mercoledì 6 febbraio 2013

Diego Valeri


Diego Valeri, nato a Piove di Sacco (Padova) nel 1887 è morto nel 1976. Insegnò letteratura francese all'Università di Padova.
scrisse poesie; tradusse opere di poeti che fece conoscere anche attraverso saggi critici.



Le poesie di Diego Valeri rivelano ricchezza di sentimenti affettuosi e una contenuta malinconia.







Venezia
C'è una città di questo mondo,
ma così bella, ma così strana,
che pare un gioco di fata morgana
e una visione del cuore profondo.

Avviluppata in un roseo velo,
sta con le sue chiese, palazzi, giardini, .
tutta sospesa tra due turchini,
quello del mare, quello del cielo.

Così mutevole! A vederla
nella mattina di sole bianco
splende d'un riso pallido e stanco,
d'un chiuso lume, come la perla:

ma nei tramonti rossi affocati
è un'arca d'oro, ardente, raggiante,
nave immensa, veleggiante
a lontani lidi incantati.

Quando la luna alta inargenta
torri snelle e cupole piene,
e serpeggia per cento vene
l'acqua cupa e sonnolenta,

non si può dire quel ch'ella sia,
tanto è nuova mirabile cosa:
isola dolce, misteriosa,
regno infinito di fantasia...

Cosa di sogno vaga e leggera;
eppure porta mill'anni di storia,
e si corona della gloria
d'una grande vita guerriera.

Cuor di leonessa, viso che ammalia,
o tu, Venezia, due volte sovrana:
pianta di forte virtù romana,
fiore di tutta la grazia d'Italia.



Poesie Italia di Diego Valeri - Venezia
Per tutto il pomeriggio della festa
la ragazza ha cucito alla finestra.
Ma adesso che comincia ad annottare
c'è da cavarsi gli occhi ad agucchiare,
e lei chiude il cestino dei lavori

e si leva e si affaccia a guardar fuori.
Sotto i lampioni grandi come lune
passa la gente e pare un cupo fiume.
Dalla campagna giungono folate
d'erba fresca e di timo profumate.
La ragazza ha un gran peso sovra il cuore;
le brucian gli occhi e la testa le duole...
Nel cielo pallidissimo s'affisa
( il vento adesso sa d'erba luisa );
poi s'apre un po' la blusa sovra il petto,
e porge all'aria il collo di mughetto.



 


Solitudine dura e cara,
compagna dei miei tardi giorni,
alla mensa d’erba amara,
al torbo vino dei ricordi,
soli siamo, tu ed io.
Pur non è triste il nostro stato:
una dolcezza lenta di oblío
già impolvera e copre il passato.
E fuori ride un cielo,
splende il prato di tenere erbe.
Ancora sui rami del futuro
la speranza ha fior del verde.

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