A seconda della parte della pianta usata nell'alimentazione, gli ortaggi si dividono in:
-ortaggi a frutto: cetriolo, carosello, pomodoro,zucchina, zucca, peperone,melanzana, okra o gombo ricchi di zuccheri e sali minerali, anguria, melone ( chi l'avrebbe detto? Io li avrei considerati fra i frutti!);
-ortaggi a fiore: carciofo (ortaggi ricchi di ferro e vitamina C), cavolfiore, broccolo;
-ortaggi da seme: legumi ( fava, pisello, fagiolo, lenticchia, cece, cicerchia, lupino, fagiolini) ricchi di amido e proteine;
-ortaggi a foglia: lattuga, radicchio, indivia, borragine, spinacio, rucola, catalogna, cavolo, bietola, poco calorici;
-ortaggi da fusto: sedano, finocchio, prezzemolo, cardo, asparago; l'asparago selvatico cresce spontaneamente in primavera;
-ortaggi da radice:ravanello, carota, pastinaca, barbabietola, rapa, navone;
-ortaggi da tubero: patata, topinambur, ossalide tuberosa;
-ortaggi da bulbo: cipolla, aglio, scalogno, porro, cipollotto.
Se i fiori ci allietano la vita con la loro bellezza, gli ortaggi ce la possono salvare con la loro ricchezza. Leggiamo qui:
http://www.flaneri.com/2017/10/12/favolosa-storia-verdure/
Nonostante oggi gli ortaggi siano un prodotto del mondo globalizzato, manipolato anche geneticamente dalla big-science corporativa, da millenni essi salvano gli indigenti dalla fame, aiutano a superare guerre e carestie e affollano i mercati di tutto il mondo. L’orto è terreno salvifico e produttivo, sia per il corpo che per la mente...
L’ortaggio è spesso l’unico testimone alimentare di momenti difficili. Verdure oggi passate in secondo piano o scomparse del tutto dai mercati nostrani – come il topinambur, un tubero, e la pastinaca, una radice carnosa cugina della carota – hanno riempito la pancia a molte popolazioni durante il secondo conflitto mondiale. Il topinambur, che meriterebbe un assaggio soltanto per l’appassionante storia che il suo nome bizzarro nasconde, sostituì del tutto la patata, divenuta pressoché introvabile a causa dei razionamenti e dell’inasprirsi della guerra nei paesi occupati. Ma anche il cavolo, fra i prodotti dell’orto che ci accompagnano da più tempo insieme a piselli e zucche, è una verdura povera: facilità di coltura e prolificità lo rendono il cibo dell’umile per antonomasia, al punto che la puzza sprigionata durante la cottura fu per diverse epoche il simbolo del mondo contadino, abitato da “teste di cavolo” rozze e grossolane.
In alcuni casi l’orto influenza nientemeno che la geopolitica, riuscendo persino laddove religione e lingua falliscono. È il caso dei crauti in Ungheria: nel XVII secolo sono eletti piatto nazionale perché hanno il potere di unire sotto una sola corona i sudditi che li consumano. Altrove, in Scozia e in Lorena, è il cardo – ortaggio spinoso derivato dal carciofo selvatico, simbolo di resistenza armata e sofferenza – a diventare emblema di popoli e bandiere.
I conquistadores, invece, cambiano per sempre la dislocazione delle colture, portando in Europa patate, peperoni, pomodori, fagioli e zucche. Ricostruire gli itinerari percorsi dalle verdure consente di visualizzare le migrazioni dei popoli, le rotte commerciali, i rapporti di potere. Talvolta può essere arduo, ma è l’arte che, ancora una volta, aiuta nell’impresa.
I pittori dei secoli passati, infatti, sono molto spesso testimoni della propria epoca, degli usi e delle abitudini alimentari. Basti pensare ai dipinti fiamminghi!
E comunque, è innegabile: anche gli ortaggi sono belli!
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