Fra tutte le locandine che ho visto per la promozione di questo film, ho scelto quella che secondo me sa esprimere meglio di ogni altra il messaggio finale che ho tratto dalla pellicola.
Ma procediamo con ordine.
Tratto dal libro " The lost child of Philomena Lee" di Martin Sixsmith, pubblicato nel 2009, il film narra la storia vera di Philomena, un'ingenua adolescente nell'Irlanda degli anni 50', incinta e abbandonata dalla famiglia, costretta a rifugiarsi nel convento delle suore a Roscrea, dove partorisce un bambino che dopo pochi anni le verrà sotratto e dato in adozione.
A distanza di cinquant'anni Philomena non ha ancora perso la speranza di ritrovare quel figlio, di sapere come è stata la sua vita, se conserva qualche ricordo di quel breve lontano periodo trascorso insieme.
Martin è un giornalista rampante, alle prese con un momento critico della sua carriera professionale, costretto ad accantonare il progetto di scrivere un libro sulla storia russa, per dedicarsi a raccontare una qualsiasi banale storia di vita vissuta.
Occasionalmente i due si incontrano e Martin si ritrova ad usare tutti i trucchi del suo mestiere per aiutare Philomena a rintracciare il figlio, ma soprattutto per raccogliere materiale per scrivere la sua storia vera.
Appreso che il bambino è stato adottato da una famiglia americana, i due si trasferiscono oltreoceano, dove Philomena troverà tutte le risposte che cercava, o quasi.
Il mio racconto ovviamente si ferma qui per non rovinare la sorpresa a chi non avesse ancora visto il film.
Non è la prima volta che il cinema affronta il tema della separazione forzata tra madre e figlio o cerca in qualche modo di denunciare l'atteggiamento ipocrita di un certo cattolicesimo bigotto che pratica la carità in maniera discutibile, tuttavia nel raccontare questa storia, certamente coinvolgente dal punto di vista emotivo,il regista Stephen Frears non cade nella trappola di uno sdolcinato sentimentalismo e preferisce puntare l'attenzione sul confronto tra due persone che vivono la vicenda partendo da punti di vista completamente opposti: Martin è un uomo colto, ateo convinto ed ha scarsa fiducia negli esseri umani, mentre Philomena è una donna semplice (il racconto dettagliato che essa stessa fa delle sue letture è una delle cose più simpatiche del film), che, nonostante le sofferenze e le ingiustizie subite, mantiene intatta la sua fede e non confonde Dio con coloro che a volte hanno la pretesa di rappresentarlo.
Alla fine i due si ritroveranno più vicini di quanto si potesse immaginare perchè il loro è l'incontro tra persone che pur mantenendo la propria identità, sanno andare oltre le barriere del pregiudizio.
Judi Dench e Steve Coogan interpretano magistralmente i rispettivi ruoli,affidandosi molto spesso all'intenso linguaggio degli occhi.
La scenografia è stupenda così come la fotografia; la sceneggiatura è particolarmente brillante ed esilarante nei momenti più leggeri, con tocchi di humour tipicamente inglese, così come appare intensa e coinvolgente nei passaggi drammatici della storia.
Alla fine si esce dalla sala con il cuore tutto sommato leggero, fiduciosi nella forza della speranza e , perchè no, anche del perdono.
Non è la prima volta che il cinema affronta il tema della separazione forzata tra madre e figlio o cerca in qualche modo di denunciare l'atteggiamento ipocrita di un certo cattolicesimo bigotto che pratica la carità in maniera discutibile, tuttavia nel raccontare questa storia, certamente coinvolgente dal punto di vista emotivo,il regista Stephen Frears non cade nella trappola di uno sdolcinato sentimentalismo e preferisce puntare l'attenzione sul confronto tra due persone che vivono la vicenda partendo da punti di vista completamente opposti: Martin è un uomo colto, ateo convinto ed ha scarsa fiducia negli esseri umani, mentre Philomena è una donna semplice (il racconto dettagliato che essa stessa fa delle sue letture è una delle cose più simpatiche del film), che, nonostante le sofferenze e le ingiustizie subite, mantiene intatta la sua fede e non confonde Dio con coloro che a volte hanno la pretesa di rappresentarlo.
Alla fine i due si ritroveranno più vicini di quanto si potesse immaginare perchè il loro è l'incontro tra persone che pur mantenendo la propria identità, sanno andare oltre le barriere del pregiudizio.
Judi Dench e Steve Coogan interpretano magistralmente i rispettivi ruoli,affidandosi molto spesso all'intenso linguaggio degli occhi.
La scenografia è stupenda così come la fotografia; la sceneggiatura è particolarmente brillante ed esilarante nei momenti più leggeri, con tocchi di humour tipicamente inglese, così come appare intensa e coinvolgente nei passaggi drammatici della storia.
Alla fine si esce dalla sala con il cuore tutto sommato leggero, fiduciosi nella forza della speranza e , perchè no, anche del perdono.
Grazie! e buon anno!
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