Quante volte camminando lungo la riva del mare ci siamo chinati per raccogliere una conchiglia seminascosta dalla sabbia e abbiamo ammirato la sua forma piccola ma perfetta; quante volte stringendo tra le mani un esemplare più evoluto l'abbiamo accostato all'orecchio sperando di sentire la voce del mare...
La conchiglia, grande o piccola che sia, è un oggetto di grande fascino che ha il potere di stimolare la nostra fantasia.
Ho condotto una piccola ricerca sulle leggende legate alla conchiglia nei vari paesi del mondo, ma sono tali e tante le storie che ho trovato che ho finito col perdermi.
Fra le tante cose che ho letto, ho salvato solo un racconto trovato sul sito www.raccontiepoesie.org, il cui autore si firma con lo pseudonimo "la fata blu". Spero che chiunque egli/ella sia, non ne abbia a male se lo ripropongo integralmente, perché vorrei condividere con gli amici questa fiaba che a me è piaciuta particolarmente.
C'era una volta su una
spiaggia tropicale una bellissima conchiglia fatta di sabbia e madreperla, a
forma di cono e tutta arabescata con volute e curve sinuose che nessuno
scultore al mondo avrebbe mai potuto immaginare.
La conchiglia se ne stava sola e malinconica sulla battigia: era lì da anni, centinaia di anni ed ormai conosceva tutto di quella spiaggia. Sapeva il nome di ogni granello di sabbia ed aveva visto passare intere dinastie di tartarughe che, ogni anno, venivano sulla spiaggia a depositare le uova. La conchiglia parlava volentieri con loro e col vento. Amava parlare soprattutto col vento dei tropici, amava sentire la sua calda voce che raccontava le cose che aveva visto in giro per il mondo.
La conchiglia se ne stava sola e malinconica sulla battigia: era lì da anni, centinaia di anni ed ormai conosceva tutto di quella spiaggia. Sapeva il nome di ogni granello di sabbia ed aveva visto passare intere dinastie di tartarughe che, ogni anno, venivano sulla spiaggia a depositare le uova. La conchiglia parlava volentieri con loro e col vento. Amava parlare soprattutto col vento dei tropici, amava sentire la sua calda voce che raccontava le cose che aveva visto in giro per il mondo.
Una volta il vento le aveva
detto che in un posto del mondo c'erano degli strani esseri che prendevano le
conchiglie belle come lei e le trattavano come fossero principesse: le pulivano
accuratamente, le mettevano tutte ben disposte in scatole di legno con il
coperchio di vetro, toglievano loro la polvere ogni giorno e tante più ne
avevano, tanto più si vantavano con gli altri e parevano essere felici.
Passavano i giorni e la conchiglia pensava sempre a quello che aveva detto il vento, a quei posti nuovi e a quelle persone felici solo di guardare le conchiglie ed accudirle.
E a forza di pensare decise che sarebbe andata in giro per il mondo a cercare qualcuno da rendere felice, qualcuno che si occupasse di lei, che la spolverasse e accarezzasse ogni giorno.
Decisa a partire chiese al vento di portarla via, ma il vento le rispose: "Amica mia, sei troppo pesante e non riuscirei a sostenerti con il mio soffio per tutta la durata del viaggio, però ti posso aiutare a raggiungere la riva e chiedere alla mia amica onda di portarti dove vuoi."
La sospinse vicino alla riva e chiamò l'onda più bella e alta che conosceva: l'onda arrivò e si fermò a pochi passi dalla riva, fece conoscenza con la conchiglia e accettò di portarla con sé nei suoi viaggi per il mare.
"Salta su - le disse - e tieniti forte che si parte!"
Il vento adagiò la conchiglia sulla groppa dell'onda e salutò le due amiche che partirono verso occidente seguendo la corrente. Sulla cresta dell'onda la conchiglia sentiva la calda brezza estiva che la accarezzava: non si era mai mossa dalla sua spiaggia e finora non aveva mai visto il mare dall'alto di un'onda. Tutte queste novità la riempivano di euforia e di sensazioni che non aveva mai provato prima; era bello, eppure era anche terribile pensare di essere affidata ad un'onda, un insieme di acqua, nulla di solido come il corallo o gli alberi o la sabbia. Che strano doversi affidare a qualcosa senza forma solida per poter viaggiare liberamente. Che strano...
