L'incipit del romanzo eternamente incompiuto di Snoopy si adattava perfettamente alle condizioni meteo di ieri sera, quando Dindi ed io ci siamo lanciate sotto la pioggia battente nell'audace impresa di raggiungere la multisala dove proiettavano "La pazza gioia".
Dico audace, perchè oltre alle pessime condizioni atmosferiche , avevamo anche molti dubbi sulla scelta del film, che non avrebbe potuto essere in linea con i nostri gusti. Comunque il dado ormai era tratto, o meglio, i biglietti erano stati acquistati, perciò non avevamo scelta.
Beatrice Morandini Valdirana è una chiacchierona istrionca, sedicente contessa e a suo dire in intimità con i potenti della terra.
Donatella Morelli è una giovane donna tatuata, fragile e silenziosa,
che custodisce un doloroso segreto . Sono tutte e due ospiti di una
comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe classificate come socialmente pericolose. Il film racconta la loro imprevedibile amicizia, che porterà ad una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po' di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani. (da Comingsoon.it )
comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe classificate come socialmente pericolose. Il film racconta la loro imprevedibile amicizia, che porterà ad una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po' di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani. (da Comingsoon.it )
Per una buona mezz'ora abbiamo davvero pensato di aver sbagliato film, poi progressivamente, grazie anche all'eccezionale bravura delle due interpreti, abbiamo gradualmente rimesso insieme i pezzi e compreso come la fragilità di alcune persone possa in realtà nascondere una profonda umanità.E poi si sa, quando si toccano certi temi....
La conclusione che abbiamo tratto è stata che sì, il film valeva la pioggia della serata.
La conclusione che abbiamo tratto è stata che sì, il film valeva la pioggia della serata.
Per una valutazione più equilibrata della pellicola riporto di seguito due recensioni tratte dal web, non completamente concordi tra loro, ma certamente più autorevoli della nostra.
Due matte, nel senso letterale del termine, che nell'incoscienza più assoluta decidono di scappare per inseguire insieme la loro 'pazza gioia'. Una fuga fatta di incontri sfortunati, ma soprattutto una fuga che diviene l'opportunità per fare i conti con il proprio passato e i propri demoni interiori. Una fuga che le unirà sempre di più perché sono due donne che hanno un dolore in comune, quasi simile. Senza retorica e virtuosismi formali, Micaela e Valeria fanno vivere sul grande schermo due donne fragili e malate, che nella loro amicizia troveranno, forse, la loro ultima possibilità di salvezza e di guarigione.
Uscito
nelle sale cinematografiche italiane il 18 maggio, il nuovo film di
Paolo Virzì, 'La pazza gioia', è davvero un piccolo capolavoro. Il
regista, dopo le atmosfere
nordiche de 'Il capitale umano', ritorna a girare nella sua Toscana
dove ambienta una storia umanamente corrosiva che conquista lo spettatore sin
dalle prime immagini. In una casa di cura, Villa Biondi, per donne con disturbi
mentali, si incontrano Donatella e Beatrice, interpretate magistralmente da Micaela
Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Due donne, due matte,
completamente diverse nel corpo e nell'anima, che ritrovano nelle rispettive
solitudini il punto di approdo per un percorso di condivisione emotiva che le
porterà a scappare dalla struttura sanitaria in cui sono ospiti. Una fuga che
costituirà l'occasione per conoscersi, ma soprattutto un'opportunità per fare i
conti con il proprio passato e riappropriarsi, in qualche modo, del proprio
presente.
Due matte, nel senso letterale del termine, che nell'incoscienza più assoluta decidono di scappare per inseguire insieme la loro 'pazza gioia'. Una fuga fatta di incontri sfortunati, ma soprattutto una fuga che diviene l'opportunità per fare i conti con il proprio passato e i propri demoni interiori. Una fuga che le unirà sempre di più perché sono due donne che hanno un dolore in comune, quasi simile. Senza retorica e virtuosismi formali, Micaela e Valeria fanno vivere sul grande schermo due donne fragili e malate, che nella loro amicizia troveranno, forse, la loro ultima possibilità di salvezza e di guarigione.
Paolo Virzì, regista e sceneggiatore insieme a Francesca
Archibugi, realizza un ritratto di umana fragilità in cui le due protagoniste
devono fare i conti con le proprie idiosincrasie e con le loro (molteplici)
difficoltà a rapportarsi con il mondo. Un quadro di sana follia in cui la
pazzia assume contorni sfumati e i sentimenti più profondi vincono sulle
meschinità. Un film stratificato, che però spesso fatica a far convivere tutte
le proprie anime: parte come una commedia sul desiderio di evasione e giunge
nelle secche del quadro sentimentale un po' banalotto. Straordinaria l'alchimia
tra le due interpreti principali, con una elegantissima Valeria Bruni Tedeschi
perfetta nelle sue strampalate (ma spesso calibrate) esternazioni e una Micaela
Ramazzotti ben calata in un ruolo tutt'altro che semplice. La scrittura
puntuale dei personaggi non lesina in dettagli e acute osservazioni su usi e
costumi dell'Italia di oggi, ma lo sviluppo narrativo, con il passare dei
minuti, diventa sempre più incerto e discontinuo, come dimostra l'affannosa
ricerca del finale giusto. Molte intuizioni riuscite (l'ambientazione tra
Livorno, Viareggio e Montecatini, la spensieratezza da road-movie alla ricerca
di se stesse, la tenuta emotiva) ma anche parecchi scivoloni (la struttura
fragile e frammentaria della seconda parte, l'approfondimento sul passato di
Donatella condotto con flashback da fotoromanzo, la ricerca furbetta della
lacrima). Una fiaba al femminile capace di far ridere ed emozionare, con
pesanti lacune di sceneggiatura che compromettono il risultato finale.
L'omaggio a Thelma
& Louise (1991) c'è, ma passa abbastanza inosservato. Presentato
alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2016.
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