successivamente dal collezionista e gentiluomo Charles Townley. La differenza con le altre riproduzioni consiste nel fatto che quest’ultima è di stile adrianeo: presenta i capelli più lunghi e presenta un ridotto tronco d’appoggio.
Curiosità: nelle Olimpiadi moderne il lancio del disco maschile è presente sin dalla prima edizione, mentre la gara femminile venne introdotta ai Giochi di Amsterdam del 1928.
La prima riproduzione è il “Discobolo Lancellotti” alta circa 123 cm. Si chiama così perché, dopo essere stato ritrovato nel 1781 sull’Esquilino, era entrato nella collezione di Palazzo massimo Lancellotti. Dopo quel periodo, durante la seconda guerra mondiale venne trasferito in Germania, per poi essere restituito definitivamente all’Italia nel 1948. La seconda riproduzione, invece, è il “Discobolo di Castelporziano”. Venne ritrovato nel 1906—purtroppo acefalo—tra i resti di una villa imperiale nella tenuta di Castelporziano.
Un’altra riproduzione, invece, si trova al famoso British Museum di Londra. Si tratta del “discobolo Townley“, alto circa 170 cm. Venne scoperto nella villa di Adriano a Tivoli nel 1791, e comprato successivamente dal collezionista e gentiluomo Charles Townley. La differenza con le altre riproduzioni consiste nel fatto che quest’ultima è di stile adrianeo: presenta i capelli più lunghi e presenta un ridotto tronco d’appoggio.
Curiosità: nelle Olimpiadi moderne il lancio del disco maschile è presente sin dalla prima edizione, mentre la gara femminile venne introdotta ai Giochi di Amsterdam del 1928.