martedì 28 febbraio 2017

Imparaticci




Le origini del ricamo sono molto lontane nel tempo: già nell'antico Egitto se ne faceva uso e anche i Bizantini erano grandi esperti in quest'arte, principalmente per adornare le vesti degli Esarca, governatori residenti a Ravenna su mandato degli Imperatori d'Oriente, il cui governo durò fino al 751 d.C.
In epoca rinascimentale il Botticelli, come racconta il Vasari, creava cartoni per i Maestri Ricamatori del suo tempo, così come facevano il Pollaiolo, il Ghirlandaio, Raffaellino del Garbo, ricamatore lui stesso fino all'età di 26 anni.
Fino al XV secolo a Firenze i ricamatori erano iscritti alla importante corporazione "Arte della Seta" alla quale appartenevano solo uomini. Farne parte significava possedere una grande professionalità.
Solo nei secoli successivi il ricamo passò nei conventi e divenne oggetto di lavoro e di diletto prevalentemente femminili. Anche in Inghilterra, al tempo di Elisabetta I, le corporazioni dei ricamatori erano esclusivamente maschili.
Insomma, comunque  si voglia raccontare la sua storia, il ricamo nei secoli è diventato, a certi livelli, una vera e propria forma d'arte e in quanto tale, per essere praticata, necessita di una tecnica - in realtà più d'una - e di modelli di riferimento a cui ricorrere per l'apprendimento
 
 
 
 
 
Oggi ci sono riviste specializzate che danno indicazioni, mostrano immagini, forniscono schemi, corredandoli a volte di tessuti, filati e tutto quanto serve per la realizzazione di un particolare tipo di ricamo, ma un tempo non era così.
Io stessa ricordo che quando frequentavo la scuola media dalle Suore Sacramentine, veniva chiesto alle alunne di portare una striscia di tela su cui riportare , durante la lezione di economia domestica, le diverse tecniche - i "punti" - adottate per realizzare un ricamo. Una specie di promemoria, che ha preso il nome di "imparaticcio".
 
 

Probabilmente questa abitudine è antica, ma il nome con cui viene specificatamente indicata , nasce nel XVI secolo e cambia da un paese all'altro; in Inghilterra si chiama  "sampler " dal latino exemplum, in Francia "marquoir" per via della consuetudine di marcare la biancheria con le cifre, e in Italia "imparaticcio" come strumento di apprendimento.
 
L'imparaticcio più antico che si conosca è conservato nel Victoria & Albert Museum , a Londra ,ed è conosciuto come Sampler di Jane Bestocke, 1598.
 
 

Nel XVI secolo il ricamo viene sempre più diffusamente praticato come passatempo dalle dame  tra le mura dei castelli.
Gli imparaticci sono in genere strisce di lino su cui vengono riportati in seta modelli di riferimento a cui ispirarsi.






Nel secolo successivo gli imparaticci tendono a perdere la loro natura di campionario , dal momento che si diffondono i primi libri che riportano modelli  e motivi di ricami; diventano lavori personalizzati, realizzati spesso nell'ambito di un programma educativo  didattico, dei quali si desidera lasciare un ricordo, con una data e una firma.

 
 



Gli alfabeti compaiono per la prima volta nel 1643 e vengono riportate sulla tela tutte le lettere, maiuscole, minuscole, di dimensioni e forme diverse, così come i numeri . In questo modo le giovani ricamatrici imparavano a leggere e a scrivere, e a "marcare" i capi di biancheria della ricca dote delle spose dell'aristocrazia.





 
 


Con il trascorrere del tempo l'imparaticcio diventa sempre più un oggetto decorativo. Vengono introdotti motivi architettonici, grandi case, templi, mulini a vento, pagode  e scene di vita pastorale, con cervi, cani e molti altri animali.
















Sia in Europa che negli Stati Uniti vengono inseriti sempre più frequentemente simboli religiosi, come se gli imparaticci avessero una funzione morale ed educativa.
In alcuni vengono aggiunte citazioni o interi brani religiosi. Un esempio illustre è quello delle sorelle Bronte che nel 1722 ricamarono su un imparaticcio un intero salmo.









