Il nome del genere (Leontopodium) significa letteralmente “piede leonino”, ed è un adattamento latino del greco “leontopódion” (λεοντοπόδιον) da “léon” (= leone) e “pódion” (= piede).
La
stella alpina è la regina dei fiori montani. Sino a una dozzina di
anni fa era molto raro, definito "in via di estinzione" nel 1982. Oggi,
per fortuna, sta tornando a diffondersi sulle montagne e non è raro
trovare distese di centinaia di fiori nei pascoli più alti e ai piedi
delle vette ma la si può osservare anche lungo i sentieri più battuti.
Singolare in questa pianta appartenente alla famiglia delle Composite (Asteracee) è il fatto che quello che normalmente viene considerato "il fiore" in realtà sia solo una rosetta di foglioline (bratte foliari) rese bianche dalla fitta selva di peli che le ricopre. Sembrano petali di un fiore perché sono molto più chiari delle altre foglie che si trovano alla base e sul fusto e perché sono disposte a raggio attorno ad alcuni capolini tondeggianti (il vero "fiore" della stella alpina) sulla sommità dello scapo fiorito.
Nonostante l'aspetto faccia pensare il contrario, in realtà la Stella Alpina è una pianta proveniente da zone calde ed aride: la densa pelosità non serve a proteggerla dal freddo ma dall'eccessiva traspirazione, lo stesso adattamento che si trova in altre piante di zone aridissime
Singolare in questa pianta appartenente alla famiglia delle Composite (Asteracee) è il fatto che quello che normalmente viene considerato "il fiore" in realtà sia solo una rosetta di foglioline (bratte foliari) rese bianche dalla fitta selva di peli che le ricopre. Sembrano petali di un fiore perché sono molto più chiari delle altre foglie che si trovano alla base e sul fusto e perché sono disposte a raggio attorno ad alcuni capolini tondeggianti (il vero "fiore" della stella alpina) sulla sommità dello scapo fiorito.
Nonostante l'aspetto faccia pensare il contrario, in realtà la Stella Alpina è una pianta proveniente da zone calde ed aride: la densa pelosità non serve a proteggerla dal freddo ma dall'eccessiva traspirazione, lo stesso adattamento che si trova in altre piante di zone aridissime
La nascita della Stella Alpina
Secondo una leggenda svizzera questo fiore sarebbe stato un tempo una fanciulla così bella, pura e nobile di animo che, sebbene desiderata da molti cavalieri, non incontrò mai nessuno degno di diventare suo sposo. Quando morì, ancora non sposata, fu trasportata sulle vette più eccelse delle montagne e trasformata in un fiore che fu chiamato Edelweiss (che significa nobile bianco) e che nasce in luoghi inavvicinabili per gli esseri umani. Poiché dunque per raccogliere questo fiore occorre fatica e coraggio, la frase "cogliere Edelweiss” divenne, per gli Svizzeri, sinonimo dell’ottenimento del più alto e nobile onore che un uomo mortale possa conquistare.
Ogni notte, la montagna piangeva per la solitudine; essa invidiava i pascoli sottostanti ricchi di fiori di tutti i colori, a differenza della sua nuda roccia che non poteva ospitarne neanche uno.
I suoi lamenti strazianti arrivarono fino al cielo. Un giorno una stella, colpita dal continuo lamento, si allontanò dal firmamento per raggiungere e consolare la vetta solitaria. Dopo un lungo volo atterrò tra i crepacci e venne accolta dalla montagna. La stella abbracciò la terra con delle sottili radici ed essa, per proteggerla dal freddo, le donò una leggera peluria.
Un'altra versione di questa leggenda, racconta che le Dolomiti, all'inizio del creato, erano tristi perchè sulle loro pendici scoscese e lisce non c'era nemmeno un fiore a rallegrarle, mentre nel mondo intorno esse vedevano fiori bellissimi. La montagna tentò di afferrare qualche stella nel cielo, ma erano troppo in alto e non ci riuscì. Prese quindi a piangere e lamentarsi.
