Che dire? E' una soddisfazione più che meritata.
Dalla sua fondazione nel 1907 ad oggi la Dea ha subito moltissimi saliscendi tra le massime serie del campionato italiano tanto che negli ultimi anni si è trovata spesso a lottare per restare in Serie A. Questo fino ad oggi, perchè dopo un’annata spettacolare si è qualificata quarta nella classifica del campionato, subito dopo le squadrone d'élite di Torino, Napoli e Milano.
Viene soprannominata “regina delle provinciali” poiché, avendo preso parte a 58 edizioni della Srie A, è la squadra col maggior numero di presenze nella massima divisione nazionale tra quelle che non rappresentano capoluoghi di regione.
L'Atalanta è nota come il miglior vivaio di giovani calciatori in Italia.
Se vogliamo sapere perché l’Atalanta si chiama così, intanto è giusto dire due parole sulla storia di questa società, nata nella città di Bergamo nel 1907. A quei tempi, nel capoluogo di provincia lombardo, esistevano già due squadre di calcio: la Giovane Orobia e il Bergamo Football Club. Fu proprio da una scissione dalla Giovane Orobia che alcuni giovani decisero di fondare la nuova squadra, che prese il nome di “Società di Ginnastica e Sports Atletici Atalanta”.
Il nome scelto dai giovani fondatori della nuova società sportiva fu quello dell’eroina della mitologia greca Atalanta. Non si trattò di una figura mitologica casuale, dal momento che era nota per le sue doti atletiche.
Il mito presenta nella tradizione parecchie varianti. Secondo la leggenda beotica, Atalanta è figlia di Schenèo, che regnava a Onchesto in Beozia; nella versione arcadica, è l'unica figlia di Iaso e di Climene. Iaso aveva desiderato un erede maschio, e alla nascita di Atalanta rimase tanto deluso che espose la bimba sulla collina Partenia presso Calidone, dove essa fu allattata da un'orsa che Artemide mandò in suo aiuto. Atalanta crebbe tra un gruppo di pastori che l'avevano trovata e allevata, ma rimase vergine e portava sempre armi. Un giorno giunse assetata a Cifanta e, colpita una roccia con la punta della lancia, invocando Artemide, ne fece scaturire una sorgente. Divenne esperta cacciatrice e velocissima nella corsa che nessuno era capace di raggiungerla.
I centauri Reco e Ileo tentarono di violentarla, ma restarono uccisi dalle sue frecce. Partecipò anche alla caccia del cinghiale di Calidone. Anceo e Cefeo, assieme ad altri, si rifiutarono di cacciare in compagnia di una donna, ma Meleagro, che si era perdutamente innamorato di lei, li obbligò a cambiare parere. Atalanta fu la prima a ferire il cinghiale, colpendolo con una freccia, ma fu Meleagro che uccise la bestia. Lo scuoiò e ne offri la pelle ad Atalanta dicendo: "Tu hai versato il primo sangue; se non ci fossimo accaniti tutti quanti attorno a questa bestia, l'avresti finita con le tue frecce". Gli zii di Meleagro tentarono di sottrargliela. Infuriato, Meleagro li uccise entrambi. Poco dopo anche Meleagro morì, per mano di sua madre Altea; così non potè sposare Atalanta.
Atalanta avrebbe voluto partecipare anche alla spedizione degli Argonauti, ma Giasone ebbe paura che la presenza di una donna avrebbe fatto scoppiare dei contrasti. Al ritorno degli Argonauti in Grecia, Atalanta prese parte ai giochi funebri in onore di Pelia e riportò il premio nella corsa, e ancora quello della lotta, con Peleo per avversario.
Esultante per il successo di Atalanta, Iaso la riconobbe come sua figlia; ma quando essa giunse a palazzo le prime parole di Iaso furono: "Figlia mia, preparati a prendere marito!" Atalanta, sia per fedeltà ad Artemide, sia perché le era stato detto dall'oracolo che, se si fosse sposata, sarebbe stata trasformata in un animale, pose come condizione al suo matrimonio che lo sposo avrebbe dovuto vincerla nella corsa a piedi. I pretendenti che avessero perso sarebbero stati immediatamente messi a morte. Atalanta si fidava caparbiamente della propria agilità anche perché già altre volte era stata messa vittoriosamente alla prova. Seppure le condizioni dettate erano crudeli e la davano vincente, i pretendenti non mancarono, già più di uno aveva pagato con la morte l'amoroso cimento.
Un giovane chiamato Melanione (o Milanione), nella versione proveniente dall'Arcadia, Ippomene in quella che ci giunge dalla Beozia, prima di esporre la propria vita, aveva chiesto aiuto alla dea Afrodite, che gli aveva regalato tre mele d'oro provenienti dal giardino delle Esperidi, indicandogli pure come doveva farne uso. Durante la gara, il giovane fingendo di lasciar cadere inavvertitamente i vistosi frutti, proseguiva imperterrito nella corsa, mentre Atalanta vinta dalla curiosità (o forse anche innamorata del suo pretendente), si chinava a raccogliere ed ammirare le insidiose mele, intanto Melanione, o Ippomene, toccava vittorioso la mèta ottenendo così l'ambito premio.
In seguito, il giovane dimenticò di ringraziare la dea che lo aveva aiutato e per di più, nel corso d'una caccia, i due sposi si accoppiarono nel sacro recinto di Zeus. Irritato per questa profanazione, Zeus li trasformò in leoni. Infatti, era credenza in Grecia che i leoni non si accoppiano fra di loro ma soltanto con i leopardi, e dunque Melanione e Atalanta non avrebbero più potuto godere l'uno dell'altra. Così Afrodite punì l'ostinazione di Atalanta a mantenersi vergine e la poca gratitudine dimostrata da Melanione per il dono delle mele d'oro.
Altri dicono che già in precedenza Atalanta era stata infedele a Melanione e aveva generato a Meleagro (o ad Ares) un bimbo chiamato Partenopeo.