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martedì 21 luglio 2020

La materia delle fiabe.

Di che materia sono fatte le fiabe? Forse la stessa di cui sono fatti i sogni ? o forse è quella di cui sono fatte le ragnatele, visto che in questi giorni d'estate non so come e perché mi ci trovo invischiata...






Mentre alla veneranda età di 75 anni, mi sono immersa da una parte e con piacere nella lettura delle Flower Fables,  scritte da Louise May Alcott nel 1854 per Ellen Emerson, che raccontano storie fantastiche  di fate ed elfi in un mondo di fiori parlanti, dall'altra mi perdo tra le illustrazioni di Roberto Innocenti che racconta a modo suo, mettendole sotto sopra, le fiabe classiche che mi porto appresso dall'infanzia. 
 
 
 



 
 
In passato ho sempre collegato la Alcott ai  romanzi scritti in serie a   partire dal mitico "Piccole donne", mantenuto in auge anche con il supporto di cinema e tv, ma ora, dopo aver letto on line Il re del gelo , che apre la serie delle sue  fiabe, mi sono affrettata ad acquistare l'intera raccolta in lingua originale, a cui mancano però illustrazioni adeguate a mio parere. In realtà ho trovato in rete qualcosa di ciò che mi aspettavo di trovare nel libro, ma le immagini  scaricabili sono limitate perché spesso soggette a copyright.
















Per mia fortuna mi prendo cura da anni del mio giardino e se ciò non mi garantisce la capacità di immaginare con evidenza elfi e fatine, mi fa sentire comunque a mio agio con fiori e farfalle.
Dicono che da vecchi si ritorna bambini e la cosa non mi dispiace se mi consente di ritrovare momenti di serenità e leggerezza;  leggere queste fiabe mi rilassa, mi toglie di torno il grigiore di questa stagione, anagrafica la mia, dolente quella della pandemia, subdola e imprevedibile.
 
 




 
 
Quanto a Roberto Innocenti, nato nel 1940, autodidatta e illustratore di grande talento come dimostrano i prestigiosi premi che gli sono stati assegnati, mi ha stupito e conquistato in particolare con la sua versione della favola di Cenerentola, illustrata nel 1983 e ambientata nella Londra degli anni '20.
 
 
 

 
 

Già Carlo Collodi aveva adottato nella sua traduzione  della fiaba di Perrault un linguaggio più dinamico e moderno rispetto alle versioni precedenti, ma il "salto"qui è ancora più evidente perché non si limita al "dove" e al "quando"., ma tocca la personalità di alcuni dei personaggi ,ad es.una matrigna che "alza il gomito" o una fata che mantiene l'incognito, o che muta alcuni eventi, ad es.la carrozza non nasce da una zucca, ma da un cetriolo.

Ecco alcune delle immagini secondo la visione di Roberto Innocenti, giusto per farvi un'idea di come ciò che sembra ormai fossilizzato , può rivivere attraverso altri occhi.







































 Dopo tutto, perché non sperare che si possa vivere tutti felici e contenti?

giovedì 16 novembre 2017

Cornovaglia Dreaming

In un passato ormai piuttosto lontano ho visitato più volte l'Inghilterra, per motivi di studio o per un viaggio vacanza, ma per ragioni del tutto casuali  non sono mai stata nella parte sud occidentale dell'isola, nella piana di Salisbury ad esempio, o ancora più in là, nel Devon e nella parte estrema della Cornovaglia
 
 
 

 

D'altra parte il mondo è grande e qualche viaggio non basta per vederlo tutto , mi dicevo. Guardando però a ritroso nel tempo, ho notato una circostanza curiosa che mi ha ricordato quel detto Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto...
 
Nel caso specifico infatti, se io non sono andata in Cornovaglia, la Cornovaglia è venuta da me, attraverso i libri e la tv.
 
Più o meno negli anni '80 infatti acquistarono grande popolarità i romanzi "rosa" della scrittrice britannica Rosamund Pilcher. Le love stories  raccontate in quei libri erano in verità piuttosto banali e ripetitive, tanto che al secondo capitolo già si intuiva come si sarebbero concluse... Quello però che mi piaceva di quelle storie era l'ambientazione: la Cornovaglia soprattutto. La Pilcher veniva da quella regione, la conosceva bene e sapeva descriverla come luogo incantevole ricco di cottages con i tetti di paglia e piccoli giardini traboccanti di fiori,  dimore di campagna al centro di vaste tenute, pittoreschi villaggi di pescatori , insenature piene di vele e ardite scogliere a picco sul mare.

 
 
 
 

 
 

 
 

 
 

 
 

 
 


 
 
 

 
Come se  non bastassero i libri ad accendere la fantasia, molti di quei romanzi diventarono film per la tv, trasmessi con frequenza per altro, e così i luoghi immaginati nella fantasia diventavano luoghi reali. Ormai la febbre di Cornovaglia mi aveva contagiato e per vedere le immagini di quei giardini, di quelle dimore,di quel mare ero disposta a sorbirmi anche le storie sdolcinate, gli attori sconosciuti e l'atroce abbigliamento con cui la produzione tedesca  vestiva il cast....
 

 








 
A distanza di tempo, da un paio d'anni a questa parte, la montagna è tornata a tentarmi con le sue suggestioni e con strumenti ancora più persuasivi: con la serie televisiva della BBC, Poldark , da tre stagioni in onda su LaEffe, mi sto appassionando ad una Cornovaglia del passato, quella della fine del Settecento, la Cornovaglia delle miniere , della povertà, di un mare spesso crudele.



