mercoledì 15 giugno 2016

La pazza gioia








L'incipit del romanzo eternamente incompiuto di Snoopy si adattava perfettamente alle condizioni meteo di ieri sera, quando Dindi ed io ci siamo lanciate sotto la pioggia battente nell'audace impresa di raggiungere la multisala dove proiettavano "La pazza gioia".

Dico audace, perchè oltre alle pessime condizioni atmosferiche , avevamo anche molti dubbi sulla scelta del film, che non avrebbe potuto essere in linea con i nostri gusti. Comunque il dado ormai era tratto, o meglio, i biglietti erano stati acquistati, perciò non avevamo scelta.



 Beatrice Morandini Valdirana è una chiacchierona istrionca, sedicente contessa e a suo dire in intimità con i potenti della terra.
Donatella Morelli è una giovane donna tatuata, fragile e silenziosa,
che custodisce un doloroso segreto . Sono tutte e due ospiti di una
comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe classificate come socialmente pericolose. Il film racconta la loro imprevedibile amicizia, che porterà ad una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po' di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani.  (da Comingsoon.it   )





Per una buona mezz'ora abbiamo davvero pensato di aver sbagliato film, poi progressivamente, grazie anche all'eccezionale bravura delle due interpreti, abbiamo gradualmente rimesso insieme i pezzi e compreso come la fragilità di alcune persone possa in realtà nascondere una profonda umanità.E poi si sa, quando si toccano certi temi....
La conclusione che abbiamo tratto è stata che sì, il film valeva la pioggia della serata.




Per una valutazione più equilibrata della pellicola riporto di seguito due recensioni tratte dal web, non completamente concordi tra loro, ma certamente più autorevoli della nostra.


Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 18 maggio, il nuovo film di Paolo Virzì, 'La pazza gioia', è davvero un piccolo capolavoro. Il regista, dopo le atmosfere nordiche de 'Il capitale umano', ritorna a girare nella sua Toscana dove ambienta una storia umanamente corrosiva che conquista lo spettatore sin dalle prime immagini. In una casa di cura, Villa Biondi, per donne con disturbi mentali, si incontrano Donatella e Beatrice, interpretate magistralmente da Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Due donne, due matte, completamente diverse nel corpo e nell'anima, che ritrovano nelle rispettive solitudini il punto di approdo per un percorso di condivisione emotiva che le porterà a scappare dalla struttura sanitaria in cui sono ospiti. Una fuga che costituirà l'occasione per conoscersi, ma soprattutto un'opportunità per fare i conti con il proprio passato e riappropriarsi, in qualche modo, del proprio presente.







Due matte, nel senso letterale del termine, che nell'incoscienza più assoluta decidono di scappare per inseguire insieme la loro 'pazza gioia'. Una fuga fatta di incontri sfortunati, ma soprattutto una fuga che diviene l'opportunità per fare i conti con il proprio passato e i propri demoni interiori. Una fuga che le unirà sempre di più perché sono due donne che hanno un dolore in comune, quasi simile. Senza retorica e virtuosismi formali, Micaela e Valeria fanno vivere sul grande schermo due donne fragili e malate, che nella loro amicizia troveranno, forse, la loro ultima possibilità di salvezza e di guarigione.







Paolo Virzì, regista e sceneggiatore insieme a Francesca Archibugi, realizza un ritratto di umana fragilità in cui le due protagoniste devono fare i conti con le proprie idiosincrasie e con le loro (molteplici) difficoltà a rapportarsi con il mondo. Un quadro di sana follia in cui la pazzia assume contorni sfumati e i sentimenti più profondi vincono sulle meschinità. Un film stratificato, che però spesso fatica a far convivere tutte le proprie anime: parte come una commedia sul desiderio di evasione e giunge nelle secche del quadro sentimentale un po' banalotto. Straordinaria l'alchimia tra le due interpreti principali, con una elegantissima Valeria Bruni Tedeschi perfetta nelle sue strampalate (ma spesso calibrate) esternazioni e una Micaela Ramazzotti ben calata in un ruolo tutt'altro che semplice. La scrittura puntuale dei personaggi non lesina in dettagli e acute osservazioni su usi e costumi dell'Italia di oggi, ma lo sviluppo narrativo, con il passare dei minuti, diventa sempre più incerto e discontinuo, come dimostra l'affannosa ricerca del finale giusto. Molte intuizioni riuscite (l'ambientazione tra Livorno, Viareggio e Montecatini, la spensieratezza da road-movie alla ricerca di se stesse, la tenuta emotiva) ma anche parecchi scivoloni (la struttura fragile e frammentaria della seconda parte, l'approfondimento sul passato di Donatella condotto con flashback da fotoromanzo, la ricerca furbetta della lacrima). Una fiaba al femminile capace di far ridere ed emozionare, con pesanti lacune di sceneggiatura che compromettono il risultato finale. L'omaggio a Thelma & Louise (1991) c'è, ma passa abbastanza inosservato. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2016.





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