Forse proprio a causa della complessità del contenuto, viene usato sempre più spesso il punto croce con le sue varianti.
Nell'800 il linguaggio degli imparaticci resta immutato, salvo l'inserimento di alcune scritte e immagini suggerite dal Romanticismo.
Oltre al lino, si utilizzano la tela di canapa e il cotone, e i filati di seta vengono sostituiti da quelli in cotone dai colori sempre più brillanti grazie al progresso della chimica.

















Sarebbe lecito supporre che il XX secolo e, soprattutto il XXI, abbiano decretato la morte dell'imparaticcio : non è così.
Non lo è per le persone che apprezzano ciò che di bello il passato ci ha lasciato e ci ha insegnato . Oggi gli imparaticci sono oggetto di collezionismo e nei mercatini se ne trovano a volte esemplari preziosi.
C'è inoltre una folta schiera di signore appassionate di punto croce che continua la tradizione ed espone nelle mostre e nelle fiere pregevoli lavori frutto di particolari capacità e creatività.
E poi ci sono tutte le altre, quelle come me , che pur non essendo capaci di consegnare ai posteri esemplari di imparaticci degni di nota, hanno trovato divertimento e relax   giocando con le crocette.














AUGURI

 
 
 
 




Ho cercato tra equazioni e logaritmi, tra i numeri primi e quelli relativi, tra prodotti vettoriali e assi cartesiani, una formula che ti consentisse di trascorrere una giornata di compleanno perfetta :
" Chiudere gli occhi, stringere i pugni e pensare a tutti quelli che ti vogliono bene che sono davvero tanti ".
Funzionerà ?!?! Spero proprio di sì, perché io sono tra loro...

                           BUON COMPLEANNO


lunedì 27 febbraio 2017

Maschere

La maschera è un manufatto che si indossa per ricoprire l'intero viso o solamente gli occhi. È utilizzata fin dalla preistoria per rituali religiosi, ma la si ritrova anche nelle rappresentazioni teatrali o in feste popolari come il carnevale.

Comune a innumerevoli popolazioni era l'utilizzo di tale simbolo sin dall'età arcaica, si configura come un efficace mezzo di comunicazione tra gli uomini e le divinità. Colui che indossa la maschera perde la propria identità per assumere quella dall'oggetto rituale rappresentata.



La maschera veniva, in alcune civiltà, utilizzata per uso funerario: un esempio significativo di questo uso è presente presso la civiltà egizia, micenea, fenicia, punica e greca. 

Testimone illustre dell'utilizzo rituale della maschera è Virgilio, che in un passo delle Georgiche (Georgiche II, 380 sgg.) descrive le maschere indossate in onore di Bacco, in un clima celebrativo gioioso e spensierato, come “ora horrenda”. 


Nel teatro greco le maschere avevano la doppia funzione di caratterizzare il personaggio e di fungere da cassa di risonanza sonora per amplificare la voce e rendere più udibili i dialoghi.

Nella Venezia del medioevo, durante le pestilenze, i medici erano soliti indossare una maschera il cui lungo naso veniva riempito di spezie a un doppio scopo: in primo luogo coprire i miasmi emanati dai corpi degli appestati e secondariamente offrire una difesa, seppur debole, dal contagio per l'inalazione dell'aria. Tale oggetto viene appunto definito "maschera dello speziale".

Oggi le maschere sono sinonimo di carnevale, quando si ha voglia di giocare, travestirsi e nascondere la propria identità. Esistono svariati tipi di maschere e tutti le conoscono; io ne ho trovato una serie piuttosto interessante perchè pur celando solamente gli occhi, trasforma tutto il volto, rendendolo veramente irriconoscibile, tanto che guardando una fotografia dei miei fratelli con mio figlio così celati, non sono riuscita a riconoscerli l'uno dall'altro.































domenica 26 febbraio 2017

Bordeaux e granati

 Bordeaux: parola che ha diversi significati, tutti concatenati fra di loro.





