Il cibo , si sa, non è solo il carburante che ci permette di vivere, ma è anche oggetto di piacere per i nostri sensi, a incominciare dal gusto. Inoltre può essere anche veicolo di tradizioni e cultura, per questo è bello, e a volte anche divertente, conoscere le storie o le leggende che accompagnano piatti più o meno famosi.
Occorre premettere che, proprio perchè queste storie vengono trasmesse principalmente per via orale, può capitare di sentirne versioni diverse. L'ho verificato io stessa quando ho cercato di risalire alle origini di un tipico piatto lombardo, il risotto alla milanese.
C'è chi racconta la sua storia partendo dal riso e dallo zafferano, chi dalle migrazioni, chi dalla storia di Milano. Quale sarà la storia vera?
Non sapendo rispondere, le racconterò tutte e ognuno potrà dar credito a quella che piace di più. La fonte si trova in quei siti che compaiono in prima pagina se si clicca"storia del risotto".
Pare che il riso, conosciuto e coltivato in Oriente già 10.000 anni a.C., fosse conosciuto anche dai Greci e dai Romani attraverso Alessandro Magno, ma furono gli Arabi provenienti dal Medio Oriente a introdurne l'uso in Europa attraverso il Mediterraneo alla fine del XII secolo. Come è noto i gusti gastronomici arabi influiranno fino a tutto il Seicento la storia e la cultura del cibo in Italia, non solo per il riso, ma soprattutto per l'uso delle spezie.
Impiantato all'inizio in Sicilia, il riso inizia la sua lenta penetrazione verso nord. Nel Trecento, questo alimento, indicato per stomaci deboli e infiammati, si vendeva solo dagli speziali ed era considerato quasi un medicamento.
Nel Cinquecento la sua coltivazione si diffuse nelle aree ricche d'acqua della Padania, ma dovettero trascorre alcuni secoli prima che la cultura borghese dell'Ottocento ne promuovesse la diffusione.
Tra le spezie introdotte dagli Arabi con l'invasione della Spagna, lo zafferano era molto apprezzato e si era diffuso rapidamente nei paesi che si affacciavano sul Mediterraneo.
Era inevitabile che prima o poi riso e zafferano si incontrassero e così, secondo il sostenitore di questa teoria, il risotto alla milanese è figlio, o meglio pronipote, della tradizione culinaria araba.
Molte fonti attestano che nella cucina kosher medievale, vi fosse una ricetta di riso con zafferano, quasi certamente prima antenata del piatto meneghino, esportata dalla Sicilia fino al Nord Italia dai mercanti e viaggiatori ebrei e arabi.
Più in generale , il riso tinto d'ocra è tradizionalmente siciliano, tant'è che la leggenda narra che "la serva di una famiglia palermitana trasferitasi a Milano provò a cucinare un arancino, ma non riuscì a dargli forma e ne nacque cosi il risotto giallo."
Dalla seconda metà del 1500 le testimonianze della comparsa di un piatto ufficialmente milanese si fanno sempre più attendibili, a partire da un ricettario del 1570 in cui viene definito " vivanda di riso alla lombarda" a un altro del 1853 in cui viene indicato per la prima volta con il nome di "riso giallo alla milanese".
Con il trascorrere del tempo la ricetta si affina, diventa culto, appassiona gourmet, personalità, persino letterati.
La sua popolarità è ormai tale che dall'inizio degli anni Ottanta nei ristoranti italiani degli USA il risotto diventa uno dei piatti più richiesti.
Nel 2007 il Comune di Milano riconosce la Denominazione Comunale "De.Co." al risotto come prodotto tipico milanese, insieme al panettone, alla michetta, alla cassoeula e all'ossobuco.
Sembra proprio che questa teoria si basi su una puntuale mappatura del lungo percorso del risotto giallo attraverso i ricettari più illustri e per questo motivo appare credibile.
Più fantasiosa e legata alla leggenda appare invece la storia che segue.