Passavano i giorni e la conchiglia pensava sempre a quello che aveva detto il vento, a quei posti nuovi e a quelle persone felici solo di guardare le conchiglie ed accudirle.
E a forza di pensare decise che sarebbe andata in giro per il mondo a cercare qualcuno da rendere felice, qualcuno che si occupasse di lei, che la spolverasse e accarezzasse ogni giorno.
Decisa a partire chiese al vento di portarla via, ma il vento le rispose: "Amica mia, sei troppo pesante e non riuscirei a sostenerti con il mio soffio per tutta la durata del viaggio, però ti posso aiutare a raggiungere la riva e chiedere alla mia amica onda di portarti dove vuoi."
La sospinse vicino alla riva e chiamò l'onda più bella e alta che conosceva: l'onda arrivò e si fermò a pochi passi dalla riva, fece conoscenza con la conchiglia e accettò di portarla con sé nei suoi viaggi per il mare.
"Salta su - le disse - e tieniti forte che si parte!"
Il vento adagiò la conchiglia sulla groppa dell'onda e salutò le due amiche che partirono verso occidente seguendo la corrente. Sulla cresta dell'onda la conchiglia sentiva la calda brezza estiva che la accarezzava: non si era mai mossa dalla sua spiaggia e finora non aveva mai visto il mare dall'alto di un'onda. Tutte queste novità la riempivano di euforia e di sensazioni che non aveva mai provato prima; era bello, eppure era anche terribile pensare di essere affidata ad un'onda, un insieme di acqua, nulla di solido come il corallo o gli alberi o la sabbia. Che strano doversi affidare a qualcosa senza forma solida per poter viaggiare liberamente. Che strano...
L'onda la portò a lungo in
giro per il mare, le fece vedere gli oceani, la portò a visitare i ghiacci, le
mostrò dove nasce l'acqua del mare ed infine la portò di nuovo sulla
terraferma, su una spiaggia dove di solito gli strani esseri che amavano le
conchiglie venivano a cercarle.
"Siamo arrivati - le disse l'onda - ora ti poserò sulla riva e vedrai che tra breve arriverà qualcuno a prenderti per accudirti ed essere felice di guardarti e mostrarti agli amici. Io ritorno a girare per il mare, ma, di qualsiasi cosa dovessi avere bisogno, affida un messaggio alle mie sorelle o al vento e tornerò da te." "Grazie - rispose la conchiglia - grazie del passaggio e della tua amicizia. Addio."
"Di nulla, amica mia - disse l'onda allontanandosi - abbiamo fatto molta strada insieme e il lungo cammino crea le amicizie. Addio e buona fortuna."
La conchiglia si voltò in direzione del sole e si preparò ad aspettare uno di quegli esseri strani che amavano le conchiglie. Poco dopo ne arrivò uno, con uno strano abbigliamento morbido, ben diverso dalla madreperla di cui era vestita lei e la conchiglia capì subito perché quegli esseri amavano le conchiglie. Lo strano essere aveva un contenitore in cui la sistemò dopo averla guardata a lungo stupito e con gli occhi colmi di gioia. Allora era vero: anche una conchiglia poteva essere fonte di felicità!
Il cuore della conchiglia batteva a mille all'ora e batté ancora più forte quando l'uomo la estrasse dal contenitore e iniziò a pulirla delicatamente con un pennellino.
"Com'è delicato - pensava la conchiglia - si vede che deve tenere molto a me. Come sono felice!" Dopo averla pulita l'uomo la mise in una di quelle scatole col coperchio di vetro di cui la conchiglia aveva sentito parlare, una bella scatola col fondo di morbido velluto rosso. La mise al centro della scatola, tra poche altre conchiglie belle quasi come lei, tutte pulite e ben ordinate.
Passavano i giorni e ogni tanto l'uomo veniva a guardare le sue conchiglie e portava degli altri uomini a vederle e si vantava con loro di quante ne avesse e quanto fossero belle e specialmente quest'ultima che aveva trovato, che era la più bella e luminosa di tutte e diceva a tutti quanto fosse orgoglioso di lei .
