Come l'ho aperto, ho pensato: accidenti, ho sbagliato un'altra volta! Ne ho appena accantonato uno ( il bambino che inventò le stelle), piantandolo lì dopo poche pagine, e adesso, ci risiamo? Accidenti, accidenti! Non ho più il tocco magico? O sono una rompiballe definitiva?
In effetti il prologo è lungo, verboso, pesante e anche noioso, direi.
Poi mi sono costretta almeno ad iniziarlo e ho fatto bene perchè la storia è bella e ti prende. E' un libro pieno di parole, e di solito preferisco uno stile più asciutto, ma non è noioso, nè pesante come temevo.
In breve, ecco la storia:
Cresce catturato da una voce, J.R. La voce di suo padre, un disc-jockey di New York che ha preso il volo prima che lui abbia detto la sua prima parola. Seduto sul portico della vecchia casa dei nonni, con l'orecchio schiacciato contro la radio, vorrebbe spremere da quel timbro caldo e baritonale i segreti dell'identità e del mondo degli uomini. Sua madre è il suo mondo, ma lui cerca, desidera ardentemente anche qualcosa di più, qualcosa che riesce, debolmente ma ossessivamente, ad avvertire solo in quella voce. A otto anni, quando anche la voce alla radio scompare, J.R. corre fino al bar all'angolo, e lì scopre un nuovo mondo, e un coro turbolento di nuove voci. Sono poliziotti e poeti, allibratori e soldati, star del cinema e pugili suonati, la varia umanità che si rifugia al Dickens per raccontare le proprie storie o scordare i propri guai. Saranno quelle "mosche da bar", uomini come Steve, come zio Charlie, che si atteggia un po' a Bogart, come Colt, con il suo timbro da orso Yoghi, come Joey D, un picchiatore dal cuore tenero, sarà anche quel mondo di uomini divertito o dolente a crescere J.R., a prendersi cura di lui, a farne un uomo, come una specie di paternità su commissione. Una storia di formazione e riscatto, di turbolento amore tra una madre e il suo unico figlio, ma anche il racconto della lotta di un ragazzo per diventare uomo e un ritratto di come gli uomini rimangano, nel fondo del loro cuore, dei ragazzi perduti.
Ho letto un po' di commenti qui e là nel web e, come sempre, o forse più di sempre, i pareri sono contrastanti: su questo libro si passa addirittura dal "capolavoro" al fallimento totale. La maggioranza degli scontenti sono quelli che avevano letto Open, la biografia di Andrè Agassi scritta da Moehringer e ne erano rimasti entusiasti. Anche questa è una biografia, la biografia dell'autore.
Io non sono così drastica nel mio giudizio: il libro è avvincente, anche se non tutti i personaggi sono delineati con la stessa precisione. Non tutte le situazioni sono spiegate esaurientemente. Ma c'è da dire che i personaggi sono davvero tanti e che per fare un lavoro più approfondito ci sarebbero volute ben più di 484 pagine.
Da parte mia posso dire che sono scioccata dalla quantità di alcool che sembra molte persone riescano ad ingerire nel corso della loro vita. E dal fatto che l'educazione di un bambino venga delegata ai baristi e agli avventori di un bar, quando sono presenti dei parenti stretti. Ma, come dice mio marito, io vivo in un mondo a parte, completamente distaccato dalla realtà e quindi non sono in grado di comprendere.....
Comunque mi ha molto soddisfatto la conclusione che il protagonista trae dalla propria vicenda: non ho fatto che cercare e desiderare il segreto per essere un brav'uomo, mentre non dovevo far altro che seguire l'esempio di un'ottima donna.
Moehringer cercava le virtù che associava alla virilità: solidità, perseveranza, determinazione, affidabilità, onestà, integrità, coraggio. Dove le ha trovate? In sua madre!Il che vuol dire che la virtù, così come il difetto, non ha genere.
Grazie di questa recensione...deciderò se leggerlo!
RispondiEliminaAnch'io sto diventando sempre più selettiva nelle letture!
...ora sto finendo "La marea nasconde ogni cosa" thriller svedese. Abbastanza coinvolgente.
A presto.
Buona Pasqua!
Loredana