Era il mese di settembre del 1574. Da quasi duecento anni ormai erano in corso i lavori per la fabbrica del Duomo, alle cui spalle si era formata un vera e propria città di baracche e porticati in cui alloggiavano marmisti, falegnami, scultori, carpentieri venuti da ogni parte d'Europa. In una specie di cascina di quella babele multilingue, viveva una piccola comunità di belgi: Valerio di Fiandra , maestro vetraio, incaricato di portare a termine alcune vetrate con gli episodi della vita di Sant'Elena, s'era infatti portato a Milano i più bravi dei suoi discepoli.
Uno, in particolare, spiccava per la sua straordinaria abilità nel dosare i colori, ottenendo effetti a dir poco sorprendenti. Il suo segreto? Un pizzico di zafferano, aggiunto con maestria all'impasto già pronto. E proprio per questa sua abitudine, era stato soprannominato "Zafferano". Il suo nome vero quasi non lo ricordava nessuno, e s'è perso nei secoli. Maestro Valerio, naturalmente non era all'oscuro della mania zafferanesca del suo allievo più promettente, ma faceva sempre finta di nulla, limitandosi a canzonarlo ed a ripetergli che,continuando così avrebbe finito con l'infilare lo zafferano anche nel risotto.
Fu così che, dopo tanti anni di canzonature, il giovane decise di giocare un tiro mancino al maestro: il giorno della Madonna si sarebbe sposata la figlia di Valerio, e quale miglior occasione per spruzzare davvero un po' di polverina gialla nel risotto per il pranzo di nozze?
Ed immaginate lo stupore di tutti i commensali quando in tavola comparve quella stranissima piramide di risotto color zafferano!
Qualcuno si fece coraggio ed assaggiò, e poi un'altro, e un'altro ancora.
In un batter d'occhio dell'enorme montagna di risotto giallo non rimase neanche un chicco.
Lo scherzo si era tramutato in festa ed era nato così il risotto alla milanese.
Più fantasiosa e legata alla leggenda appare invece la storia che segue.
Era il mese di settembre del 1574. Da quasi duecento anni ormai erano in corso i lavori per la fabbrica del Duomo, alle cui spalle si era formata un vera e propria città di baracche e porticati in cui alloggiavano marmisti, falegnami, scultori, carpentieri venuti da ogni parte d'Europa. In una specie di cascina di quella babele multilingue, viveva una piccola comunità di belgi: Valerio di Fiandra , maestro vetraio, incaricato di portare a termine alcune vetrate con gli episodi della vita di Sant'Elena, s'era infatti portato a Milano i più bravi dei suoi discepoli.
Uno, in particolare, spiccava per la sua straordinaria abilità nel dosare i colori, ottenendo effetti a dir poco sorprendenti. Il suo segreto? Un pizzico di zafferano, aggiunto con maestria all'impasto già pronto. E proprio per questa sua abitudine, era stato soprannominato "Zafferano". Il suo nome vero quasi non lo ricordava nessuno, e s'è perso nei secoli. Maestro Valerio, naturalmente non era all'oscuro della mania zafferanesca del suo allievo più promettente, ma faceva sempre finta di nulla, limitandosi a canzonarlo ed a ripetergli che,continuando così avrebbe finito con l'infilare lo zafferano anche nel risotto.
Fu così che, dopo tanti anni di canzonature, il giovane decise di giocare un tiro mancino al maestro: il giorno della Madonna si sarebbe sposata la figlia di Valerio, e quale miglior occasione per spruzzare davvero un po' di polverina gialla nel risotto per il pranzo di nozze?
Ed immaginate lo stupore di tutti i commensali quando in tavola comparve quella stranissima piramide di risotto color zafferano!
Qualcuno si fece coraggio ed assaggiò, e poi un'altro, e un'altro ancora.
In un batter d'occhio dell'enorme montagna di risotto giallo non rimase neanche un chicco.
Lo scherzo si era tramutato in festa ed era nato così il risotto alla milanese.
Bbbbbono!!
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