La conchiglia gongolava dentro di sé, gioiva e si illuminava sempre di più.
Passò altro tempo, e mano a mano che il tempo passava la conchiglia si abituò alle visite dell'uomo e ad esser pulita ed accudita, a volte da lui o da un altro essere che lui chiamava "Cara" o da un altro essere più piccino che entrambi chiamavano "Piccolo".
"Siamo arrivati - le disse l'onda - ora ti poserò sulla riva e vedrai che tra breve arriverà qualcuno a prenderti per accudirti ed essere felice di guardarti e mostrarti agli amici. Io ritorno a girare per il mare, ma, di qualsiasi cosa dovessi avere bisogno, affida un messaggio alle mie sorelle o al vento e tornerò da te." "Grazie - rispose la conchiglia - grazie del passaggio e della tua amicizia. Addio."
"Di nulla, amica mia - disse l'onda allontanandosi - abbiamo fatto molta strada insieme e il lungo cammino crea le amicizie. Addio e buona fortuna."
La conchiglia si voltò in direzione del sole e si preparò ad aspettare uno di quegli esseri strani che amavano le conchiglie. Poco dopo ne arrivò uno, con uno strano abbigliamento morbido, ben diverso dalla madreperla di cui era vestita lei e la conchiglia capì subito perché quegli esseri amavano le conchiglie. Lo strano essere aveva un contenitore in cui la sistemò dopo averla guardata a lungo stupito e con gli occhi colmi di gioia. Allora era vero: anche una conchiglia poteva essere fonte di felicità!
Il cuore della conchiglia batteva a mille all'ora e batté ancora più forte quando l'uomo la estrasse dal contenitore e iniziò a pulirla delicatamente con un pennellino.
"Com'è delicato - pensava la conchiglia - si vede che deve tenere molto a me. Come sono felice!" Dopo averla pulita l'uomo la mise in una di quelle scatole col coperchio di vetro di cui la conchiglia aveva sentito parlare, una bella scatola col fondo di morbido velluto rosso. La mise al centro della scatola, tra poche altre conchiglie belle quasi come lei, tutte pulite e ben ordinate.
Passavano i giorni e ogni tanto l'uomo veniva a guardare le sue conchiglie e portava degli altri uomini a vederle e si vantava con loro di quante ne avesse e quanto fossero belle e specialmente quest'ultima che aveva trovato, che era la più bella e luminosa di tutte e diceva a tutti quanto fosse orgoglioso di lei .
La conchiglia gongolava dentro di sé, gioiva e si illuminava sempre di più.
Passò altro tempo, e mano a mano che il tempo passava la conchiglia si abituò alle visite dell'uomo e ad esser pulita ed accudita, a volte da lui o da un altro essere che lui chiamava "Cara" o da un altro essere più piccino che entrambi chiamavano "Piccolo".
Piano piano, però, si rese
conto di non essere l'unica causa di felicità di quelle persone e che, quando
erano tristi, lei non ci poteva fare nulla e questa cosa la faceva stare male.
Più passava il tempo e più la conchiglia perdeva il gusto di essere accudita: non le interessava più essere al centro dell'attenzione, se doveva in cambio restare chiusa in una scatola senza sentire più la calda brezza estiva sulla pelle e senza poter vedere la luce del sole.
Lentamente si rese conto di aver barattato la propria libertà con una impressione di felicità, ma soprattutto con l'idea di poter essere la causa di felicità di qualcuno. Si stava rendendo conto che non era così, che il suo potere era assai limitato e che per esercitare quel poco potere, aveva rinunciato alla libertà. Il giorno dopo il "piccolo" venne per pulire le conchiglie e vide che il velluto su cui era posata l'ultima conchiglia - la più bella - era bagnato. La sollevò e vide che la conchiglia era bagnata: da due piccole fessure tra le volute stavano uscendo grosse gocce d'acqua e, tenendola in mano, la conchiglia pareva sussultare delicatamente.
Come sapete i bambini sentono e possono fare molte più cose degli adulti, così il bambino la avvicinò all'orecchio e la sentì piangere e si rattristò per quella conchiglia così bella eppure così triste.
