sabato 21 settembre 2013

Alfonso Gatto



Nacque a Salerno il 17 luglio 1909. Nella sua città natale, compì i primi studi al liceo classico, mostrandosi portato per le materie letterarie in particolare l'italiano, e poco incline alla matematica. Al liceo si accorse di aver dentro di sé una passione poetica e letteraria.
Nel 1926 si iscrisse all'Università di Napoli che dovette tuttavia abbandonare qualche anno dopo a causa di difficoltà economiche. Alfonso Gatto al pari di molti poeti del tempo, come Montale e Quasimodo, non si laureò mai.
Si innamorò e poi sposò la figlia del suo professore di matematica, Jole, con la quale all'età di soli 21 anni fuggì a Milano. Dal loro matrimonio nasceranno due figlie, Marina e Paola.
Da quel momento la sua vita fu piuttosto irrequieta e avventurosa, trascorsa come fu in continui spostamenti e nell'esercizio di molteplici lavori. Dapprima commesso di libreria, in seguito istitutore di collegio, correttore di bozze, giornalista, insegnante. Nel 1936, a causa del suo dichiarato antifascismo, venne arrestato e trascorse sei mesi nel carcere di San Vittore a Milano
Nel 1938 fondò, con la collaborazione di Vasco Pratolini la rivista Campo di Marte per commissione dell'editore Vallecchi, ma il periodico durò un solo anno. Fu comunque questa una esperienza significativa per il poeta. 
Nel 1941 Gatto ricevette la nomina a ordinario di Letteratura italiana per "chiara fama" presso il Liceo Artistico di Bologna e fu inviato speciale de L'Unità assumendo una posizione di primo piano nella letteratura di ispirazione comunista. In seguito si dimise dal partito e diventò un comunista "dissidente". Il poeta, nel 1946, incontrò la donna più importante della sua vita, la pittrice e scrittrice triestina Graziana Pentich da cui ebbe due figli, Teodoro e Leone. La vita del poeta fu segnata nel 1963, dal dolore per la scomparsa di Teodoro, mentre Leone morì soltanto tre mesi dopo la morte del poeta, avvenuta
l'8 marzo 1976 per un incidente d'auto.







Sera di Versilia

Come il mare deserto stacca il molo
nel cielo puro del tramonto, solo
resta sul tetto di lamiera un fioco
riverbero del giorno. A poco a poco
appassisce nell'aria anche il clamore
monotono d'un grido e nell'odore
largo del vento e della sera stagna
la pineta già d'ombra, la campagna
deserta nei suoi pascoli, nel raro
lume dell'acque. Ora il silenzio è chiaro.
E la notte verrà con l'incantate
terrazze ai balli forti dell'estate,
al novilunio tenero dell'Alpe.









Ho preso tutti i colori...

Ho preso tutti i bambini per mano,
andiamo in corsa per la città.
Alto più alto, nano più nano,
ewiva ewiva la libertà!

Ho preso tutti i bambini per mano,
ho preso tutti i colori e i pennelli.
Tingiamo a nuovo case e ruscelli,
le porte, i chioschi la barba al sultano.

Ho preso tutte le nubi per mano
tutti i rumori gli strilli, il baccano.
Alto più alto, nano più nano,
ewiva ewiva la libertà!







Notte

Basta in cielo una stella
a fare la sera più bella.
Notte sull'aia
il cane abbaia
la luna è sola.







Sottovoce
Una sera di nuvole, di freddo
e di luce che spiega ad altro il senso
della mia vita, questo vago accordo
di memorie in sordina, sottovoce
di me, di te, poveramente assortiti.

Si resta a volte soli nella veglia
di un racconto sospeso, allora soli,
ignoti l'uno all'altro, ed ora uniti
dal ricordo che un nulla ci divise.

Il rammarico punge, se mi dici:
"bastava che quel giorno..." ti sorrido
con la mesta sfiducia di sapere
che mai giunsi per tempo, che geloso
di te, del tuo passato, almeno vedo
il tuo sguardo d'amore al primo incontro.

Ma forse è giusto credere che allora
tu m'avresti perduto:
come un ragazzo che si lascia indietro
nella paura d'esser felice.





Sorriderti

Sorriderti forse e' morire,
porgere la parola
a quella terra leggera
alla conchiglia in rumore
al cielo della sera,
a ogni cosa che e' sola
e s'ama col proprio cuore.








Ogni uomo è stato un bambino

Ogni uomo è stato un bambino
pensate - un bel bambino.
Ora ha i  baffi, la barba,
il naso rosso, si sgarba
per nulla... Ed era grazioso
ridente arioso
come una nube nel cielo turchino.
Ogni uomo è stato un monello
pensate - un libero uccello
tra alberi case colori.
Ora è solo un signore
fra tanti signori,
e non vola,
e non bigia la scuola.
Sa tutto e si consola
con una vecchia parola
lO SONO.
Chi è?
Ditelo voi, bambini ignari
che caminate con un sol piede sui binari;
e scrivete "abbasso tutti
gli uomini brutti".
col gesso e col carbone
sul muro del cantone.
Ditelo voi. bambini.
EGLI  E'...
«...un gallo chioccio che fa coccodè!».

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