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domenica 16 agosto 2020

Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

E' da molto tempo che non parlo delle mie letture, da quando mi sono resa conto di quanto fosse inutile spiegare ad altri se e perchè un libro mi fosse piaciuto, data la delusione personalmente provata molte volte nella lettura di romanzi caldamente consigliati. I gusti sono decisamente personali ed è meglio che ognuno scopra da sè quello che gli piace.

Voglio invece condividere la scoperta di questo libro, che mi ha passato mia sorella, che ho preso malvolentieri e che non avrei mai comperato per conto mio: copertina per nulla accattivante, scrittrice a me del tutto sconosciuta, premio Pulitzer vinto e, ultimo, ma non meno importante, non romanzo, ma raccolta di racconti. Tutti motivi che mi hanno fatto trascurare questo libro, uscito addirittura nel 2008 in America e l'anno dopo in Italia.







Da Amazon:

In un angolo del continente nordamericano c’è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico c’è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell’animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull’altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: «Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi». E poi molti altri personaggi, tutti davvero interessanti.

Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un’altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009.


Cosa posso dire? Io che amo i volumi grossi, dove il racconto presenta un personaggio principale, a cui accadono avvenimenti molto coinvolgenti e dove i comprimari fanno solo da corollario, ho apprezzato per la prima volta una serie di racconti che sono legati tra loro solo da un filo sottilissimo, quasi inesistente. Forse ha avuto la sua parte il sollievo di non dover ricordare sempre chi è chi e che cosa ha fatto ( un handicap dell'età!!), ma non è solo quello. Questo libro, leggero, ma profondo,  è scritto benissimo e se avessi il tempo di rileggere,  lo farei con una matita in mano, per sottolineare frasi e pensieri che ad una lettura superficiale possono sembrare banali, ma che invece sono molto significativi e toccano corde nascoste nell'anima.
Probabilmente lo rileggerò e lo farò, nonostante l'ansia di avere poco tempo, ormai, davanti ad una pletora infinita di libri da scoprire ancora...


Al momento sto leggendo il seguito:




Eccone la sinossi:

Che ne è stato di Olive Kitteridge? Da quando l’abbiamo persa di vista, l’irresistibile eroina di Crosby nel Maine non si è mai mossa dalla sua asfittica cittadina costiera, e da lí ha continuato a guardare il mondo con la stessa burbera empatia. Sono passati gli anni, ma la vita non ha ancora finito con lei, né lei con la vita. C’è posto per un nuovo amore, nella sua vecchiaia, e amicizie profonde, e implacabili verità. Perché in un mondo dove tutto cambia, Olive è ancora lei.

Olive Kitteridge. Insegnante di matematica in pensione, vedova di Henry, il buon farmacista della cittadina fittizia di Crosby nel Maine, madre di Christopher, podologo a New York, figlio lontano in ogni senso; solo una «vecchia ciabatta» scorbutica per molti in paese; una donna scontrosa, irascibile, sconveniente, fin troppo franca, eppure infallibilmente sintonizzata sui movimenti dell’animo umano e intensamente sensibile alle sorti dei suoi consimili: è questa la creatura straordinaria che abbiamo conosciuto un decennio fa, quando la pubblicazione del volume di storie collegate che porta il suo nome l’ha consacrata a eroina letteraria fra le piú amate di ogni tempo ed è valsa alla sua artefice il Premio Pulitzer per la narrativa. In Olive, ancora lei, Elizabeth Strout riprende il filo da dove l’aveva lasciato e in questo nuovo «romanzo in racconti» ci narra il successivo decennio, l’estrema maturità di Olive, dunque. Ma in questa sua vecchiaia c’è una vita intera. Un nuovo amore, innanzitutto. Jack Kennison è un docente di Harvard ora in pensione, vedovo come Olive. A parte questo i due non hanno granché in comune, eppure la loro relazione ha la forza di chi si aggrappa alla vita, e le passioni che muovono i due amanti – la complicità e il desiderio raccontati in Travaglio, la rivalsa e la gelosia di Pedicure – ne trascendono i molti anni. Trascendere il tempo è però una battaglia che non si può vincere e racconto dopo racconto, anno dopo anno, Olive si trova ad affrontare nuove forme di perdita. Deve fare i conti con la propria maternità fallace in Bambini senza madre, con la decadenza fisica in Cuore, con la solitudine in Poeta. Ma contemporaneamente, e senza rinunciare al suo piglio irridente, leva, quasi a ogni racconto, una specie di quieta, tutta terrena speranza. La vita riserva qui piccoli momenti di rivelazione, istanti di comunione, brevi felicità. Succede, magicamente, in Luce, succede in Amica, dove l’incontro insperato con l’ultima compagna di strada è insieme un’appagante occasione di rincontro per i lettori di Elizabeth Strout.


