Al centro degli archi della navata centrale della Chiesa gotica di San Giorgio, in Alsazia, ci sono in questo momento tanti alberi di Natale sospesi sopra le teste di visitatori e parrocchiani. Per ammirare gli abeti natalizi a Sélestat, cittadina ai piedi della catena dei Vosgi nel Basso Reno, occorre entrare nella maestosa chiesa e, ebbene sì… alzare lo sguardo! Un’eccentrica usanza? Non proprio: l’abete natalizio in effetti qui è cosa serissima…
A Sélestat è infatti stato ritrovato il primo documento datato 21 dicembre 1521 che attesta l’esistenza della tradizione dell’Albero di Natale in Europa, riportato in un compenso per la sorveglianza sul taglio degli abeti da parte dei cittadini destinato all’usanza che risale “a tempi immemorabili”.
Si sa che la tradizione della decorazione dell’albero nei giorni del solstizio d’inverno è antichissima e di origine pagana, celti e vichinghi decoravano alberi come buon auspicio per il ritorno della bella stagione e della fertilità della terra. Anche gli antichi romani decoravano le loro case con rami di pino nelle Calende di gennaio. L’usanza dell’albero è stata poi ripresa dal Cristianesimo inserendola nelle celebrazioni del Natale. La data precisa in cui si è iniziato ad addobbare l’albero di Natale, però, non la conosciamo.
La prima testimonianza scritta nella quale viene menzionato espressamente l’albero di Natale è un documento francese del 21 dicembre 1521 della cittadina di Sélestat:
Solstizio d’inverno del 1521, 21 dicembre, giorno di San Tommaso secondo la liturgia antica. Sarebbe questa la data della prima citazione ufficiale dell’Albero di Natale. E’ conservata in un registro comunale di Sélestat, nel cuore dell’Alsazia (e una copia fac-simile è esposta in questi giorni nella cripta della chiesa di Saint Georges) e riporta l’indicazione di un compenso di quattro scellini alle guardie forestali perché sorveglino, «a partire da San Tommaso» il taglio degli abeti nella foresta comunale, autorizzato soltanto per gli alberi più piccoli.
Gli abitanti li potevano tagliare gratis e adornarli «come si fa da tempi immemorabili». E pare di vederli, i contadini di quello che allora era un villaggio, correre nella foresta nei giorni precedenti il Natale a cercare l’albero giusto, da decorare poi con le piccole mele rosse che ancora oggi qui si chiamano in tedesco «Christkindel apfels», ovvero le mele di Gesù Bambino.
La tradizione dell’abete di Natale in realtà risale alla notte dei tempi: sappiamo che già i Celti decoravano alberi con frutta e dolci per propiziare il risveglio della natura e il ritorno della stagione dei raccolti e che i romani in questo periodo mettevano nelle loro dimore rami di pino.
L’esposizione degli abeti sospesi nella chiesa di San Giorgio vuole dunque essere una celebrazione di un antichissimo legame con la terra, dove l’abete, che non perde le foglie e sopravvive al gelo più intenso, era il simbolo della forza e della resistenza ai rigori della brutta stagione in attesa del ritorno della primavera.
Siamo in quello scampolo di douce France di confine che a lungo è stato conteso tra Francia e Germania e che conserva tradizioni a metà fra i due Paesi. Regione di vigneti, di foreste, di villaggi antichi e di castelli, ma soprattutto la Regione del Natale. L’immaginario perfetto delle feste, con le decorazioni, i mercatini, il pan di spezie e via declinando è tutto concentrato qui, fra case a graticcio che sembrano uscite da una fiaba, canti e leggende, il vino caldo che profuma di cannella e di zenzero… insomma uno charme fou su cui il turismo ha puntato non poco, creando la magia di sette Paesi del Natale, dalle luci alle stoffe, dai misteri ai sapori.
Nella chiesa di Saint Georges sono esposti una decina di abeti sospesi sulla navata, a raccontare in una scenografia d’eccellenza l’evoluzione degli addobbi dell’albero di Natale dal fatidico 1521 a oggi. Già, perché dopo le mele, arrivarono gli angioletti di pan di spezie, noci e nocciole.. ma in un anno di carestia, verso metà Ottocento, un artigiano di qui decise di creare dei frutti di vetro, visto che mancavano quelli veri: e voilà, erano nate le «palline» di Natale.
Post moooolto interessante!!
RispondiEliminaAnch'io amo molto l'Alsazia!!
Ancora auguri