 

 
 
 
 
 
 




 
 
 














La serie tv è la trasposizione di alcuni dei 12 romanzi  con cui Winston Graham  racconta la saga dei Poldark.






Winston Ghaham  è uno scrittore inglese (1908-2003) che ha scritto numerosi romanzi, tra cui Marnie, da cui è stato tratto il famoso film omonimo diretto da A. Hitchcock nel '64.

Per oltre quarant'anni visse in Cornovaglia e proprio in questo ambiente che gli era evidentemente famigliare, è ambientata la saga dei Poldark.
Se è stato bello seguire le vicende di Ross in TV, ancor più bello è stato leggerle nei romanzi di Graham. Per ora è stato possibile scaricare sul  Kindle i primi tre della serie, gli unici al momento in italiano, mentre, per essere in pari con quanto visto in tv, ho dovuto scaricare il quarto in inglese.

Sullo sfondo di avvenimenti storici di rilievo che hanno caratterizzato il passaggio dal '700 all'800 in Europa, Winston colloca storie comuni  di personaggi inseriti in un tessuto sociale che vede contrapposti il relativo benessere della piccola nobiltà di campagna e la condizione di estrema povertà di chi non ha alcun tipo di sostentamento. In questo contesto i singoli personaggi vengono ben rappresentati, con attenzione e sensibilità, ciascuno con i propri pregi e difetti.



















In attesa di conoscere le prossime vicende della saga, potrei finalmente decidermi a un viaggetto in Cornovaglia....e se poi la realtà non corrispondesse alle mie aspettative ???  Tutto il tempo dedicato alla costruzione di un sogno potrebbe risultare sprecato...
Meglio starsene a casa, leggere un libro, guardare la serie tv, immaginare giardini lussureggianti, bianche scogliere e continuare a credere che la Cornovaglia è il posto più bello del mondo.

 

sabato 25 marzo 2017

La febbre del sabato sera


Come ho già raccontato qui http://ilclandimariapia.blogspot.it/2014/02/il-tempo-passa.html, John Travolta è uno degli attori che io e Mianna preferiamo e, anche se lo amiamo maggiormente adesso che è "in età", non possiamo fare a meno di ricordarlo con affetto nel film che ne ha fatto un divo: la febbre del sabato sera.
Decisamente poco raffinato,anzi, per niente,  ma bellissimo, sensuale e ballerino stupendo.






Da wikipedia:

La febbre del sabato sera (Saturday Night Fever) è un film musicale del 1977 diretto dal regista John Badham, che lanciò l'attore John Travolta.

Si tratta di uno dei film più celebri nella storia del cinema. La pellicola, grazie alla quale Travolta ottenne la sua definitiva consacrazione, viene concepita come un vero e proprio omaggio alla disco music e al glam dominante negli anni settanta. Le musiche vengono arricchite dai successi musicali in voga all'epoca, tra cui spiccano le canzoni originali dei Bee Gees (soprattutto il brano Stayin' alive), che con la pellicola ritrovano una nuova stagione di gloria.






La trama tratta comunque tematiche serie, ed affronta problemi giovanili tuttora attuali, come l'emigrazione, l'uso di stupefacenti nelle discoteche, il razzismo- che non risparmia i protagonisti italo-americani, marchiati con gli annosi luoghi comuni di accidia e sciatteria - e la violenza tra bande.

Il film ebbe un successo straordinario. La colonna sonora della pellicola, composta per lo più dai celebri brani dei Bee Gees vendette oltre 40 milioni di copie in tutto il mondo, diventando una delle colonne sonore più vendute di tutti i tempi.



E proprio la voglia di riascoltare quelle musiche, la nostalgia di quei ballerini fantastici,  ci ha portato in teatro, ieri sera, a vedere una commedia musicale che riprende la storia di Tony Manero e Co. Non era la versione famosa con Lorella Cuccarini, di cui ho sentito parlare molto bene, ma un'edizione con attori-cantanti-ballerini a noi sconosciuti. Probabilmente noti al resto del pubblico, più informato di noi.



Che delusione, ragazzi! La commedia, qui, era vista come una parodia: i ragazzi sembravano tutti una massa di deficienti e gli adulti, penosissimi, che parlavano solo in dialetto pugliese ad un volume da spaccatimpani. Mi ricordavano quelle commedie dialettali che vedevo all'oratorio, da ragazza, o, al massimo,i Legnanesi, versione sud, ma con tutto il rispetto per i Legnanesi, che sono artisti specializzati!
Ma perchè hanno voluto farne una cosa comica? L'idea del film non lo era affatto! Anzi, trattava temi importanti e purtroppo sempre attuali. Soprattutto la mancanza di ideali che affligge la gioventù, la difficoltà ad avere sogni, in un mondo troppo materialistico, ma anche la possibilità di riscatto e la ricerca di un significato per la propria vita.
Se non si voleva andare sul "serioso", bastava raccontare una storia di ragazzi e lasciar cantare e ballare gli interpreti, che erano anche piuttosto bravi. 
Di parodie ce n'era già una, vista nella tv degli anni 80 ( forse a Drive in) e fatta da Enrico Beruschi, un maestro della comicità, che era stato bravissimo a far ridere, rifacendo per la trasmissione parecchi film famosi, tra cui, appunto, Saturday night fever..
Per dirla tutta, io e Mianna, nell'intevallo ce la siamo filata e ci siamo perse la seconda parte dello spettacolo perchè l'idea di un'altra ora e mezza di stupidaggini simili ci pesava troppo.
Che peccato.....questa volta non ci è proprio andata bene!
E allora consoliamoci con questo video