La donna inizia quindi a desiderare abiti semplici e pratici, che le permettano di lavorare e gestire al meglio le proprie attività quotidiane.
L’abito rientra nel progetto di “ricostruzione futurista dell’universo” e proprio per questo, così come per il movimento artistico con Marinetti nel 1909 a Parigi, nel 1914 a Milano viene pubblicato sul Manifesto futurista “Il vestito antineutrale“, firmato dal pittore Giacomo Balla. L’abito per la prima volta nella storia è considerato dal Movimento l’espressione di uno stile di vita, è fonte di comunicazione del sé agli altri.
Nella prima parte del decennio, la moda mondiale è influenzata dai ritrovamenti avvenuti nella tomba di Tutankamen; gli abiti sono adornati da fantasie che richiamano le scoperte fatte in Egitto, arabeschi, colori vivaci e riferimenti alla simbologia e cultura egizia svettano un po’ ovunque prima di passare a un’eleganza universalmente riconosciuta, quella dei velluti e delle morbide sciarpe da portare al collo. Successivamente in Italia inizia a prender piede l’abito futurista mentre in Francia è Chanel la protagonista assoluta degli anni ’20; capace di farsi interprete delle nuove esigenze, essere arbitro del gusto e dello stile della nuova generazione di donne pronte a combattere per le propria libertà.
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