I giubbotti sukajan erano nati dalla fusione del giubbotto americano portato dagli studenti di licei e università che praticano sport (il baseball, in particolare), le cosiddette “letter jackets“, con i ricami di classiche fantasie giapponesi, come i dragoni e le carpe. Si pensa che sia stato un soldato americano di stanza a Yokosuka – città nella Baia di Tokyo che è tuttora sede di un’importante base navale americana – ad avere per primo l’idea di farsi decorare il giubbotto da un artigiano giapponese. Molti altri soldati lo seguirono, sia in Giappone che negli anni successivi in Vietnam: così nel giro di pochi anni sui bomber dei militari comparvero delle immagini orientali, come le geisha e i fiori di ciliegio, insieme a simboli americani, come le aquile. Talvolta capitava che i soldati chiedessero ai sarti di ricamare le mappe dei territori conquistati.
Negli anni Sessanta quelle stesse giacche furono adottate dalle gang giapponesi: avevano smesso di essere un simbolo dei nemici americani per diventare semplicemente un capo di abbigliamento alla moda.
Un giubbotto ricamato con una mappa del Vietnam conservato al Met Museum di New York; risale al 1968 circa. Sopra la mappa, si legge una scritta che significa: “Quando morirò andrò in paradiso perché ho già scontato la mia pena all’inferno”.
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