E che conclusioni traggo da questo romanzo? Olive sono io! Non prendetemi per immodesta, ma mi ci ritrovo proprio in questa donna scostante, pettegola, decisamente antipatica, ma molto realistica e certamente più intelligente e profonda di me.Per lo meno, mi ci ritrovo nella sua parte negativa. Ecco vorrei conquistare le sue qualità, dato che il libro mi ha insegnato ad accettare semplicemente tutto il peggio che c'è in Olive e che ritrovo in me stessa.
Sì, questi due libri li comprerò, perchè non vanno letti su un kindle e li rileggerò con la matita in mano! E, naturalmente, mi informerò sugli altri lavoro della Strout, perchè scrive in un modo decisamente da non perdere.

P.S. In America è stata fatta una serie TV in quattro puntate ( solo???). Chissà se la trasmetteranno anche da noi? magari l'hanno già fatto e io non lo so....

lunedì 10 agosto 2020

Un fiore sul cappello

Estate, fiori, fiori ovunque...ispirazione per decorare casa e abbigliamento. 
Che ne dite di un fiore sul cappello? Perchè no?
Se avete un po' di manualità, ci sono anche parecchi siti che insegnano a farli i fiori per decorare le vostre acconciature.
Perfino io ci ho provato....ma usando fiori e cappello già pronti, solo da assemblare! Una cosa semplice








niente a che vedere con quel che segue:














































C'è una signora che ci consiglia in un libro, di metterci un bel geranio sul cappello...per vivere più serene e affrontare le inevitabili difficoltà. Mi pare un buon consiglio






Soffrire è inevitabile, disperarsi è un optional… - Se hai bisogno di una fresca ventata di gioia nella tua vita, questo è il libro che fa per te. Barbara Johnson ti aiuta a trovare "piccole scintille" di felicità perfino nel buio dei tuoi momenti più difficili, trasmettendo il suo approccio positivo alla vita: "Ho imparato ad accettare con gioia le situazioni difficili, perchè ho visto quanto migliorino il carattere. Sono sopravvissuta solo grazie ad una stretta dieta di risate, gioia e speranza". Ma... è possibile mettersi un geranio sul cappello ed essere felici? L'autrice - in questo libro che è insieme terapeutico e divertente - dice di sì, qualsiasi cosa capiti. Lei stessa ha imparato che soffrire è proprio inevitabile. Ci sono volte in cui tutto sembra andare per il meglio e poi - zacchete! ci troviamo in una situazione difficile. Ma superare ogni problema è possibile. Basta decidere di voler cogliere i fiori e non le erbacce della vita: "Io ho scelto di cogliere i fiori e spero che lo farai anche tu, perciò, prendi un geranio e mettitelo sul cappello!" 

domenica 2 agosto 2020

Wiliam Wallace Denslow

William Wallace Denslow ( 1856/1915) era un illustratore e caricaturista americano ricordato soprattutto per le sue illustrazione di The Wonderful Wizard Of Oz, creato da L.Frank Baum. Nato a Filadelfia, frequentò per qualche tempo un paio di accademie prestigiose, ma fondamentalmente era un autodidatta, comunque capace ed apprezzato nei suoi spostamenti tra i vari Stati, in particolare a New York e a Chicago.




E' probabilmente a Chicago che incontrò L.Frank Baum, scrittore e produttore cinematografico, con il quale intrattenne un rapporto di collaborazione per diversi lavori, condividendo alla pari  i diritti d'autore. Il pezzo più noto e pregiato di questa collaborazione è indubbiamente "Il fantastico mondo del mago di Oz".
Purtroppo in occasione della versione teatrale dell'opera, tra autore e illustratore avvenne un'insanabile frattura di natura economica e i due presero strade diverse.
W.W. Denslow comunque, solamente grazie alle royalties maturate dalla stampa del libro e dalla versione teatrale , fu in grado di acquistare un'intera isola alle Bermuda e autoproclamarsi Re Denslow I.

Molto spesso genio e sregolatezza vanno di pari passo, infatti Denslow sapeva lavorare duramente , ma era anche attratto dall'alcool. La sua vita privata fu un vero disastro: si sposò tre volte e altrettante divoziò; l'unico figlio avuto dalla prima moglie nacque quando era già in corso il divorzio, per cui non lo vide mai.






A questo punto credo sia il momento di lasciar spazio alle immagini, tratte per lo più dall'opera più celebre , ma anche da altri libri.