La guardò e le chiese "Perché piangi?". La conchiglia rispose singhiozzando: "Mi sento in gabbia: pensavo di poter essere felice dando la felicità a qualcuno e invece ho perso la mia libertà e non ho fatto felice nessuno, se non per pochi istanti."
"Ma tu hai fatto felice mio padre, mia madre e me e doni felicità a tutti quelli che vengono per vedere la tua bellezza, le tue forme e i tuoi colori e per questo sei tenuta pulita, spolverata e sei adagiata su un morbido panno di velluto." disse il bambino. La conchiglia singhiozzando rispose: "E' vero, ma sono solo pochi istanti. E poi non sono io la causa della loro felicità, anche se la mia bellezza la può accendere. E mi vedono solo le persone che volete voi. E tutte le altre? E le tartarughe della mia spiaggia dove sono? E il caldo vento dei tropici che mi accarezzava e mi toglieva la sabbia di dosso al tramonto dove è finito? Non lo sento più chiusa dentro la scatola di legno e vetro! Mi manca il mare e non sento più il rumore delle onde e i gabbiani che volano felici nel cielo! Oh, il rumore del mare e della risacca, quanto mi manca..."
Il bambino si commosse al sentire il dolore e la solitudine della conchiglia e le chiese: "Piccola compagna cosa posso fare per porre fine alla tua tristezza?"
E la conchiglia rispose: "Riportami sulla spiaggia di modo che io possa ritrovare la mia amica onda e riacquistare la mia libertà ."
"Ma io non ti rivedrò più! E non voglio che sia così!" rispose il bambino.
"Se davvero mi vuoi bene lasciami libera, sennò ne morirò e tu mi perderai comunque e nessuno potrà più gioire della mia bellezza e poi, chissà, forse un giorno potremmo rincontrarci."
Il bambino pianse a lungo insieme alla conchiglia, ma poiché, come tutti i bambini era saggio ed amava la Vita sopra ogni altra cosa, la portò fino sulla riva del mare e lì la lasciò.
Si allontanò un poco e stette a guardare e quello che vide fu un'onda meravigliosa avvicinarsi a riva e fermarsi a pochi passi senza frangersi. Gli pareva quasi che l'onda e la conchiglia parlassero, mentre intorno tutto pareva essersi fermato, finché un alito di vento sollevò la conchiglia e la adagiò sulla cresta dell'onda che si voltò e si diresse verso il mare aperto.
Durante il tragitto la conchiglia raccontò all'onda ciò che era successo e come la cosa che la facesse più soffrire nella prigione di legno e vetro fosse il silenzio e il non sentire più il rumore del mare.
Commosso da ciò il mare, quello stesso giorno donò a tutte le conchiglie un po' di sé per fare in modo che quelle prese dagli uomini si sentissero un po' meno sole.
E' per questo che, ancora oggi, appoggiando una conchiglia all'orecchio si può sentire il rumore della risacca: quel suono è il dono che il mare ha fatto al popolo delle conchiglie per alleviare la loro solitudine nella prigionia delle scatole degli uomini. Nel frattempo il bambino é cresciuto, è diventato un uomo senza aver bisogno di diventare per forza adulto e, ricordandosi della sua conchiglia, è cresciuto forte e saggio.
Oggi è il più grande collezionista di conchiglie del mondo.
In tutto l'universo non ce n'è uno uguale: ha la più grande e bella collezione di conchiglie che esista e ... che tiene sparsa sulle spiagge di tutto il mondo.
Più passava il tempo e più la conchiglia perdeva il gusto di essere accudita: non le interessava più essere al centro dell'attenzione, se doveva in cambio restare chiusa in una scatola senza sentire più la calda brezza estiva sulla pelle e senza poter vedere la luce del sole.
Lentamente si rese conto di aver barattato la propria libertà con una impressione di felicità, ma soprattutto con l'idea di poter essere la causa di felicità di qualcuno. Si stava rendendo conto che non era così, che il suo potere era assai limitato e che per esercitare quel poco potere, aveva rinunciato alla libertà. Il giorno dopo il "piccolo" venne per pulire le conchiglie e vide che il velluto su cui era posata l'ultima conchiglia - la più bella - era bagnato. La sollevò e vide che la conchiglia era bagnata: da due piccole fessure tra le volute stavano uscendo grosse gocce d'acqua e, tenendola in mano, la conchiglia pareva sussultare delicatamente.