La udì finalmente il vento del Nord, che riportò i suoi lamenti alla più bella delle Fate: Samblàna, che viveva fra gli spalti delle Dolomiti.
La Fata comprese l’angoscia della Grande Montagna e una notte si levò nell’alto del cielo per cogliere una stellina lucente.
Presala delicatamente fra le sue dita, ella si diresse verso la più alta vetta delle Tre Cime di Lavaredo e la depose fra le rocce. Poi la toccò e la trasformò in un meraviglioso fiore stellato, dai petali vellutati, bianco come la neve, e la chiamò “stella alpina”.
Così la Grande Montagna ebbe anch’essa il suo magnifico fiore!
La donna, non potendo vivere senza il suo amato, chiese al Signore di potersi trasformare in un fiore per stargli per sempre vicino.
Narra una leggenda ladina che in un paesino ai piedi di un monte
viveva un giovane mugnaio, CEPIN, innamorato della bella e superba figlia del
borgomastro. Quando CEPIN si dichiarò, lei, che non lo riteneva alla sua
altezza, lo sfidò a portarle l'acqua della vita. Era un'impresa impossibile
perché quell'acqua sgorgava da una fonte sulla cima della montagna ed era
protetta da nani malvagi. Ma CEPIN non si spaventò, prese una borraccia e scalò
il monte. Arrivato in cima, vide la sospirata fonte e si avvicinò per riempire
la borraccia, ma la superficie dell'acqua era liscia e dura come il vetro.
Disperato, CEPIN disse che quell'acqua non era di vita, ma di morte, perché lui
sarebbe morto, senza la fanciulla che amava.
Come per magia l'involucro duro si dissolse facendo apparire una distesa di fiori bianchi e vellutati a forma di stella. CEPIN ne colse un mazzolino e fece per andarsene, ma i nani lo catturarono e lo scagliarono giù dalla montagna. Mentre precipitava, le stelle gli sfuggirono di mano e si persero fra le rocce, dove da allora fioriscono ogni estate. Uno di quei fiori, però, si fermò sul cuore di CEPIN, salvandogli la vita. Dopo la brutta caduta, CEPIN capì che non valeva la pena di rischiare la vita per una donna capricciosa, così sposò una brava ragazza modesta e gentile.
E non se ne pentì mai.
Come per magia l'involucro duro si dissolse facendo apparire una distesa di fiori bianchi e vellutati a forma di stella. CEPIN ne colse un mazzolino e fece per andarsene, ma i nani lo catturarono e lo scagliarono giù dalla montagna. Mentre precipitava, le stelle gli sfuggirono di mano e si persero fra le rocce, dove da allora fioriscono ogni estate. Uno di quei fiori, però, si fermò sul cuore di CEPIN, salvandogli la vita. Dopo la brutta caduta, CEPIN capì che non valeva la pena di rischiare la vita per una donna capricciosa, così sposò una brava ragazza modesta e gentile.
E non se ne pentì mai.
Un altro racconto popolare alpino, invece, narra che in cima ad una delle montagne più alte, fra il ghiaccio e la neve, abita da tempo immemore una Regina delle Nevi, “splendida come la dea Bercht”, circondata e protetta da folletti che impugnano sottili e trasparenti lance di cristallo.
Se un cacciatore di camosci, o un alpinista intraprendente, desidera di incontrare la bellissima Dama Bianca, lei lo guarda e gli sorride dolcemente… e il suo sorriso provoca nel coraggioso viaggiatore un ardore tale che egli, incurante dei pericoli, continua senza posa a salire e ad arrampicarsi verso la cima nevosa. Nel suo audace procedere egli “non ammira altro che il volto candido della Regina e la sua corona di gemme scintillanti”. Ma i folletti e gli spiriti del monte, che si crede siano gelosi della loro Dama, tentano in ogni modo di ostacolarlo, finché egli scivola e precipita nel vuoto.
Allora la Regina delle Nevi piange tristemente, e le sue lacrime scivolano dai ghiacciai, cadono oltre le rupi e quando toccano terra fioriscono in mille, bianche stelle alpine.
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