La storia delle Little free library comincia nel 2009 negli Stati Uniti, su idea del signor Todd Bol di Hudson, Wisconsin. Il nostro, con indubbio fiuto imprenditoriale, si associa con il signor Rick Brooks (peccato quella r di troppo) e mette in piedi una vera e propria impresa sociale.
Il primo prototipo di Little free library apre lungo una pista ciclabile a Hudson, tra un caffè e una galleria d’arte. È il passaparola (e come poteva essere altrimenti?) a decretare il successo dell’iniziativa: in pochi anni l’idea si diffonde in tutti gli States e naviga oltre l’Atlantico per approdare alle letterarie sponde della vecchia Europa.
Attualmente le Little free library ufficialmente registrate nel mondo sono circa 10.000, ma le loro mission sono rimaste le stesse: la promozione della lettura e la costruzione del senso di comunità.
La cavalcata imprenditoriale di Todd&Rick (ottimo brand per calzaturifici, peraltro) viene formalizzata nel 2012, quando diventa un’impresa non-profit, con tanto di consiglio di amministrazione e regime fiscale agevolato.
In concreto le Little free library sono casette di legno artigianali che contengono collezioni di libri in continuo cambiamento. I libri possono essere presi e depositati da chiunque, anche se solitamente la casetta è pensata soprattutto per le persone del quartiere.
I luoghi più gettonati per l’installazione di una Little free library sono parchi, giardini, cortili, spazi comuni di condomini, anche se ci sono anche versioni “più pubbliche”, nei bar o nei ristoranti.
In ogni caso la regola, non sanzionata ma fondamentale per far funzionare il tutto, è “libro che prendi, libro che doni”. Il presupposto invece è che la comunità coinvolta partecipi, e questo mi sembra il vero nodo. Se alla fine a scambiarci libri siamo io e l’entomologo del piano di sopra il giochino rischia di diventare un attimino noioso.
Il pericolo che la casetta pomposamente registrata come Little free library diventi una discarica letteraria è dietro l’angolo: incomprensibili disegni fanciulleschi, manuali di fisica nucleare del terzo anno di Università, poesie in dialetto lucano di uno sdolcinato prozio, infiniti noir della collana “colli spezzati” rischiano di popolare le innocenti casette e gli incubi dei loro frequentatori.
La Little free library può tuttavia innescare processi socialmente interessanti (tra parentesi una traduzione dal sociologhese):
– ha un’influenza positiva sul capitale sociale (le persone si incontrano);
– ha un’influenza positiva sul capitale culturale (le persone leggono);
– sviluppa legami di reciprocità (le persone prendono e danno);
– favorisce le relazioni intergenerazionali, interculturali e interclassiste (bambini e anziani, locali e stranieri, ricchi e poveri si incontrano fisicamente e “letterariamente”).
Veniamo infine al punto più delicato: per essere ufficialmente definita una Little free library un’esperienza di libero scambio di libri deve essere registrata sul sito e riportare sulla casetta il logo ufficiale dell’organizzazione e il numero di registrazione.
Le Little free library in Italia, per ora sono circa 20. Loro tracce sono state rinvenute a Trento, Udine, Milano, Modena, Roma, Lecce, Cagliari.
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