Come sapete i bambini sentono e possono fare molte più cose degli adulti, così il bambino la avvicinò all'orecchio e la sentì piangere e si rattristò per quella conchiglia così bella eppure così triste.
La guardò e le chiese "Perché piangi?". La conchiglia rispose singhiozzando: "Mi sento in gabbia: pensavo di poter essere felice dando la felicità a qualcuno e invece ho perso la mia libertà e non ho fatto felice nessuno, se non per pochi istanti."
"Ma tu hai fatto felice mio padre, mia madre e me e doni felicità a tutti quelli che vengono per vedere la tua bellezza, le tue forme e i tuoi colori e per questo sei tenuta pulita, spolverata e sei adagiata su un morbido panno di velluto." disse il bambino. La conchiglia singhiozzando rispose: "E' vero, ma sono solo pochi istanti. E poi non sono io la causa della loro felicità, anche se la mia bellezza la può accendere. E mi vedono solo le persone che volete voi. E tutte le altre? E le tartarughe della mia spiaggia dove sono? E il caldo vento dei tropici che mi accarezzava e mi toglieva la sabbia di dosso al tramonto dove è finito? Non lo sento più chiusa dentro la scatola di legno e vetro! Mi manca il mare e non sento più il rumore delle onde e i gabbiani che volano felici nel cielo! Oh, il rumore del mare e della risacca, quanto mi manca..."
Il bambino si commosse al sentire il dolore e la solitudine della conchiglia e le chiese: "Piccola compagna cosa posso fare per porre fine alla tua tristezza?"
E la conchiglia rispose: "Riportami sulla spiaggia di modo che io possa ritrovare la mia amica onda e riacquistare la mia libertà ."
"Ma io non ti rivedrò più! E non voglio che sia così!" rispose il bambino.
"Se davvero mi vuoi bene lasciami libera, sennò ne morirò e tu mi perderai comunque e nessuno potrà più gioire della mia bellezza e poi, chissà, forse un giorno potremmo rincontrarci."
Il bambino pianse a lungo insieme alla conchiglia, ma poiché, come tutti i bambini era saggio ed amava la Vita sopra ogni altra cosa, la portò fino sulla riva del mare e lì la lasciò.
Si allontanò un poco e stette a guardare e quello che vide fu un'onda meravigliosa avvicinarsi a riva e fermarsi a pochi passi senza frangersi. Gli pareva quasi che l'onda e la conchiglia parlassero, mentre intorno tutto pareva essersi fermato, finché un alito di vento sollevò la conchiglia e la adagiò sulla cresta dell'onda che si voltò e si diresse verso il mare aperto.
Durante il tragitto la conchiglia raccontò all'onda ciò che era successo e come la cosa che la facesse più soffrire nella prigione di legno e vetro fosse il silenzio e il non sentire più il rumore del mare.
Commosso da ciò il mare, quello stesso giorno donò a tutte le conchiglie un po' di sé per fare in modo che quelle prese dagli uomini si sentissero un po' meno sole.
E' per questo che, ancora oggi, appoggiando una conchiglia all'orecchio si può sentire il rumore della risacca: quel suono è il dono che il mare ha fatto al popolo delle conchiglie per alleviare la loro solitudine nella prigionia delle scatole degli uomini. Nel frattempo il bambino é cresciuto, è diventato un uomo senza aver bisogno di diventare per forza adulto e, ricordandosi della sua conchiglia, è cresciuto forte e saggio.
Oggi è il più grande collezionista di conchiglie del mondo.
In tutto l'universo non ce n'è uno uguale: ha la più grande e bella collezione di conchiglie che esista e ... che tiene sparsa sulle spiagge di tutto il mondo.
che bella storia....c'è sempre da imparare!
RispondiEliminaUn dolcissimo racconto... se veramente la natura potesse parlare.. quante cose racconterebbe....
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