Siamo nel 1848, quando il ventiquattrenne Alexandre Dumas, figlio omonimo del celebre autore dei Tre moschettieri e del Conte di Montecristo, dà alle stampe il suo secondo romanzo, La signora delle camelie: la storia è scandalosa, la scrittura impeccabile e avvincente, il successo fulmineo e clamoroso.
Scatta immediata l’azione repressiva della censura: il romanzo, che si svolge nel tempo in cui è stato scritto, è la trasposizione letteraria di un fatto vero e di un ambiente sociale – quello dell’aristocrazia e dell’alta borghesia parigina – i cui personaggi sono riconducibili a uomini e donne in carne ed ossa, appena velati da nomi di invenzione.
Ma quel che soprattutto salta agli occhi è la riconoscibilità della sua protagonista: Marguerite Gautier, la bellissima mantenuta di molti signori altolocati, altri non è che Marie Duplessis, morta l’anno prima di tisi, poco più che ventenne. Regina delle cosiddette lorettes, era stata l’amante dello stesso Dumas, di Franz Liszt e del giovane Duca di Guiche, il cui potente padre le aveva intimato di rompere la relazione con il figlio per una questione di onore familiare.
Quest’ultima vicenda e la sua personale forniscono a Dumas gli elementi principali della trama, da cui emerge con realismo cinico e spietato - per quanto intriso di passione romantica - l’immoralità imperante nelle classi agiate, nonché la triste condizione di quelle ragazze avvenenti e di umili natali costrette ad una prostituzione d’alto bordo.
La straordinaria affermazione del libro induce Dumas a scriverne la versione teatrale, che andrà in scena il 2 febbraio 1852 con Sarah Bernard come interprete principale. Anche in questo caso il successo è travolgente: l’autore ha apportato parecchie variazioni rispetto alla storia iniziale, smorzandone la critica sociale e accentuando gli aspetti melodrammatici, con scene ad effetto che scatenano la commozione e l’entusiasmo del pubblico.
In questa veste arriva a Giuseppe Verdi che, con Francesco Maria Piave, vi apporta ulteriori cambiamenti, funzionali all’impianto e allo slancio lirico di un dramma per musica.
Ed è così che la sera del 6 marzo 1853, al Teatro La Fenice di Venezia, si dà la prima rappresentazione de La Traviata.
Se nella Parigi libertina e ipocrita Dumas aveva incontrato non poche difficoltà, nell’Italia attraversata dall’impeto risorgimentale, ma pur sempre con un assetto istituzionale fermo al Medioevo, Verdi vedrà innalzare intorno a sé e al suo capolavoro gli ostacoli di una burocrazia ottusa e di un moralismo retrivo e provinciale: l’opera, infatti, al suo debutto sarà un fiasco, forse per l’inadeguatezza dei cantanti, di certo per l’audace ambientazione contemporanea, in contrasto con il gusto del pubblico. Ma un anno dopo, sempre a Venezia, al Teatro San Benedetto, con un nuovo cast e con scene e costumi retrodatati al Settecento, La Traviata otterrà una trionfale consacrazione.
E il successo dell'opera è continuato nel tempo, anche grazie a magnifiche interpreti, come la Callas, bellissima e tragica.
Nei vari passaggi – da romanzo a dramma a opera lirica – la storia subisce numerose modifiche: cambiano i nomi dei personaggi (quelli che per Dumas sono Margherita Gautier, Armando e Giorgio Duval, diventano per Verdi Violetta Valéry, Alfredo e Giorgio Germont); vengono inseriti episodi non presenti nel racconto d’origine (ad esempio, il finale, che nel romanzo vede Margherita morire sola e abbandonata, mentre nel dramma e nella versione verdiana i due amanti si riconciliano, sul letto di morte di lei, in un abbraccio consolatorio e purificatore).
Ciò che rimane immutato è il mito dell’amore romantico, incarnato dalla Signora delle camelie, che troverà ampio spazio nel cinema, sin dall’epoca del muto, per culminare nell’interpretazione della divina Greta Garbo, e continuare poi in altri film e adattamenti televisivi, fino a Pretty Woman.
(http://www.laterzaisola.it/index.php/proposta/show/id/5)
Scatta immediata l’azione repressiva della censura: il romanzo, che si svolge nel tempo in cui è stato scritto, è la trasposizione letteraria di un fatto vero e di un ambiente sociale – quello dell’aristocrazia e dell’alta borghesia parigina – i cui personaggi sono riconducibili a uomini e donne in carne ed ossa, appena velati da nomi di invenzione.
Ma quel che soprattutto salta agli occhi è la riconoscibilità della sua protagonista: Marguerite Gautier, la bellissima mantenuta di molti signori altolocati, altri non è che Marie Duplessis, morta l’anno prima di tisi, poco più che ventenne. Regina delle cosiddette lorettes, era stata l’amante dello stesso Dumas, di Franz Liszt e del giovane Duca di Guiche, il cui potente padre le aveva intimato di rompere la relazione con il figlio per una questione di onore familiare.
