Le donne, si sa, non hanno mai avuto vita facile ad affermarsi nel mondo intellettuale, osteggiate soprattutto dai pregiudizi dettati da un bieco maschilismo, e in tal senso non ebbe fortuna nemmeno Carolina Invernizio - tra le più popolari autrici di romanzi d'appendice tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento - che Antonio Gramsci definì "onesta gallina della letteratura popolare".
Nata a Voghera nel 1851 ( o forse nel 1856) in una famiglia benestante, si trasferì a Firenze nel 1865 dove frequentò l'Istituto Tecnico Magistrale , rischiando l'espulsione dopo aver pubblicato un suo racconto sul giornale della scuola.
Nel 1881 sposò un ufficiale dei bersaglieri, Marcello Quinterno, da cui dopo qualche anno ebbe la figlia Marcella, a cui fu sempre molto legata.
Quando il marito rientrò dalla guerra in Abissinia, Carolina si trasferì con la famiglia prima a Torino e poi a Cuneo, dove aprì nella sua casa un salotto letterario a intellettuali e personaggi della cultura del tempo.
Morì a Torino nel 1916.
Carolina Invernizio pubblicò la sua prima novella nel 1876, seguì il primo romanzo l'anno successivo, e molti altri, pubblicati anche a puntate su giornali quotidiani.
A partire dal 1907 si legò in esclusiva all'editore Salani per il quale scrisse, in una carriera durata quarant'anni, 123 libri, molti dei quali col sottotitolo "romanzo storico sociale", pubblicati in una collana a lei intitolata.
Come scrive Wikipedia " I romanzi di Carolina Invernizio, con le loro trame intricate dai colori forti e le loro improbabili- o quantomeno non sempre verosimili - storie di amore e odio , si collocano nella tradizione del romanzo d'appendice o feuilleton. Mostrano infatti tutte le tematiche consuete del genere e la tipica contrapposizione netta fra eroi positivi e personaggi diabolici. Un gusto per il mistero e l'horror è evidente nei titoli di molti dei suoi romanzi."
Va da sè che il valore di questo tipo di "letteratura" va giudicato nel contesto e nel momento storico in cui è stata divulgata e per quanto obsoleta e assurda ci possa apparire oggi, non escludo che possa avere rappresentato quanto meno un incoraggiamento alla lettura in un'epoca di diffuso analfabetismo.
Personalmente devo confessare che, per quanto possieda una trentina di questi romanzi, non ho ancora trovato il coraggio di leggerne nemmeno una pagina. Devo aggiungere però che fanno parte di un'eredità che ho ricevuto da un'anziana signora che viveva nella casa di rimpetto a quella dei miei genitori quando ero una ragazzina. Prima di andarsene, qualche anno fa, la signora Adele si è ricordata di quanto fossi affascinata allora dalla sua biblioteca piena di romanzi rosa che non mi era permesso leggere e ha pensato di farmi cosa credita lasciandoli a me. Per questo non voglio leggerli ora; se lo facessi, perderebbero tutto il fascino di allora....
saranno certamente illeggibili, ma le copertine meritano! Chissà chi le ha disegnate??
RispondiEliminaI libri sono una riedizione degli anni 70 della Casa Editrice Lucchi, ma né all'interno né all'esterno compare il nome o la sigla dell'illustratore. Tra l'altro non è illustrata solo la copertina, ma anche il retro.
RispondiEliminaDella Invernizio sentivo parlare da mia mamma, ma non ho mai letto una riga. Quando ero una bambina, titoli interessanti come La sepolta viva e Il bacio della morta mi davano da pensare, ma poi tutto finiva lì. Negli anni 60 il feuilleton non era più di moda, anzi, era parecchio screditato. E forse è un peccato, perchè tutti i generi letterari hanno un loro fascino. C'è sempre qualcosa che possono comunicarci.
RispondiElimina...a proposito di eredità e di coincidenze: posseggo, conservato in qualche anfratto di una delle librerie di casa, un romanzo - manoscritto - inedito di Carolina Invernizio! Chissà se è stato l'ultimo, o se è rimasto manoscritto perché non è piaciuto all'Editore...Bisogna che vada a cercarlo e - se la grafia è leggibile, conditio questa sine qua non, a provare a leggerlo!
RispondiEliminaAmelia