Bordeaux- la città:Il primo nome di Bordeaux fu Burdigala, in epoca romana. A livello linguistico, l'appellativo del periodo latino potrebbe essere un nome basco-aquitano: in tali lingue, infatti, Burdi significherebbe ferro, mentre Gala fonte. Burdigala potrebbe quindi significare Fonte du fer ("fonte del ferro" o "fusione del ferro"), indicando un luogo in cui si sarebbero forgiate armi, utensili e/o altri oggetti d'uso quotidiano. Il nome si sarebbe in seguito evoluto in Bordigala, poi in Bordale in basco, Bordèu in guascone e infine in Bordeaux in francese.





Bordeaux- il vino:  è uno dei vini francesi maggiormente conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo.
Viene prodotto nei dintorni della città di Bordeax, nelle terre situate lungo i fiumi Garonna  e Dordogna. I vini Bordeaux sono rossi, bianchi secchi o liquorosi, o rosé, e sono elaborati soprattutto a partire dai seguenti vitigni.





Bordeaux- il colore:  il Bordeaux, o Bordò, può essere considerato come una tonalità scura del Rosso.Ha tre varianti:

ROSSO BORDEAUX: è in pratica una mescolanza di viola e marrone. Il nome deriva dall’omonimo vino rosso francese.
ROSSO GRANATA: è un rosso scuro, simile al bordeaux. Il suo nome deriva dal colore dei chicchi della melagrana. 
ROSSO AMARANTO: è un rosso cupo, simile al granata, una versione scura tra scarlatto e cremisi. È il colore tipico dei fiori dell’amaranto, dai quali prende il nome.






Sta bene a chi ha la carnagione chiara e chi ce l’ha scura, alle bionde e alle more, passando per ogni altra sfumatura, a chi ha occhi azzurri, a chi li ha verdi e anche a chi li ha castani o neri. Insomma, il bordeaux è un colore che non fa differenza e che si sposa con ogni stile e si presta ad ogni esigenza. 

La persona che predilige il colore Bordeaux ha temperamento forte e gran bisogno di affermazione personale e professionale. E' persona molto determinata in tutto ciò che fa, cerca di ottenere quello che vuole e soprattutto cerca certezze sia negli affetti che nel lavoro. 
Spesso questa forte personalità può essere scambiata dagli altri per ambizione e freddezza verso il prossimo.













Chi ama questo colore è una persona che per trovare se stessa tende ad auto-analizzarsi e si fida poco dell’opinione delle persone che la circondano. Quando trova delle persone di cui fidarsi, cerca di mettersi al centro dell’attenzione e di far vivere momenti di gioia alle persone che ama. Non ama particolarmente la natura, ma preferisce rifugiarsi in un luogo d’arte.






La pietra preziosa di colore bordeaux è il granato.

Dato il suo colore rosso trasparente, i popoli antichi associavano il granato al sangue. Le culture indigene del Brasile lo chiamavano il sangue della terra e lo consideravano responsabile della fertilità del suolo e della ricchezza della vegetazione tropicale.

Il granato corrisponde nel Medioevo al carbonchio, la leggendaria pietra che risplende al buio e dona luce e speranza alle anime che si trovano nell’oscurità, oltre a preservare dalle malattie degli occhi e dalla peste.



Era considerata anche la pietra degli eroi, cioè era dedicata a coloro che erano in grado di sopportare dure prove per dimostrare il loro coraggio: infatti il granato ha un aspetto insignificante quando è grezzo, ma diventa luminoso se lavorato, dunque rappresenta una metafora della trasformazione e della crescita dell’individuo.

Durante le guerre, si usava incastonare il granato sugli scudi e sull’impugnatura delle spade come protezione.




Rafforza il desiderio di affermarsi, l’impegno personale a favore dell’interesse collettivo e la capacità di collaborare in armonia. Poiché è votata a portare lo spirito di devozione verso se stessi e gli altri è anche chiamata pietra della promessa.





Il granato promuove la fiducia in se stessi, la forza di volontà e la gioia di vivere, dona la capacità di considerare gli ostacoli come sfide fondamentali per la crescita e la felicità. Infonde coraggio, speranza e ottimismo.



Il granato rafforza la creatività e lo sviluppo di nuove idee insieme alla capacità di realizzarle, al di là dell’ambiente esterno. Potenzia l’energia e sviluppa l’efficienza e l’attenzione.