Quest’ultima vicenda e la sua personale forniscono a Dumas gli elementi principali della trama, da cui emerge con realismo cinico e spietato - per quanto intriso di passione romantica - l’immoralità imperante nelle classi agiate, nonché la triste condizione di quelle ragazze avvenenti e di umili natali costrette ad una prostituzione d’alto bordo.
La straordinaria affermazione del libro induce Dumas a scriverne la versione teatrale, che andrà in scena il 2 febbraio 1852 con Sarah Bernard come interprete principale. Anche in questo caso il successo è travolgente: l’autore ha apportato parecchie variazioni rispetto alla storia iniziale, smorzandone la critica sociale e accentuando gli aspetti melodrammatici, con scene ad effetto che scatenano la commozione e l’entusiasmo del pubblico.
Ma quel che soprattutto salta agli occhi è la riconoscibilità della sua protagonista: Marguerite Gautier, la bellissima mantenuta di molti signori altolocati, altri non è che Marie Duplessis, morta l’anno prima di tisi, poco più che ventenne. Regina delle cosiddette lorettes, era stata l’amante dello stesso Dumas, di Franz Liszt e del giovane Duca di Guiche, il cui potente padre le aveva intimato di rompere la relazione con il figlio per una questione di onore familiare.
Quest’ultima vicenda e la sua personale forniscono a Dumas gli elementi principali della trama, da cui emerge con realismo cinico e spietato - per quanto intriso di passione romantica - l’immoralità imperante nelle classi agiate, nonché la triste condizione di quelle ragazze avvenenti e di umili natali costrette ad una prostituzione d’alto bordo.
La straordinaria affermazione del libro induce Dumas a scriverne la versione teatrale, che andrà in scena il 2 febbraio 1852 con Sarah Bernard come interprete principale. Anche in questo caso il successo è travolgente: l’autore ha apportato parecchie variazioni rispetto alla storia iniziale, smorzandone la critica sociale e accentuando gli aspetti melodrammatici, con scene ad effetto che scatenano la commozione e l’entusiasmo del pubblico.
In questa veste arriva a Giuseppe Verdi che, con Francesco Maria Piave, vi apporta ulteriori cambiamenti, funzionali all’impianto e allo slancio lirico di un dramma per musica.
Ed è così che la sera del 6 marzo 1853, al Teatro La Fenice di Venezia, si dà la prima rappresentazione de La Traviata.
Se nella Parigi libertina e ipocrita Dumas aveva incontrato non poche difficoltà, nell’Italia attraversata dall’impeto risorgimentale, ma pur sempre con un assetto istituzionale fermo al Medioevo, Verdi vedrà innalzare intorno a sé e al suo capolavoro gli ostacoli di una burocrazia ottusa e di un moralismo retrivo e provinciale: l’opera, infatti, al suo debutto sarà un fiasco, forse per l’inadeguatezza dei cantanti, di certo per l’audace ambientazione contemporanea, in contrasto con il gusto del pubblico. Ma un anno dopo, sempre a Venezia, al Teatro San Benedetto, con un nuovo cast e con scene e costumi retrodatati al Settecento, La Traviata otterrà una trionfale consacrazione.
E il successo dell'opera è continuato nel tempo, anche grazie a magnifiche interpreti, come la Callas, bellissima e tragica.
Nei vari passaggi – da romanzo a dramma a opera lirica – la storia subisce numerose modifiche: cambiano i nomi dei personaggi (quelli che per Dumas sono Margherita Gautier, Armando e Giorgio Duval, diventano per Verdi Violetta Valéry, Alfredo e Giorgio Germont); vengono inseriti episodi non presenti nel racconto d’origine (ad esempio, il finale, che nel romanzo vede Margherita morire sola e abbandonata, mentre nel dramma e nella versione verdiana i due amanti si riconciliano, sul letto di morte di lei, in un abbraccio consolatorio e purificatore).
Ciò che rimane immutato è il mito dell’amore romantico, incarnato dalla Signora delle camelie, che troverà ampio spazio nel cinema, sin dall’epoca del muto, per culminare nell’interpretazione della divina Greta Garbo, e continuare poi in altri film e adattamenti televisivi, fino a Pretty Woman.
(http://www.laterzaisola.it/index.php/proposta/show/id/5)
1936 Greta Garbo per la regia di george Cukor
47 Nelly Corradi per la regia di Carmine Gallone
una storia che continua a piacere!
Ho adorato questo libro!!!...tra i miei preferiti...una storia così toccante!...io metto a pari merito La signora delle camelie e Jane Eyre...da tenere i fazzoletti a portata di mano!
RispondiEliminaLoredana
Mi è venuta voglia di leggerlo!
RispondiEliminaGrazie sempre bellissimi ed interessanti articoli.
A presto Betti